BERTOLAMI FINE ART ASTA 92
MARIA PIA E AMINTORE FANFANI:
MEMORABILIA, ONORIFICENZE, FASHION & LUXURY, OPERE E OGGETTI D’ARTE, ARREDI
10 giugno 2021 alle ore 15,00
Esposizione:
7, 8, 9 giugno ore 10,30-13,30/15,00-19,00
Palazzo Caetani Lovatelli
Piazza Lovatelli, 1 – Roma
Info:
Tel. +39 06 32609795 – 06 3218464 e-mail: info@bertolamifinearts.com www.bertolamifinearts.com
Sarà battuta giovedì 10 giugno alle 15.00 a Palazzo Caetani Lovatelli, sede romana della casa d’aste Bertolami Fine Art, la prima parte della vendita che pone all’incanto gli arredi e gli oggetti presenti nell’ultima casa abitata da Maria Pia Tavazzani Fanfani, quella di Corso Rinascimento, scelta in gran fretta dopo che un devastante incendio aveva reso inagibile l’appartamento di Via Platone alla Balduina, cornice domestica di ventiquattro anni di convivenza matrimoniale con un pezzo di storia dell’Italia repubblicana, il Senatore Amintore Fanfani. Tra gli oggetti in vendita: la straordinaria collezione di onorificenze internazionali conferite, sia a lui che a lei, nel corso di due lunghe carriere vissute nel segno del potere; una selezione del guardaroba di Maria Pia, donna elegante con una predilezione per Mila Schön; le argute caricature dei protagonisti della politica italiana postbellica disegnate da Amintore durante le interminabili sedute parlamentari o quelle in cui prendeva forma la Costituzione della nuova Italia e tanti altri cimeli e arredi. La seconda parte dell’asta in calendario nel mese di luglio.
Maria Pia e Amintore: una coppia nel segno del potere
Una strana guarnizione da giacca costituita da sedici miniature di onorificenze montate su una catena d’oro: il lotto, contrassegnato nel catalogo dell’asta Bertolami dal numero 31, è l’unico gioiello, insieme alla fede nuziale, conservato da Maria Pia Tavazzani Fanfani dopo la decisione di vendere gli ori di famiglia, un suggerimento ricevuto qualche tempo prima da Madre Teresa di Calcutta messo prontamente in pratica per raccogliere fondi a favore delle popolazioni terremotate delle Marche e dell’Umbria. Da un solo monile non era stata capace di separarsi, quello, appunto, in cui aveva raccolto le effigi miniaturizzate delle medaglie guadagnate sul campo della sua antica guerra contro le carestie del mondo, una guerra combattuta dagli anni della prima giovinezza e in cui, da subito, s’era ritagliata il ruolo di comandante in capo, l’unico per il quale si sentisse tagliata. “Quel gioiello così singolare – spiega Danilo D’Alfonso, responsabile del
dipartimento di Militaria e Ordini Cavallereschi di Bertolami Fine Art – è davvero la chiave di volta per capire la personalità della protagonista dell’asta, una donna con una decisa predispozione per il potere che aveva posto la propria ambizione personale al servizio della più nobile delle cause.” Della stessa pasta era fatto il celebre secondo marito, Amintore Fanfani, esempio perfetto di sinergia tra inesausta volontà di successo e spirito di servizio a favore della collettività. “Uno dei punti di forza dell’asta – prosegue D’Alfonso – è proprio la presenza in catalogo degli “ordini cavallereschi “(questo il nome tecnico delle medaglie al merito militare o civile) conferiti a Fanfani dai governi di ogni parte del mondo, una collezione straordinaria per quantità, rarità e bellezza dei pezzi che sta inevitabilmente catalizzando l’attenzione dei collezionisti di settore”. Quella raccolta degna di un monarca è la plastica rappresentazione dell’importanza del ruolo di Amintore Fanfani nel panorama politico internazionale del dopoguerra.
