COME UN GRANELLO DI SABBIA

Un giovane muratore di 18 anni, una vita come tante, viene arrestato e condannato per l’omicidio mai commesso di due carabinieri, avvenuto il 27 gennaio 1976 ad Alkamar, una piccola caserma di Alcamo Marina, in provincia di Trapani. È la storia vera di Giuseppe Gulotta, una storia dalle conseguenze violentemente drammatiche e non risanabili, che viene raccontata in “COME UN GRANELLO DI SABBIA. Giuseppe Gulotta, storia di un innocente” da Salvatore Arena, testo e regia di Salvatore Arena e Massimo Barilla, una produzione di Mana Chuma Teatro, in scena dal 24 al 26 novembre (venerdì e sabato ore 21, la domenica ore 16) al Teatro Libero di Milano, nell’ambito della terza edizione della rassegna teatrale “Palco Off” dedicata ad attori, autori, storie di Sicilia. Prima degli spettacoli verrà offerta al pubblico una degustazione di vini e prodotti tipici siciliani.

Lo spettacolo, prodotto da Mana Chuma Teatro con Fondazione Horcynus Orca, Horcynus Festival ’15, in collaborazione con La.P.E.C. E Giusto Processo e con il sostegno di Provincia di Reggio Calabria, Comune di Reggio Calabria, Comune di Bova, è stato selezionato da In-Box Blu 2016.

Il delitto nasconde un mistero indicibile: servizi segreti e uomini dello Stato che trattano con gruppi neofascisti, traffici di armi e droga. Per far calare il silenzio serve un capro espiatorio, uno qualsiasi. Giuseppe Gulotta – presente la sera del 24 novembre a fine spettacolo per un incontro con il pubblico – ha vissuto ventidue anni in carcere da innocente e trentasei anni di calvario con la giustizia. Non è mai fuggito, ha lottato a testa alta, restando lì come un granello di sabbia all’interno di un enorme ingranaggio. Fino al processo di revisione (il decimo, di una lunga serie), ostinatamente cercato e ottenuto, che lo ha definitivamente riabilitato.

La vicenda narrata di Gulotta – contenuta nel libro Alkamar-La mia vita in carcere da innocente (ed. Chiarelettere), da lui scritto insieme a Nicola Biondo – pone una profonda riflessione sulla giustizia. Il teatro si assume la responsabilità di non tacere l’incredibile vicenda legale con tutta la lunghissima serie di omissioni, errori, falsificazioni, palesi violazioni della legge che oggi fanno definire questa vicenda come una vera e propria frode giudiziaria con tutti gli interessi in campo che generano il dramma. Il teatro, sottraendosi da qualsiasi intento retorico, declina la drammaturgia, attraverso la vicenda umana di Giuseppe (ma anche di Salvatore e Carmine – le due vittime della strage – o di Giovanni, Vincenzo, Gaetano – gli altri

capri espiatori designati) rendendo giustizia alla sua dimensione personale, quella di una vita quasi interamente sottratta per ragioni inconfessabili.

Salvatore Arena dà voce a Giuseppe, alla sua gioventù interrotta, all’arresto, alle torture subite, ai colpevoli silenzi, ai pregiudizi, ma anche all’irriducibile speranza in una restituzione finale della propria umile e alta identità. Lo fa alternandosi a voci secondarie e tutte importanti: un vicequestore illuminato schiacciato anche lui dall’ingranaggio, l’ufficiale dell’arma regista occulto delle torture, la moglie Michela, i genitori. Ogni voce, ogni episodio, trova il proprio luogo all’interno della scenografia di Aldo Zucco, capace di diventare multiforme nei suoi pochi essenziali segni mentre le musiche originali di Luigi Polimeni, contrappunto ritmico ed emozionale al racconto, diventano esse stesse drammaturgia, sostenendo lo scorrere inesorabile della storia in tutte le sue partiture emotive.

Compagnia calabrese prossima al suo ventennale di attività, Mana Chuma Teatro è da sempre attenta ai temi della storia, della memoria, della giustizia, alla narrazione della vita degli ‘ultimi’, dei dimenticati. Anche la prossima produzione ‘NFERNU, testo di Salvatore Arena, regia di Massimo Barilla e dello stesso Arena che ne è anche interprete insieme a Francesco Guzzo, è una storia intima, urlata sottovoce, a tratti muta. Tratto dal testo Longa è a jurnata, finalista al Premio Riccione per il Teatro nel 2005, racconta di Peppe e Vanni, umani urlanti piegati da un mondo che li schiaccia, senza distruggerli, segnati dalla malattia e circondati dal malaffare, ma tuttavia vivi in qualche modo.

