“L’arte è un modo /Istruzioni per l’uso”
Sarà questo il titolo del primo evento che inaugurerà lo spazio. Si tratta di un’area che gli artisti hanno trasformato per creare un grande spazio di lavoro condiviso.
Gli artisti che attualmente formano il gruppo VIRUS Art:
Giulio Ceraldi, Consuelo Chierici, Stefano De Santis, Enrico Grasso, Giancarlo Savino, Nicola Spezzano, Caterina Tedeschini.
Lo spazio, diventerà una possibilità per quanti; artisti visivi, scrittori, musicisti, videomaker, etc.. vogliano usare per creare un momento di confronto e mostrare il frutto della loro ricerca.
Una offerta alla città di Roma. Una proposta innovativa, non a caso parte da Corviale, periferia spesso dimenticata e sottoposta a pregiudizi e cattiva informazione.
Un luogo liberato, dove, centrale, sarà la qualità del lavoro e la posizione umana dell’artista che lo produce.
Non è la prima volta che il gruppo Virus art si fa promotore di iniziative liberatorie, rispetto alle secche che il mercato ha costruito per impedire un rapporto diretto tra artisti e pubblico. Dal 1984 anno in cui il gruppo si fonda e fino ad oggi, nelle diverse formazioni, ha elaborato manifestazioni come “Studi Aperti” Museo Diffuso Urbano ed altri eventi, tutte manifestazioni tese a liberare la cultura dalle chiuse che impediscono, al flusso della diffusa creatività, di mostrarsi liberamente, nelle diverse forme ed espressioni.
L’esposizione inaugurale dal titolo L’arte è un modo/istruzioni per l’uso, vede coinvolta una parte significativa della recente produzione del gruppo VirusArt. Si tratta di dipinti, sculture, incisioni che con diverse modalità tecniche e stilistiche, mostra nei temi trattati, lo stesso “modo;” quello di rispondere a questo tempo, così spinto verso confini di un consumo frettoloso, lavori che mirano al cuore dell’emozione e creano pause, come tunnel da percorrere in tempi lunghi, per rianimare la pazienza dell’osservazione, fino a scoprire che il tempo dell’osservazione dell’arte è essa stessa un’arte.
È
un primo tentativo, una piccola nota. Un graffito, un bacillo di un nuovo ed antico virus che sentiamo benefico e salutare, comunque necessario, e che vogliamo diffondere, instillare, contaminare e rovinosamente gettarti addosso. Con la furia della dolcezza, con la sapienza della semplicità, con il fuoco del mare.
Opere sparse, icone, grandi e piccole tele, finiti e non finiti, pietre, rocce e tracce di passaggi di poesia. Legno. In questo grande spazio strappato all’abbandono, all’incuria, al vento della sera. Strappato a morsi e per necessità. Per desiderio e destino. Tra le parole degli uomini e l’urlo della strada. Tra il sospetto e la curiosità. Tra il trovare e il non ritrovarsi. In fondo al viale dove vedrete muri di ceramiche e graffiti. Una piccola porta, un vetro, una finestra ricostruita e nessun ancora riscaldamento.
Arte che nasce nel vento e che chiude spifferi e riaccende lucernari. Fomenta un nuovo ordine e abbandona un antico disordine.
Arte che incontri se passi, se guardi, se cerchi.
Arte che viene da te. Che si sposta e poi dimora e persiste. Arte che taglia i corpi e si sparpaglia per terra, come polvere, come lentiggini, come sassolini di pietra per il ritorno del nostro cammino.
Arte che torna dopo un lungo andare. Uomini, artisti che sanno dove mettere le mani. E che dunque sanno e vogliono insegnare.
Un laboratorio, Virus art, che custodisce antiche ricette e come le processioni dei santi passa per credere o non credere. Per ballare e ristare. Fermi. E invero mobili. Antichi eppure modernissimi.
(Jonathan Giustini come amico, curatore e scrittore li affianca in questo viaggio leggero)