In questa prima settimana di ottobre, al cinema Trevi, la Cineteca nazionale ha messo in programma due brevi rassegne: la prima è un omaggio ad Alain Resnais recentemente scomparso; la seconda una breve panoramica sulla Cina di questi anni.
Il 1° marzo 2014 si spegneva Alain Resnais, definito da Georges Sadoul, «il miglior regista della “nouvelle vague” francese, uno dei migliori contemporanei». Geniale, caratterizzato da un humour spesso freddo e cerebrale e da un piacere nello sperimentare, ha saputo indagare sul senso dello spazio e del tempo filmici, nonché sull’uso della parola, creando moderne architetture visive basate sul gioco della memoria e sull’intersecarsi del tempo psicologico con le metamorfosi collettive della storia.
Le citazioni sono tratte dai seguenti volumi: Riccardo Costantini, Elisabetta Pieretto (a cura di), Alain Resnais. Cinéma mon amour, Cinemazero, 2007; Jaurès Baldeschi (a cura di), Il tempo e la memoria: il cinema di Alain Resnais, Circolo del Cinema “Angelo Azzurro”, 2010; Maurizio Regosa (a cura di), Alain Resnais. Il metodo. La creazione. Lo stile, Fondazione Scuola Nazionale di Cinema, 2002.
mercoledì 1 ottobre
ore 17.00 Stavisky il grande truffatore di Alain Resnais (Stavisky…, 1974, 118’)
«Immerso nell’atmosfera decadente dell’art decò, Stavisky… racconta gli ultimi sei mesi di vita del finanziere ebreo che divenne noto nella Francia degli anni trenta perché capace di costruire un impero effimero fondato sulla frode fiscale, mettendo a soqquadro la vita economica e politica del paese» (Costantini/Pieretto). «Fedele al principio che ritroviamo in tutta la sua opera, Resnais, agli antipodi del genere Il caso Mattei, ha cercato di restituire l’immagine di un tempo che non è storico ma mitologico» (Doniol-Vlacroze). «Stavisky mi appariva come un attore straordinario, un eroe da romanzo d’appendice… Ho considerato tutto il film come una sorta di Guignol molto noir, sinistro, come una danza macabra» (Resnais).
ore 19.15 Mio zio d’America di Alain Resnais (Mon oncle d’Amérique, 1980, 127’)
«Tre personaggi differenti – René (operaio tessile), Jean (dirigente della TV di stato) e Janine (attrice teatrale) – e le loro storie, il loro immaginario […]. Nella narrazione della vicenda si intersecano le teorie socio-biologiche del prof. Henri Laborit, che vede gli uomini come fossero topi da laboratorio» (Costantini/Pieretto). «Mon oncle d’Amérique mostra molto bene il mondo del lavoro, che di solito viene trascurato dal cinema. […] Qualcuno ha detto che tanto varrebbe leggere i libri di Laborit illustrati dal film… Non sono d’accordo. Chi va al cinema in genere non legge i libri teorici di Laborit» (Truffaut). «Ciò che mi interessa non sono tanto i personaggi, ma la struttura drammatica. Una forma» (Resnais).
ore 21.30 La vita è un romanzo di Alain Resnais (La vie est un roman, 1983, 110’)
«Tre storie si intrecciano con continui salti avanti e indietro nel tempo. Luogo di fusione delle storie è un castello, eccentrico nell’aspetto, costruito nel 1919 da Forbek, un ricco signore utopista, perché diventi “tempio” dove trovare l’oblio e la felicità» (Costantini/Pieretto). «Ci sono 100 ragioni per amare La vita è un romanzo. […] è un film francese che si basa su una fantasia assolutamente originale; ridicolizza i pedagoghi; gioca con la storicità; fa riflettere sull’inizio del secolo con un affresco giusto e concreto; […] la pizza belga è infine difesa e l’imperialismo italiano definito e illustrato da Vittorio Gassman» (Masson). «Volevo cercare di comunicare attraverso il canto, attraverso la musica, dei concetti, delle idee, delle mozioni in maniera più efficace che non con mezz’ora di dialogo» (Resnais).