Nata a Reggio Calabria nella seconda metà degli anni novanta, Mana Chuma Teatro sceglie fin dal principio di confrontarsi con l’identità culturale e storica del territorio meridionale, sviluppando un proprio approccio alla drammaturgia legato alla contaminazione tra linguaggi differenti, curando anche la ricerca sullo spazio e la sperimentazione di luoghi “altri” per il teatro. Tra le produzioni: Vita e morte di Ruggieri di Risa (1998), Terribìlio di mare – da Horcynus Orca di Stefano D’Arrigo (2001) e Il mondo offeso (2002), regia di Maria Maglietta, Historia du surdatu (2003), regia di Luciano Nattino (coproduzione Mana Chuma, Casa degli Alfieri, Astiteatro 25), Spine (2003) di Massimo Barilla e Salvatore Arena (finalista al Premio Ustica per il teatro), Lunga notte di Medea (2004) di Corrado Alvaro (coprodotto con Parco Nazionale dell’Aspromonte e Fondazione Corrado Alvaro), Di terra e di sangue (2005) di Massimo Barilla e Salvatore Arena, regia di Maria Maglietta (inserito nel Centenario della CGIL e presentato al Teatro Valle di Roma), ’70voltesud (2007). Un primo studio di Longa è a jurnata (2014) di Salvatore Arena, testo finalista al Premio Riccione, è stato presentato all’interno della Stagione RivelAzioni del Teatro Siracusa. Mana Chuma è tra i soci promotori della Fondazione Horcynus Orca.

 

Teatro Libero – Milano

dal 24 al 26 novembre 2017

Spettacolo inserito nella rassegna PALCO OFF

Mana Chuma Teatro

Giuseppe Gulotta, storia di un innocente

testo e regia di Salvatore Arena e Massimo Barilla

con Salvatore Arena

Giuseppe Gulotta sarà presente la sera del 24 novembre

a fine spettacolo per un incontro con il pubblico

ORARIO SPETTACOLI

venerdì 24 e sabato 25 ore 21.00

domenica 26 ore 16.00

ORARIO DEGUSTAZIONI

venerdì 24 e sabato 25 ore 20.30

domenica – fine spettacolo

Info

→Teatro Libero, Via Savona 10 – Milano Infoline e prevendita 02 8323126 biglietteria@teatrolibero.it www.teatrolibero.it

Biglietti: intero 18 Euro – ridotto 13 Euro

→Palco Off www.palcooff.it/un-granello-sabbia-salvatore-arena/

→MANA CHUMA TEATRO

contatti +39.380.3204740 – email manachumateatro@glauco.it twitter: @manachumateatro – https://www.facebook.com/manachumateatro/

Link trailer →www.youtube.com/watch?time_continue=2&v=ZRPuGyd9CAs

Mana Chuma Teatro

COME UN GRANELLO DI SABBIA

Giuseppe Gulotta, storia di un innocente

testo e regia di Salvatore Arena e Massimo Barilla

con Salvatore Arena

scene Aldo Zucco

musiche originali Luigi Polimeni

disegno luci Stefano Barbagallo

equipe tecnica di scenografia Antonino Alessi, Grazia Bono, Caterina Morano

assistente alla regia Ylenia Zindato

consulenza storica Giuseppe Gulotta e Nicola Biondo autori del libro “Alkamar-la mia vita in carcere da innocente” (ed. Chiarelettere)

una co-produzione Mana Chuma Teatro / Fondazione Horcynus Orca /Horcynus Festival ‘15

in collaborazione con La.P.E.C. E Giusto Processo

con il sostegno di Provincia di Reggio Calabria, Comune di Reggio Calabria, Comune di Bova

Repliche successive

14 gennaio 2018, Teatro del Grillo, Soverato (Catanzaro)

4 marzo 2018, Auditorium Comunale “Unità d’Italia”, Roccella Jonica

ESTRATTI RASSEGNA STAMPA

Passare dalla felicità più piena d’avere a 18 anni una vespa fiammante all’oscurità più terribile d’una cella e trascorrere senza colpa 22 anni in galera. Questo è successo a Giuseppe Gulotta giovane muratore con una vita scintillante davanti a lui quando di sera viene arrestato e costretto a confessare l’assassinio di due carabinieri (il diciannovenne Carmine Apuzzo e l’appuntato Salvatore Falcetta) avvenuto il 27 gennaio 1976 ad Alcamo Marina (TP) nella casermetta “Alkamar” della stazione dei CC della località turistica. È una storia terribile dai risvolti kafkiani quella che racconta Salvatore Arena nella sala Laudamo di Messina, autore del testo e della regia assieme a Massimo Barilla, sfoderando una grinta che gli è congeniale in un monologo dagli infiniti toni vocali, avendo soltanto sulla scena di Aldo Zucco una sorta di doppio sgabello e uno sportellino simile a quello che si rinviene sulle porte delle patrie galere quando un secondino aprendolo vuol vedere cosa succede dentro la cella, che qui però non viene mai utilizzato allo scopo. Le ottime luci di Stefano Barbagallo e le musiche thriller di Luigi Polimeni scandiscono i momenti antecedenti al pasticciaccio. (…) Non si dà pace Gulotta/Arena costretto a vivere da innocente in una cella dove gli manca l’aria, quell’aria che gli sbatteva in faccia e sul petto quando correva con la sua nuova moto caricando sul sellino posteriore amici e parenti. (…) Uno spettacolo vibrante, ricco di tensione e di suspense, per merito chiaramente d’un bravo Salvatore Arena, che per 70 minuti ha fatto viaggiare sulla lama d’un rasoio gli spettatori della Laudamo. P.S.: La strage è tuttora un mistero irrisolto.

