Coronavirus, domani su Famiglia Cristiana – I vescovi sopravvissuti
Monsignor Olivero e monsignor Peri: «Noi, il dolore, la morte, la fede»
Milano, 29 aprile 2020 – Monsignor Derio Olivero, vescovo di Pinerolo, in provincia di Torino, ha 59 anni e tanta voglia di raccontare, senza vergognarsi della commozione che di tanto in tanto gli interrompe i ricordi: «Per almeno un giorno e mezzo», dice, «sono stato a un passo dalla morte. Ho fatto esperienza di Dio come se fosse fisicamente lì, quasi come se potessi toccarlo. E mi sono reso conto che nella vita solo due cose contano davvero: la fede e le relazioni». Monsignor Calogero Peri, frate cappuccino, 66 anni, vescovo di Caltagirone, in provincia di Ragusa, consegna parole levigate dal dolore: «Ho sentito di toccare il fondo e mi sono chiesto se ci fosse per me una via di ritorno. La malattia mi ha spogliato di ogni certezza lasciandomi nudo davanti al mistero».
Due vescovi. Due vittime del Covid. Due sopravvissuti. Nel numero da domani in edicola, Famiglia Cristiana ne pubblica riflessioni e foto.
«Sono stato ricoverato il 19 marzo», afferma monsignor Olivero. «Sono stato a lungo intubato. Il 10 aprile, Venerdì Santo, mi davano per spacciato. In quei momenti non si bara. Ho sentito Dio accanto. Da Pasqua e, soprattutto, dal lunedì dell’Angelo, ho iniziato a migliorare lentamente. Parafrasando Tiziano Terzani, posso dire di avere ricevuto in dono dal Signore un altro giro di giostra. Sento dunque l’urgenza di vigilare sulla gerarchia degli impegni, per non sciupare neppure un giorno, un’ora, un minuto, memore di quanto suggerito nella Lettera agli Efesini: “Fate buon uso del tempo, perché i giorni sono cattivi”». Nei giorni del ritorno alla vita ha ascoltato anche una voce molto speciale: quella di Jorge Mario Bergoglio. «Francesco ha chiamato in reparto. Ero così sorpreso che lì per lì non ci volevo credere. Ma il primario insisteva: “Risponda, è proprio il Papa”. Sentirlo mi ha dato tanta forza».
«Quando mi hanno assegnato la stanza d’ospedale e sono rimasto solo, mi sono guardato intorno», interviene a sua volta monsignor Peri. «Davanti a me solo un crocifisso, di certo non pensato per quella parete perché troppo piccolo. Quello era il crocifisso di San Damiano che qualcuno, sicuramente non a caso, aveva voluto appendere per averlo con sé. Quel muro spoglio era ricco solo di Dio» Con quel Crocifisso, nelle ore, i giorni e soprattutto le notti lunghe e oscure, ha dialogato molto. «All’inizio gli ho chiesto “Perché?”, poi ho trovato la risposta: “È per te” e l’invito “Non avere paura di salire e di stare con me”. Gli ho rivelato le mie paure e ho preso le sue consolazioni, ho guardato le sue piaghe e mi sembravano leggere le mie, ho ascoltato le sue parole e ho cambiato le mie domande».