Fanfani caricaturista
Sei volte presidente del Consiglio, cinque presidente del Senato, due segretario della Democrazia Cristiana – il più potente partito italiano del dopoguerra di cui fu anche presidente – ministro a più riprese, undici per la precisione, e anche presidente dell’Assemblea Generale della Nazioni Unite nel ’65 e senatore a vita dal ’72. Nel ’58 gli toccò di rivestire il triplice ruolo di segretario del suo partito, presidente del Consiglio e ministro degli Esteri, un caso unico nella storia della Repubblica italiana. Persino l’obiettivo mai centrato della presidenza della Repubblica può essere considerato un implicito riconoscimento del suo successo, vista la legge, non scritta ma scrupolosamente osservata nell’Italia post fascista, di precludere ai più potenti la più alta carica dello Stato.
Sotto i riflettori dai primi passi in politica, s’era visto da subito affibbiare una sfilza di significativi nomignoli. All’inizio degli anni ’40, quando con Dossetti, La Pira e Lazzati disegnava il progetto del futuro partito dei cattolici, era uno del gruppo dei Professorini. Poi Cavallo di razza della Dc (insieme ad Aldo Moro) per Carlo Donat Cattin, soprannome fortunatissimo declinato anche nella canzonatoria versione di pony di razza. Uomo nato sotto il segno del comando per Dossetti, De Gaulle italiano per La Pira, Il Rieccolo per Indro Montanelli e poi Mezzotoscano, Nano maledetto e chi più ne ha più ne metta.
In quel clima di incessante confronto, la sua naturale arguzia gli consentiva di brillare e brillantissime appaiono oggi le caricature della classe politica italiana disegnate da Fanfani durante le interminabili sedute parlamentari, del Consiglio dei Ministri o quelle fondative della Costituente.
Veri highlights dell’asta, quei disegni dal tratto veloce compongono un’illuminante antologia della cronaca politica italiana del dopoguerra tutta da sfogliare e studiare. Si sorride pensando all’austero costituente Fanfani – sua la formulazione del più famoso articolo della carta costituzionale “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro” – impegnato a raffigurare, su carta intestata dell’assemblea, il collega Einaudi in forma di cavalletta “L’On. Luigi Einaudi come cavalletta imperversa. Sta 2 giorni sugli emendamenti (13 maggio 1947)”
L’austera eleganza della prima first lady della Repubblica italiana:
in Mila Schön al matrimonio di Lady Diana
Quando si parla di first ladies italiane, il discorso va costruito attorno a una incontrovertibile linea di demarcazione: prima di Maria Pia e dopo Maria Pia. Prima di Maria Pia le mogli dei politici italiani erano entità misteriose e assolutamente neutre (o perlomeno così gli si chiedeva di apparire), ma l’arrivo della seconda moglie di Amintore Fanfani sparigliò le carte. Maria Pia Tavazzani era una una stella che aveva sempre brillato di luce propria. Figlia di Carlo, industriale tessile lombardo, sorella di Attilio, a capo di una formazione partigiana dopo l’8 settembre, giovanissima sposa di Giuseppe Vecchi, facoltoso imprenditore milanese, la bella ragazza di Pavia con un talento speciale per le pubbliche relazioni aveva da subito trovato il proprio posto nel mondo abbinando mondanità e impegno sociale. Da una parte le prime alla Scala, i fine settimana nella villa di Portofino o in quella di Crans-sur-Sierre, in Svizzera, i ricevimenti dai Crespi e dai Falk, dall’altra la convinzione di dover fare la sua parte per rendere il mondo migliore.