giovedì 2 ottobre
ore 17.00 L’amour à mort di Alain Resnais (1984, 93’)
«Simon e Élisabeth vivono tranquillamente la loro storia d’amore coniugale, quando, d’improvviso Simon cade come morto» (Costantini/Pieretto). «L’amour à mort vive di soprassalti, di violenze luministiche inedite, di contrasti rosso-nero, d’improvvisazioni black-out dell’intelletto e abbandoni alla disperazione che non posseggono nulla del disincanto truffautiano o del cinismo chabroliano» (Pugliese). «Mi sono chiesto se non fosse divertente fare un film dove la musica potesse intervenire come elemento della recitazione degli attori, come se andasse a costituire una parte organica del film» (Resnais).
ore 19.00 Mélo di Alain Resnais (1986, 110’)
«In una Parigi degli anni ’30, Marcel, violinista virtuoso, vive una storia d’amore con Maniche, moglie del suo amico di lunga data Pierre. Maniche tenta di uccidere il marito, ma fallisce» (Costantini/Pieretto). «Resnais non rompe mai la linearità narrativa dell’opera di Bernstein [Henri, n.d.r.] con effetti di montaggio. Al contrario si permette […] di interrompere il tempo reale con operazioni cinematografiche portate a compimento all’interno della stessa inquadratura» (Riambau). «Rilessi Bernstein e mi impressionò il fatto che ogni volta che ne leggevo un’opera, ne rimanevo rapito, sentendo la necessità di arrivare subito in fondo. Tutti erano sempre stati dell’avviso che il suo teatro fosse irrappresentabile: mi sembrò dunque interessante scoprire se invece si potesse realizzare un film» (Resnais).
ore 21.00 Cuori di Alain Resnais (Cœurs, 2006, 123’)
«Dalla pièce teatrale di Alan Ayckbourn. Thierry fa l’agente immobiliare e sta cercando disperatamente un appartamento per una coppia di clienti difficili: Nicole e Dan» (Baldeschi). «Al sommo della sua arte, Resnais tira maliziosamente i fili delle sue marionette sature di schemi familiari e semina la neve sugli uomini, donne, malinconie, esortando gli smarriti a oltrepassare lo schermo delle particelle elementari, a fantasticare sullo schermo delle loro notti bianche» (Douin). «Il nostro destino può dipendere da una persona che non abbiamo mai incontrato» (Resnais).
3 – 4 ottobre 2014
Luci dalla Cina
Il festival del documentario cinese “Écrans de Chine”, che si tiene a Parigi dal 2009, approda a Roma – con una selezione di sei documentari tra i venti in concorso nella manifestazione francese – e in Germania a Saarbrücken. In questi film la Cina si mostra senza filtri e senza trucco, ma anche senza complessi, nelle immagini inedite di giovani registi indipendenti, appassionati e impegnati, che si interrogano sul loro Paese e lo raccontano con semplicità, lucidità, generosità. La rassegna offre un’opportunità unica di guardare la Cina dall’interno, di scoprirla con gli occhi dei suoi abitanti, di entrare nelle loro case, nelle loro vite, nei loro sogni; è un invito ad accettare la complessità dell’“altro”, ad andare incontro con fiducia e curiosità a un popolo che – al di là dei molti pregiudizi e stereotipi – sa riservare parecchie sorprese.
Programma a cura di Markus Nikel (società esecutiva Id-Cultura editoriale e comunicazione)
Rassegna a ingresso gratuito
venerdì 3 ottobre
ore 17.00 La via del tè di Zhou Weiping e Michel Noll (2008, 90’)
Per la prima volta la più antica pista carovaniera svela i suoi misteri. Un percorso di oltre 4.000 km, che attraversa oasi sospese al di sopra del mare, tre zone climatiche, numerose foreste vergini e una ventina di catene montuose, fino alle nevi perenni del Tetto del mondo, l’Himalaya. È la via commerciale più straordinaria di tutti i tempi, teatro spettacolare di innumerevoli avventure umane, forse il più autentico regalo che la Cina ha fatto al mondo intero. Attraverso queste splendide riprese impariamo a conoscere le storie e i molteplici volti del “popolo del tè”, coltivatori e carovanieri, artigiani e proprietari di caravanserragli, mercanti di cavalli e monaci buddhisti.
Zhou Weiping, diplomato all’Accademia delle arti dello Yunnan, direttore delle fotografia e montatore in numerosi documentari, è passato alla regia con The Horse Caravan to Beijing (2005). Michel Noll, regista, produttore e distributore cinematografico, specializzato nel documentario, dirige dal 2009 “Écrans de Chine”, festival del documentario cinese indipendente che si tiene a Parigi.
