“Astor, l’assassino del Tango” pone al centro della sua poetica, il viaggio di Piazzolla da giovane tirapugni nelle vie di Little Italy a New York, a musicista di fama mondiale e del Tango, da colonna sonora di duelli in punta di gaucho e amori clandestini nei postriboli di Buenos Aires, a musica acclamata in tutti i teatri.
“Tutto accade in una notte, l’ultima di Piazzolla. Avviene in un luogo a lui familiare, ma che appartiene ad un tempo lontano. L’ultima notte e l’ultima bottiglia di Whisky. In questo tempo Astor rivive la sua vita, le sue battaglie: il suo rapporto con la Musica. Amante, sorella, madre consolatrice, nemica. Musica è lì, presente a volte come ombra silenziosa, altre come eco dal passato, altre ancora così vera da farsi carne, ad accompagnare Astor nel suo ultimo viaggio.”
E’ il racconto di una Argentina povera, di migranti allo sbando, di mamme italiane che allattano sogni di gloria. Il racconto di un abbraccio che cura i mali dell’anima, in una terra senza terra, dove si suona per non piangere.
E’ il racconto della New York di Jack La Motta, John Pomponio e Joseph Campanella. Della Parigi di Andrè Lothe, Nadia Boulanger, Jean Morou.
E’il racconto del piccolo Astor, giacca blu e pantalone bianco di flanella, con in mano un bandoneon regalatogli da suo padre, Vicente, mentre sogna di suonare l’armonica del negozio Macy’s.
Il racconto di chi gli ha dato del fallito, dell’assassino, del traditore, perché le visioni di un rivoluzionario vengono colte male da chi è ancorato ad un passato in bianco e nero. E’ il racconto di Musica, sempre presente, croce e delizia di un uomo che le ha dato carne, vibrando a ogni nota, sui palchi di ogni angolo del mondo.
“Astor, l’Assassino del Tango”, scritto e diretto da Emanuele Bilotta, vede in scena Alberto Brichetto, già in scena con Bilotta, lo scorso giugno al teatro Trastevere con lo spettacolo “Spettinata”, nei panni di Astor Piazzolla e Maria Claudia Pesapane, in scena lo scorso settembre, come Yerma, al Teatro Marconi, nei panni di Musica.
Un unico Tango a due, fino all’ultimo respiro, perchè:
“Oggi che Dio smette di sognarmi, verso il mio oblio andrò per Santa Fè, so che al nostro angolo già ci sei tu, vestita di tristezza fino ai piedi …”
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