[Gigi Giacobbe, Sipario]

Che cosa grande è il teatro quando, nella semplicità del gesto scenico, riesce a condensare e riprodurre il senso di un intero momento storico, riesce a leggerlo in profondità quel momento, a restituirlo nella sua dinamica più profonda e autentica, lacerante e tragica (…) Si staglia in scena insomma – e davvero Salvatore Arena è capace di ogni significazione – non solo una dolorosissima vicenda personale e di mala-giustizia, ma soprattutto uno spaccato di che cosa è stato davvero il cuore del nostro paese nei decenni scorsi: un cuore avvelenato da una politica vigliacca, dalla mafia, dai servizi deviati, da consorterie fasciste di vario genere e spietate oltre ogni immaginazione nella conservazione del loro potere. Si tratta di uno spettacolo intenso, rigoroso nel suo disegno e vissuto, recitato, agito – segmento dopo segmento – non solo con la certezza “politica” di fare un servizio concreto alla costruzione di una seria coscienza libera e democratica nel nostro paese (una coscienza che ha il diritto di domandare e di ottenere risposte), ma anche con la giusta consapevolezza che l’unica onestà che il teatro può garantire è la verità (la verità ambita, desiderata, cercata responsabilmente) e la qualità artistica di ciò che accade in scena: così al personaggio di Gulotta sono assegnate verità e respiro, gambe e lacrime, faccia e paura e smarrimento. Lo smarrimento kafkiano (molto contemporaneo e misteriosamente metaforico) di un granello di sabbia dentro un ingranaggio troppo più grande di lui per essere compreso. Verità storica, senso politico e qualità della messinscena, tre ingredienti in perfetto equilibrio che rendono importante questo spettacolo che diversamente, e facilmente, avrebbe potuto perdere di senso e di profondità.

[Paolo Randazzo, Dramma.it]

Ogni tanto può capitare di assistere a messinscene che hanno una necessaria ragione di essere, che ci raccontano storie e lo fanno senza retorica, senza cercare a tutti i costi di fare presa sul pubblico e che ci tengono svegli, ci fanno riflettere e soprattutto hanno un’anima (…), messinscene che regalano veri “momenti di teatro”.

[Marco Menini, Krapp’s Last Post]

Nel lavoro mirabilmente interpretato grazie al talento dall’attore (…) aleggia un cupo e torbido clima di smarrimento, in un paesaggio opaco, umbratile e viscido, a suo modo sterminato, nonostante la voluta ristrettezza dello spazio scenico. La scrittura non è documentaria, non ha la freddezza della pura inchiesta sociale, ma vuole offrire del mondo, cui il malcapitato Gulotta appartiene, un’immagine intensa, calandosi all’interno dei suoi valori arcaici… E’ la catarsi del palcoscenico, l’antica medicina per purificare le passioni umane, comprendendole per superarle; facendo riaffiorare alla coscienza eventi subdolamente rimossi. Per non dimenticare.

[Francesco Tozza, Scenario on line]

Gulotta (…) ha visto sé stesso e la sua storia passargli davanti, attraverso, la voce, il corpo, i silenzi di un attore, Salvatore Arena, che ne ha raccontato con profonda partecipazione non solo artistica ma umana le vicende incredibili (…). Applauditissimo lavoro e convincente interpretazione. Un incontro a teatro che non sarà facile dimenticare.

[Antonia Dalpiaz, l’Adige]

Nella luce, piccole schegge di legno paiono esplodere nella follia di una violenza irrazionale. La narrazione procede, e il giovane raggiunge la maturità sotto il peso di una colpa inflittagli da altri, incapace di lavare il proprio nome. Arena dà voce ai vari personaggi che tessono questa insondabile trama: gli amici, la moglie, avvocati, giudici… Sono diversi i momenti che ci colpiscono con la loro sincerità, nella descrizione di una vita che, pur segnata da colpe altrui e quasi distrutta, si ricostruisce poco per volta, combattendo per la propria libertà, ignorando il funzionamento di un sistema più grande, impalpabile, pesantissimo.