Nell’azienda paterna, dove aveva cominciato a lavorare molto presto, s’era data da fare per promuovere la costruzione di case per gli operai; fu staffetta nella brigata partigiana guidata dal fratello, avventurosamente sfuggita a una pattuglia tedesca che l’aveva catturata mentre guidava in Svizzera alcuni ebrei; fondatrice, già nel ’42, a vent’anni, della sua prima associazione umanitaria, First Help; in missione negli USA nel ’46 per sollecitare il contributo americano alla ricostruzione del paese e in prima fila, negli anni ’50, nella lotta contro la povertà, una piaga ancora molto diffusa nell’Italia dell’immediato dopoguerra, da lei combattuta distribuendo viveri, vestiti e televisori, il nuovo elettrodomestico che, ne era certa, si sarebbe rivelato fondamentale per debellare l’emarginazione sociale.
Nel 1972, l’anno del suo primo incontro con Amintore Fanfani, l’uomo che sarebbe diventato il suo secondo marito, girava il mondo per fotografarlo. Allieva di Evelyn Hofer, grande reporter di Life, usò il suo talento, indiscutibile, per la fotografia come un grimaldello per aprirsi a nuove relazioni di respiro internazionale. Diciotto i libri ricavati dai suoi notevoli reportages. Prima di sposare la brillante aliena di cui si era innamorato, il sessantasettenne Amintore le chiese di rinunciare alla Jaguar, al golf, alla villa in Svizzera, lei accettò dando vita a un connubio tanto solido quanto, in qualche modo, scandaloso. E scandaloso non potè che essere il primo ingresso a Palazzo Chigi, nel 1982, di quella donna molto più vicina allo standard di una first lady della Casa Bianca che a quello di invisibile consorte di un maggiorente della prima Repubblica.
Nell’asta di Bertolami Fine Art, una selezione di capi del suo guardaroba restituisce l’immagine di una donna di sobria eleganza, molto milanese nella scelta di abiti dalle linee nitide e moderne, perfetti quelli creati per lei da Mila Schön, alfiere, nel campo della moda, di quell’idea di “lusso radicale” così in sintonia con la personalità e la bellezza sportiva di Maria Pia: alta, snella, i capelli tagliati cortissimi.
È di Mila Schön anche l’abito rosa e viola (lotto 103) indossato da Maria Pia nel 1981 al matrimonio del decennio, quello tra il principe Carlo d’Inghilterra e Lady Diana Spencer.
In catalogo anche due rare creazioni primi anni ’60 del sarto Remo Gandini (lotti 75 e 76), dal 1922 al 1965 punto di riferimento obbligato per le signore dell’alta società milanese in cerca dell’abito perfetto da indossare a una prima alla Scala o in qualche altra occasione della mondanità cittadina.
Il suo lascito morale
La forza del legame tra Maria Pia Tavazzani e Amintore Fanfani, due individui apparentemente molto diversi tra loro, ma gemellati da un identico approccio alla vita, va ricercata nella reciproca capacità di sostenersi e valorizzarsi. Lei mise al servizio di lui il suo insuperabile talento di tessitrice di relazioni di altissimo profilo, anche a livello internazionale, in cambio avvantaggiandosi dei progressi che la nuova posizione poteva garantire alla sua missione umanitaria. Come presidente del Comitato femminile della Croce Rossa Italiana dal 1983 al 1994, vice presidente della Lega Internazionale sia della Croce Rossa che della Mezza Luna Rossa dal 1985 al 1989, nonché fondatrice di importanti associazioni umanitarie, ha portato a termine ben 208 missioni di soccorso nei teatri delle guerre più crudeli e delle emergenze più dolorose dell’ultimo scorcio di storia. Capace di raccogliere somme di danaro e quantità di viveri mirabolanti per portare a compimento le sue sfide, non ha lasciato ricchezze dietro di sé, così come non le aveva lasciate il marito Amintore. L’ambizione della ricchezza personale era del tutto estranea a questi due individui ambiziosissimi. Per espressa volontà di Maria Pia Tavazzani Fanfani, i proventi ricavati dalla vendita dei suoi oggetti personali saranno impiegati per onorare tutte le piccole pendenze a cui la morte, sopraggiunta all’età di 97 anni, non le aveva dato il tempo di far fronte. Per il resto il suo lascito è morale.