Covid19: gli scienziati fanno il punto all’evento digitale di Fiera Roma
Epidemia e pandemia, ma anche infodemia e manipolazione delle informazioni a scopo politico ed economico-finanziario. I massimi studiosi e clinici del virus che ha messo sotto scacco il mondo negli ultimi mesi hanno tentato di fare chiarezza sulla situazione Covid 19, fotografando lo stato dell’arte.
durante la tavola rotonda, “SARS-CoV-2: passato, presente e futuro”, coordinata da Davide Zella, capo laboratorio all’Institute of Human Virology dell’Università del Maryland (USA) e organizzata nell’ambito di Welfair 2020, la manifestazione digitale di Fiera Roma dedicata alla salute a 360 gradi.
Matteo Bassetti, Professore Ordinario di Malattie Infettive, Dipartimento di Scienze della Salute, Università degli Studi di Genova e Direttore della Clinica Malattie Infettive dell’Ospedale Policlinico San Martino di Genova, ha illustrato lo spettro clinico e i sintomi della malattia con relative percentuali, riferendosi alla casistica di marzo-aprile:
SPETTRO CLINICO
Infezioni asintomatiche: tra 30-40%
Spettro di severità delle forme sintomatiche:
– Malattia lieve-moderata: 81%
– Malattia severa (dispnea, ipossia, >50% di coinvolgimento del parenchima polmonare all’imaging): 14%
– Malattia critica (ARDS, shock, MOF): 5%
– Rate di fatalità: 2.3%
SINTOMI TIPICI
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Mialgia (36%)
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Cefalea (34%)
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Tosse (50%)
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Iperpiressia > 38 °C (43%)
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Nausea/vomito (12%)-
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Diarrea (19%)
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Faringodinia (20%)
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Ageusia (<10%)
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Dispnea (29%)
Ancora Bassetti ha sottolineato lo sforzo straordinario fatto da tutto il Sistema sanitario italiano, evidenziando di quanto sia stata aumentata la capacità dei posti letto. In rianimazione si è passati dai 5324 pre-COVID ai 7800 di oggi, con un aumento del 50%, con + 2500 unità circa (1050 in Lombardia). Il Picco massimo si è raggiunto il 3 aprile con 4068 unità.
Per quanto riguarda le Malattie infettive e pneumologie, la situazione pre-COVID era 2974 in malattie infettive 3600 pneumologia, portati a 26.424, +405%.
Bassetti ha quindi sottolineato che c’è stata una evoluzione inequivocabile dell’infezione, sia per quel che riguarda la malattia, che per la capacità di curarla. Ha portato come esempio i numeri della letalità Covid-19 presso la Clinica Malattie Infettive del Policlinico San Martino di Genova: si è passati da una letalità variabile tra il 12,5% e 10,5% da febbraio a maggio, a un solo decesso su oltre 91 ricoveri nel periodo successivo, da giugno ad adesso.
“Oggi ci sono molti più giovani con tampone positivo – ha affermato Bassetti – , ma non è scesa molto l’età media dei ricoveri: solo di 3-4 anni. Per la malattia sintomatica non è mutata di molto l’età rispetto a marzo-aprile, è mutato invece la tipologia di trattamento. Per quanto riguarda le cure, bisogna guardare ricerca ed evidenze scientifiche. Unici farmaci da lasciare al momento nel protocollo sono: Remdesivir e cortisone e, in caso co-infezione batterica, l’antibiotico”.
Bassetti ha dunque ribadito quanto sia fondamentale conoscere la quantità della carica virale. “Ci siamo battuti per avere più tamponi- ha detto -, ma non lo abbiamo fatto a sufficienza per avere tamponi che rilevino il quantitativo di carica virale.
Qualcosa è cambiato, oggi abbiamo a che fare con malati diversi, aldilà del fatto che siamo più bravi a curarli, le curve di mortalità sono inequivocabili”.
Ha sottolineato la rilevanza del fattore carica virale anche Massimo Clementi, Prorettore alla Didattica, Direttore Laboratorio di Microbiologia e Virologia e Professore Ordinario di Microbiologia e Virologia dell’Università Vita-Salute San Raffaele. “Nei pazienti sintomatici la carica virale fa molta differenza – ha detto -. In una infezione virale così importante è impossibile non ci sia un parametro virologico che orienti il clinico a intervenire o lasciare evolvere l’infezione.
I dati documentano che la carica virale alla presentazione è un forte predittore prognostico, se considerato insieme ad altri fattori di rischio stabiliti. Uno sforzo per includere la carica virale nei punteggi clinici dovrebbe quindi essere considerato, e può rappresentare un utile complemento nella gestione clinica dei pazienti durante la seconda fase delle pandemie. Se è stata avviata una terapia antivirale, può essere un utile parametro aggiuntivo per monitorare l’efficacia.
Massimo Ciccozzi, Responsabile Unità di ricerca in Statistica medica ed Epidemiologia molecolare dell’Università Campus bio-medico di Roma, ha rivolto tre raccomandazioni: rinforzare la ricerca di base di tipo epidemiologico ed epidemiologico-molecolare; rinforzare l’epidemiologia di territorio; non abbassare la guardia: “Ancora il virus può fare male – ha sottolineato, manteniamo le distanze e usiamo la mascherina”.
Anche Fabrizio Pregliasco, Direttore Sanitario dell’IRCCS Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano, Ricercatore Confermato in Igiene Generale ed applicata all’Università degli Studi di Milano, ha esortato a mantenere alta l’attenzione, pur rivolgendo un auspicio ottimista: “Con l’autunno e l’inverno certamente avremo casi di influenza, ma speriamo avvenga come nell’emisfero australe, dove, nonostante la diffusione intensa, grazie al fondamentale e necessario mantenimento delle misure di prevenzione, pur in presenza di varianti virali diffusive c’è stato un bassissimo numero dei casi”.
Raniero Guerra, Direttore Aggiunto dell’Organizzazione mondiale della sanità, ha rivolto una
Raccomandazione a proposito del vaccino influenzale: “La riapertura delle scuole e del 50% della pubblica amministrazione aumenterà a breve le linee di trasmissione virale all’interno delle famiglie, non bisogna interrompere il ciclo di vaccinazioni ordinarie ed è indispensabile definire con trasparenza le priorità per i vaccini, per esempio per quanto riguarda gli operatori sanitari”.
Parlando di vaccino Covid ha affermato: “Nello sviluppo dei vaccini abbiamo investitio come OMS e UE 16-18 miliardi di dollari. È importante utilizzare questi ingenti somme di denaro in modo coerente, corretto, rilevante. Per fine novembre avremo 2-3 oggetti su cui ragionare in modo chiaro ed esplicito. Obiettivo fondamentale è la disponibilità di almeno due miliardi di dosi di vaccino entro la fine del 2021, per almeno il 20% della popolazione. Rispetto al vaccino Covid c’è un’accelerazione, ma non ci sono scorciatoie: c’è coesione in questo di tutte le agenzie regolatorie”.