[Sara Casini, Lo sguardo di Arlecchino]

Un clamoroso errore giudiziario raccontato in un monologo estremamente coinvolgente, l’orrore dell’ingiustizia, la paura, il carcere quasi come il rifugio dalla violenza, la speranza un giorno di liberarsi dell’onta di un crimine mai commesso. Una storia che viene “data” completamente allo spettatore, attraverso un’adesione vivissima alla vicenda umana del protagonista. Il teatro si fa qui testimonianza civile, forma pubblica di riscatto, e mette in guardia sui pericoli che in ogni società corre la libertà di ognuno, schiacciata sotto il peso di un potere che intreccia trame occulte per piegare a sé la vita del Paese. Un tema spesso trattato dalla compagnia reggina, una delle più interessanti del panorama nazionale del teatro contemporaneo.

[Oriana Schembari, Yes Calabria]

Una campana in mezzo alla scena, uno sgabello sul quale è seduto un uomo illuminato da una luce che si domanda costantemente “come si conta l’aria?”, quell’aria di tutta la vita che manca, che ingiustificatamente è stata tolta, violentemente sottratta. Sul palco, è lo straordinario attore Salvatore Arena a raccontare la storia di Giuseppe.

[Grazia Candido, Il quotidiano della Calabria / strill.it]

Rigoroso e giocato su un calibrato gioco di luce/ombra il disegno luci di Stefano Barbagallo. Evocative le musiche originali di Luigi Polimeni (…) Teatro del presente che ci offre un nero rituale, un vuoto assolutamente colmo, sorretto da una scrittura drammaturgica costruita sulla poetica del frammento dove le riflessioni del tempo presente si intrecciano a memorie, a squarci di vita vissuta in una partitura di parole e gesti che spesso attingono alla modalità espressiva della reiterazione. “Passano e spassano gli uomini e le donne… Passano e spassano gli uomini e le donne… Passano e spassano gli uomini e le donne…” che tanto ricorda il verso di T. S. Eliot ne ‘ll canto d’amore’ di J. Alfred Prufrock “Nella stanza le donne vanno e vengono / Parlando di Michelangelo.” Prufrock eroe dell’inazione volontaria che lascia scorrere la sua vita senza mai osare e sullo sfondo un mondo degradato e volgare di cui quelle donne sono metafora incisiva. Giuseppe, antieroe per eccellenza, recluso contro la sua volontà, capro espiatorio di un delitto che cela legami indicibili e sullo sfondo misteri, depistaggi, accuse false e amnesie mentre quegli uomini e quelle donne che passano e spassano sono l’emblema di una vita “normale” a lui negata. Allora importante diventa non tanto il detto quanto ciò che non si esprime, non il filo della razionalità capace di organizzare le pulsioni ma il confronto con il vuoto, l’addentrarsi in quelle zone di solitudine che diventa solitudine collettiva. Intensa e palpitante l’interpretazione di Salvatore Arena che sa restituire il respiro, le emozioni, il dolore, l’amore, l’attesa e la dignità di un uomo per troppo tempo rimasto senza voce. Buona vita a Giuseppe Gulotta e lunga vita al teatro!

[Giovanna Villella, LameziaTerme.it]

(…) Salvatore Arena e Massimo Barilla hanno avuto il coraggio e una grande sensibilità drammaturgica portando sui palcoscenici teatrali, il dramma del muratore diciottenne Giuseppe Gulotta, arrestato, torturato, condannato e annientato e incarcerato per ben ventidue anni da innocente (…) Su un palcoscenico nero di dolore e di sofferenza, con una eccezionale scenografia semplice e contemporaneamente forte di Aldo Zucco, il bravissimo attore Salvatore Arena (anche autore e regista) riesce, con grande intensità drammaturgica, a fare rivivere sul palcoscenico i momenti lieti (pochi) e dolorosi (molti) della vita annientata di Giuseppe Gulotta

Uno spettacolo che ancora per anni dovrebbe calcare i palcoscenici ed essere presentato anche nelle scuole perché siamo assetati di giustizia e non di falsa e retorica legalità, mentre constatiamo ogni giorno che spesso “giustizia non è fatta”. Un “Bravo!” a Salvatore Arena e a tutti coloro che hanno collaborato per uno spettacolo riuscitissimo e di grande impegno civile e teatrale. E un grande grazie, per la consulenza storica e biografica di Giuseppe Gulotta e Nicola Biondo, autori del libro “Alkamar- La mia vita in carcere da innocente” che tutti dovremmo leggere, perché tutti dovremmo batterci, in ogni istante della vita, per la giustizia.

[Francesco Saija, Lo Spasimo di Trapani, NuovoSoldo.it]

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