Versione inglese sottotitolata in italiano
ore 19.00 Forever Runner – Campionessa per sempre di Da Jung Jang (2013, 70’)
Chiu è una campionessa di ultramaratona e a Taiwan detiene ogni record nella sua categoria. Nel 2008 partecipa, in Francia, a una gara lunga 18 giorni, piazzandosi al secondo posto nella classifica femminile. Al termine della gara, a causa di una grave infezione, viene trasportata d’urgenza, in elicottero, in un ospedale di Montpellier, dove le vengono amputate entrambe le gambe e il medico la dichiara in fin di vita. Ma Chiu, miracolosamente, sopravvive, e inizia un programma di riabilitazione, al termine del quale tornerà a correre l’ultramaratona, questa volta su un triciclo personalizzato. Il film segue il riscatto di Chiu, dal ritorno a Taiwan fino al giorno in cui taglia di nuovo il traguardo, in Francia.
Da Jung Jang, regista e produttore cinematografico, dal 2005 collabora con Discovery Channel Asia; con la sua società, Impress Productions, ha realizzato diversi lungometraggi, tra cui School from nowhere (2013) e Kung fu girls (2014).
Versione cinese sottotitolata in italiano
20.30 Luci dalla Cina: presentazione della rassegna
ore 21.00 Cotone di Zhou Hao (2014, 95’)
Partendo dai campi di cotone dello Xinjiang, Nord-Ovest della Cina, passando per le filande e le officine di sartoria, fino alle passarelle del “Fashion Week” di Guangdong, nel Sud del Paese, il film segue l’intero percorso dell’oro bianco cinese, mostrando la precarietà estrema che caratterizza le condizioni di lavoro nei vari segmenti di questa filiera. Ogni tappa del viaggio è incarnata da personaggi diversi: Ye e sua moglie, che conducono la dura vita dei coltivatori di cotone, lavorando per la loro piccola cooperativa; la giovane operaia Ping, che fila il cotone in una fabbrica dove i ritmi di lavoro sono intensissimi; Wei e sua moglie, che, dopo una giornata di lavoro pesante, passata a cucire e imballare jeans, scendono nel seminterrato della fabbrica, dove vivono in una piccola stanza, con un letto e una cucina di fortuna.
Zhou Hao, di formazione giornalista, dal 2001 si è dedicato al documentario. I suoi film, Hou Jie Canton (2003), L’Année Senior (2006), L’Usage (2008), La Période de Transition (2009), hanno partecipato con successo a numerosi festival internazionali.
Versione cinese sottotitolata in italiano
sabato 4 ottobre
ore 18.00 Taishan, la nostra patria di Xu Hualin (2014, 45’)
Taishan è una contea del Guangdong, che si affaccia sul Mar della Cina, nel delta del fiume delle Perle, non lontano da Hong Kong e Macao. La sua storia ha un valore emblematico; dalla fine dell’Ottocento è stata infatti il principale luogo di origine dell’emigrazione dei “cinesi d’oltremare”. Pur essendosi dispersi in un’ottantina di paesi del mondo, gli emigrati cinesi hanno conservato un legame molto forte con la loro madrepatria durante tutto il Novecento, quando con le loro rimesse hanno favorito lo sviluppo di Taishan, e in particolare dei caratteristici “Xu”, i mercati di villaggio dalle pregevoli architetture, in cui i molteplici influssi dell’arte occidentale si combinano con i tipici stilemi cinesi. Attraverso materiali di archivio, fotografie, immagini e interviste a studiosi e a cinesi emigrati, il documentario ripercorre la storia di questo particolarissimo “luogo della memoria” cinese, che ha il potere di riportare in superficie i ricordi, anche quelli dolorosi, di un intero popolo.
Xu Hualin, laureatasi in legge alla Fudan University di Shanghai, si è appassionata al documentario di contenuto storico lavorando per la tv del Guangdong; nel 2008 ha collaborato alla realizzazione della serie The Journey of Danube.
Versione cinese sottotitolata in italiano
ore 19.00 Diario di un villaggio di Jiao Bo (2014, 97’)
Shaoyu è un villaggio rurale dello Yimeng, una zona montagnosa della Cina. Qui i tradizionali costumi cinesi sopravvivono ancora, anche se non mancano rapporti intensi con il mondo esterno. Il documentario racconta la vita del villaggio durante l’arco di un intero anno solare, concentrandosi su quattro personaggi: Du Shenzhong, un poetico contadino-intellettuale con la passione per la musica, sua moglie Zhang Zhaozhen, pragmatica e infaticabile; il segretario locale del Partito, Zhang Zi’en, che amministra direttamente il villaggio, cercando di mediare tra gli interessi di tutti; lo studente universitario Leilei, che accetta con difficoltà le abitudini e lo stile di vita delle generazioni più anziane. Un interessante spaccato della Cina rurale dei nostri giorni, dei cambiamenti e dei problemi che l’attraversano.
