Presentazione alla stampa di un grande progetto espositivo della Galleria dell’Accademia di Firenze e del Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato per il 2016.
Le opere di dieci grandi contemporanei: Marina Abramović, Cai Guo-Qiang, Maurizio Cattelan, Damien Hirst, Jeff Koons, Yayoi Kusama, Bruce Nauman, Richard Prince, Gerhard Richter, Cindy Sherman, a confronto con i capolavori di Michelangelo e di altri grandi artisti del passato.
Gli accostamenti tra arte antica e arte contemporanea hanno ormai una lunga storia. Per quanto, almeno dalle Avanguardie in poi, l’arte abbia voluto tracciare una cesura con il passato, il fascino del confronto è sempre esistito. Cambia la percezione del mondo, cambia il fine dell’arte, che da strumento di comunicazione che veicola altri contenuti diviene un mezzo di in novazione esso stesso, ma il confronto con i grandi del passato resta un’aspirazione, in una dimensione di sostanziale continuità.
Solo a guardare agli artisti contemporanei qui invitati ad esporre, ciascuno di loro ha al suo attivo molti confronti con la storia, basti pensare alla mostra di Jeff Koons a Versailles nel 2008, o a quella di Maurizio Cattelan al Palazzo Reale di Milano nel 2010, o il confronto che Cindy Sherman ha attivato da tempo all’interno dei suoi lavori indossando i panni di protagonisti di opere antiche. Anche una manifestazione tradizionalmente votata alla contemporaneità più avanguardistica come Manifesta, la Biennale europea di arte contemporanea, nella passata edizione svoltasi a San Pietroburgo, ha giocato a mescolare la contemporaneità con la storia, entrando nelle sacre stanze dell’Ermitage.
C’è poi un altro elemento che sostiene, in qualche grado spinge, questo confronto. Il sistema di comunicazione contemporaneo, quello che vede nel network del web la sua espressione più chiara ed evidente, tende a mettere tutte le immagini sullo stesso piano. Non c’è più una storia, un prima e un dopo, resta tuttavia un grande, onnicomprensivo ‘presente’ in cui i valori raccolti dal passato si riducono sempre più, hanno sempre meno forza. In qualche modo il sistema di comunicazione contemporaneo, dunque, impone un confronto metastorico.
Sebbene comparazioni e incontri tra passato e presente, soprattutto negli ultimi anni, siano dunque abbastanza frequenti, tuttavia il confronto che verrà attivato in questa mostra ospitata negli spazi storici della Galleria dell’Accademia di Firenze avrà caratteri di novità e una forza inconsueta. Potremmo dire infatti che si tratta di un confronto tra giganti.
Da una parte si schierano il David e i Prigioni di Michelangelo, con un seguito di opere per nulla minori, i cui autori vanno da maestri medievali come Giotto e Taddeo Gaddi, a quelli del Rinascimento con Pa olo Uccello, Botticelli, Ghirlandaio, Perugino. Dall’altra i dieci più celebri artisti del nostro tempo, coloro che hanno negli ultimi decenni raggiunto i vertici del sistema dell’arte, in quanto a valore e notorietà: Marina Abramović, Cai Guo-Qiang, Maurizio Cattelan, Damien Hirst, Jeff Koons, Yayoi Kusama, Bruce Nauman, Richard Prince, Gerhard Richter, Cindy Sherman.
Tra gli spunti di riflessione sollecitati dalla mostra c’è anche quello relativo alle ingenti valutazioni economiche raggiunte da tempo dai maggiori protagonisti dell’arte contemporanea, anche in rapporto ai valori assegnati invece alla categoria degli “Old Masters” nelle aste di tutto il mondo.
Tuttavia, la mostra I grandi dell’arte contemporanea a confronto con Michelangelo (titolo provvisorio), si pone la domanda di cosa resterà nel futuro dell’arte del nostro tempo. Quali opere, in una galleria ideale, terranno il confronto con Michelangelo? Quali valori, quali qualità, il nost ro tempo consegnerà ai posteri?
Walter Benjamin (1892-1940), circa ottanta anni fa, aveva pronosticato la perdita dell’aura dell’arte nell’era della sua riproducibilità tecnica. Lungi dal segnare la morte dell’arte, negli ultimi decenni certi supporti mediatici ne hanno invece potenziato l’aura, facendo assumere ad alcune opere valori e attenzione enormi. Nell’ideare la mostra i due curatori, Fabio Cavallucci, Direttore del Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato, e Angelo Tartuferi, Direttore della Galleria dell’Accademia di Firenze, sono partiti proprio dalla considerazione che, a dispetto di tale teoria, i new media e il sempre più esasperato star system degli ultimi decenni abbiano invece potenziato l’iconicità delle opere contemporanee, grazie anche al risalto conferitogli dal mercato e dall’enorme attenzione mediatica. “E’ da una sensazione di spaesamento nei confronti di una forza del presente che supera quella della storia — affermano i due curatori — , che nasce il progetto di questa mostra.
Le opere degli artisti contemporanei che saranno messe in mostra alla Galleria dell’Accademia non solo reggeranno il confronto con Michelangelo, e con altri maestri, ma aggiungeranno elementi di sorpresa e più attuali chiavi di interpretazione a quelle del passato, al punto che perfino gli antichi capolavori potranno arricchirsi di nuovi significati agli occhi dei visitatori”. Il David resterà immutato dopo questa presenza? Del resto Michael Bachtin (1895-1975) sosteneva, parlando del romanzo, come un’opera non resti sempre uguale a se stessa, ma venga modificata, muti il suo significato nello svolgersi della storia.
La mostra, come il catalogo edito da Giunti Editore, è promossa dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo con la Direzione generale Musei, il Segretariato regionale del Ministero dei Beni e delle Attività culturali e del turismo della Toscana, il Polo museale regionale della Toscana, la Ex Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Firenze, la Galleria dell’Accademia di Firenze, il Centro per l’arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato e Firenze Musei.
14 giugno 2016 – 8 gennaio 2017