Milano, 18 luglio 2018 «Speravo che Scarlett Johansson facesse resistenza alla Resistenza e interpretasse quella parte nel modo che solo lei avrebbe saputo fare». Così, nel numero di Vanity Fair in edicola, lo scrittore americano autore di romanzi di satira sociale come American Psycho e Glamorama, critica la decisione presa da Scarlett Johansson di cedere alle pressioni e rinunciare al ruolo da protagonista in un film, Rub & Tug, dove avrebbe dovuto interpretare una donna che nella Pittsburgh degli anni Settanta si faceva passare per uomo e che forse aveva già iniziato la transizione.
«La recitazione è proprio questo e questi sono i ruoli che gli attori desiderano interpretare: totale metamorfosi e immersione», scrive il romanziere nella sua rubrica L’Ospite Inatteso. «Ma ovviamente, con l’ossessione in atto per concetti tossici come l’identità politica e l’intersezionalità, è iniziato un boicottaggio online, in cui gente offesa e indignata affiancata da attivisti per i diritti dei transgender ha chiesto a Johansson di rifiutare la parte… semplicemente perché non è trans. (…) La nozione populista che il pubblico ha voce in capitolo su come l’arte viene creata e su quali ruoli un attore deve interpretare è un nuovo e sinistro memento dell’esistenza di una vasta corrente di persone convinte che l’arte debba essere creata e approvata da una democrazia, e non dall’artista. Dal momento che Johansson non è transgender, allora non le è permesso di “recitare” quella parte. Interpretare quel ruolo è una forma di appropriazione culturale, sostengono gli indignati. Ma allora la stessa argomentazione dovrebbe essere applicata a qualunque attore abbia mai interpretato un alieno venuto dallo spazio, un cowboy, un serial killer o uno hobbit. È un orrendo vicolo cieco di una cultura che non si preoccupa più dell’arte ma è interessata solo all’ideologia. È una forma di grettezza che aborrisce l’arte e l’artista. Ma è esattamente ciò che la Resistenza promuove indefessa».
Bret Easton Ellis se la prende con quella che vede come una nuova forma di populismo. «Siamo in un’epoca in cui della morte dell’artista non interessa più niente a nessuno, e in cui assistiamo all’ascesa dei populisti che insistono nel dire che loro rappresentano gli interessi della gente “comune”. Sposate la mediocrità, sembrano dire, e ignorate l’élite. Prendete una vera transgender per quel ruolo, e sbarazzatevi dell’attrice famosa che è stata pagata 20 milioni per i due ultimi film degli Avengers. (…) Creare arte che sia basata solo sui principi della diversità e dell’inclusività a volte sembra essere più importante del raccontare semplicemente una storia valida con bravi attori (…). È una grettezza legata all’appropriazione culturale e si tratta di una nuova forma populismo. E si direbbe che chiunque trasgredisca o si opponga a simile ortodossia viene trattato con una sorta di disprezzo di gruppo. Il populismo disprezza idee “vecchie” come il successo, il mestiere o il vero talento, e si limita a celebrare concetti come l’autenticità e la consapevolezza. Se è Populista non può che essere buono. Nel mondo del populista, se sei scettico o critico allora devi essere un hater o un troll (…). Speravo che la stessa Scarlett Johansson facesse resistenza alla Resistenza e interpretasse quella parte nel modo che solo lei avrebbe saputo fare, senza dovere chiedere a tutti tranne che al regista: “Come sto andando?”».