Jiao Bo, fotografo e documentarista, ha raggiunto il successo in patria con la serie fotografica Mio padre e mia madre, che stata premiata anche nell’ambito del primo World Folkways Photo Competition (1998).
Versione cinese sottotitolata in italiano
ore 21.00 La mia casa di Cui Yi (2014, 86’)
Nel centro di Shanghai, in via Jinyaun, sorge una delle ultime bidonville della grande metropoli. Le autorità hanno avviato un programma di demolizione dei vecchi alloggi, che prevede l’assegnazione di nuovi appartamenti e il trasferimento di 2652 famiglie. Messi di fronte alla prospettiva di una nuova vita, con l’ansia che ne deriva, gli abitanti di via Jinyuan sono costretti a misurarsi con le proprie aspettative, con i desideri dei familiari, e ad affrontare turbamenti e complicate emozioni, a discutere tra loro, a venirsi incontro, a fare compromessi. Il trasferimento tanto atteso influisce sui sentimenti di ognuno. Inizia la difficile « guerra della comunicazione » tra il governo e le masse, tra genitori e figli, tra fratelli e sorelle; guerra a cui partecipano i vecchi coniugi Guan e le loro figlie, l’inquilina Fu Weimin, incinta di sei mesi, l’esperto cuoco che lavora da vent’anni in un ristorante del quartiere.
Cui Yi, diplomatosi in regia all’Accademia del film di Beijing, lavora presso lo Shanghai Media Group; nel 2007 il suo film Their Long March Outstanding è stato premiato dall’Associazione dei giornalisti di Mosca.
Versione cinese sottotitolata in italiano
domenica 5 ottobre
ore 16.30 Smoking di Alain Resnais (1993, 146’)
«Due storie ambientate in Inghilterra che coinvolgono sette personaggi e che partono dallo stesso fatto iniziale: la casalinga Celia si accende una sigaretta in Smoking, mentre non lo fa in No smoking. In un gioco di conseguenze imprevedibili, ogni film presenta diverse alternative, differenti possibilità di evoluzione della vicenda narrata» (Costantini/Pieretto). «Con Smoking/No smoking Alain Resnais ha inventato il cinema interattivo. L’ipotesi è da prendere sul serio nella misura in cui il malizioso cineasta dà allo spettatore la sensazione di partecipare direttamente al gioco della finzione» (Moullet). «In Francia, sempre più gente viene a vedere Smoking. Sono sicuro che vuol dire qualcosa, ma non so cosa. È il “no”, in No Smoking, che fa sì che la gente voglia vedere l’altro per primo» (Resnais).
ore 19.15 No smoking di Alain Resnais (1993, 147’)
ore 22.00 Gli amori folli di Alain Resnais (Les herbes folles, 2009, 104’)
«Il 17° film di Resnais – che non firma quasi mai la sceneggiatura – e l’8° con la fulva Azéma è cavato da L’incident (1996), uno dei 13 romanzi di Christian Gailly, adattato da Alex Réval e Laurent Herbier. È, in fondo, un mélo d’amore, né freddo né caldo, tra la dentista Margaret Muir, che ha l’hobby di pilotare aerei, e Georges Palet, un po’ mitomane e seduttore fuori casa, da anni marito di Suzanne e padre di 2 figli grandi, appassionato esperto di aerei e film di aviazione. Lui prevale nella 1ª parte, lei nella 2ª. Nella fedeltà al romanzo di cui conserva la voce narrante, è un film asimmetrico, sincopato e bizzarro. […] Alla vigilia dei 90 anni, Resnais invecchia benissimo» (Morandini). «Mi sembrava che questo titolo rappresentasse bene i protagonisti: due persone che seguono impulsi totalmente irragionevoli: come quei semi che germogliano tra le crepe dell’asfalto o tra le rocce in campagna, dove nessuno si aspetterebbe di vederli spuntare» (Resnais).
Cinema Trevi – vicolo del puttarello, 25 – Roma ingresso 4 euro rid. 3 euro
Susanna Zirizzotti
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