Dallo spettacolo Scarabocchi (2016), prima metamorfosi scenica delle folgoranti vignette di maicol&mirco, si è ingenerata una reciproca influenza che ci ha portato a una seconda spericolata collaborazione.
Ancora una volta le tematiche care agli autori – la solitudine, la morte, la relazione con l’altro e col divino, l’esistenza e la desistenza – vengono attraversate e, a tratti, decostruite dal Teatro Rebis, con un approccio minimale e diretto, ma anche capace di caricarsi d’astrazione linguistica e filosofica.
‘Il Papà di Dio ha un diavolo per capello: suo figlio è irrecuperabile. Non ne combina mai una giusta. Non a caso suo figlio ha voluto creare il suo Universo senza prima studiare! E qual è il risultato? Questo Universo qua! Il nostro. Un Universo dove si soffre, ci si ammala e si muore. Un Universo dove si lavora e si suda. Un Universo tutto sbagliato. Non come quello del Papà di Dio. Un Universo meraviglioso. Dove non esiste morte, dolore né fame. Dove non si deve lavorare né faticare. Dove i soldi non esistono così come i poveri. Ma Dio non ha voluto ascoltarlo. Ed ecco qua con che razza di Universo ci ritroviamo! Riuscirà Dio a farsi accettare da suo Papà? E suo Papà riuscirà a comprendere e capire il nostro povero Dio?’. (dalle note di maicol&mirco al libro IL PAPA’ DI DIO, Ed. Bao Publishing).
Questa è la trama nella sua scabrosa semplicità. La morale è, principalmente, che creare non è mai sbagliato, che crescere è difficile e essere genitore pure. Poi ci sarebbero molte altre questioni, ma ci guardiamo bene dal risolverle, anche se Satana qualcosa spiffera sempre…
Nel testo originale, a dare ritmo alla narrazione è la pagina bianca. Un segno vertiginoso e prenatale in cui perdersi, scavando nel sognare di un Dio sgraziato e innocente, còlto nel Tempo della sua infanzia ribelle e sedotto dalla demonica urgenza di creare.
Se Pasolini auspicava nelle sue opere l’avverarsi della ierofania, cioè l’apparizione del sacro nel quotidiano, maicol&mirco disegnano l’epifania opposta, cioè l’apparizione del quotidiano nel sacro.
Il Teatro Rebis tenta una fallimentare sintesi: la congiunzione dei punti limite di questo doppio movimento, assumendo come fuochi di tale ellissi del pensar lontano, la comicità e la poesia.
Comicità tenera e sgangherata, ispirata soprattutto alla tradizione dell’avanspettacolo, filtrata da quelle avanguardie artistiche che si riconoscevano nella dialettica tra Alto e Basso, nobiltà stracciona e raffinato sberleffo.
Poesia seguendo l’assunto di Novalis: ‘Poetare è generare’. Abbiamo così tentato di penetrare le forme/parole germinali e telluriche di Dylan Thomas, come le visioni/preghiere/gorghi di Jakob Boheme, mistico e teosofo ciabattino del ‘600, che rintracciava l’origine del Bene nel Male e quella di Dio nel Nulla.
Dunque un’opera buffa che si trasforma in mitodramma, e viceversa.
Fondamentali in questo percorso sono state le collaborazioni con la scrittrice e filosofa del linguaggio Rubina Giorgi, studiosa tra l’altro delle relazioni tra mistica e poesia, con l’artista Frediano Brandetti, creatore di strutture oniriche e metamorfiche, e con la musicista e compositrice Lili Refrain, capace di connaturare una vocalità lirica a sonorità distorte.
GIOVEDI’ 9 AGOSTO H. 21.30
Residenza artistica dal 6 al 9 agosto
CHIU’ FESTIVAL DI ILLUSTRAZIONE E DINTORNI
MAT Laboratorio urbano – TERLIZZI (BA)
TEATRO REBIS
IL PAPA’ DI DIO
Liberamente ispirato all’omonimo romanzo a fumetti di maicol&mirco
con Meri Bracalente, Andrea Filipponi, Sergio Licatalosi, Fermando Micucci
musiche Lili Refrain
scenografia Frediano Brandetti
progetto grafico Roberto Montani
consulenza poetica e filosofica Rubina Giorgi
scrittura scenica e regia Andrea Fazzini