L’Associazione Memoria ‘900 a lavoro sulle “storie da una città che non si arrese”
Nuovo grande progetto per l’Associazione Culturale Memoria ‘900, che si è aggiudicata la vittoria di un bando regionale grazie al progetto “Storie da una città che non si arrese”. Con questo percorso di studio, ricerca, pubblicazione e divulgazione l’associazione presieduta da Emanuela Treggiari andrà a colmare un vuoto nella narrazione della storia locale, sempre in relazione alle vicende nazionali: far luce sulle vite di molti cittadini di Velletri perseguitati per le loro posizioni contrarie al Regime. Il progetto, suddiviso in più parti, si rivolgerà ai giovani e alle scuole e intersecherà ancora una volta le storie veliterne con quelle italiane e internazionali a partire dalle fonti dirette, cioè i documenti rinvenuti nel Casellario Politico Centrale.
Emanuela Treggiari, l’Associazione Memoria ’900 è vincitrice di un bando per la memoria storica di una città che non si arrese. Come si compone il progetto?
Il progetto parte da una ricerca di archivio condotta da Antonietta Lucchetti, appassionata studiosa della storia locale. Dal Casellario Politico Centrale sono emerse storie di cittadini di Velletri, che subirono persecuzioni durante il ventennio per le loro posizioni contrarie al regime. Il materiale documentale offre la possibilità di risalire, tramite le vicende individuali e familiari, al contesto politico nazionale e cittadino, colmando cosi un vuoto nella narrazione della storia locale che non era stato indagato sino ad ora.
Quali sono le iniziative che intendete mettere in campo per realizzare il progetto?
La pubblicazione di un testo che raccoglie le schede segnaletiche e descrive le storie di sovversivi e antifascisti, accompagnata da presentazioni del lavoro presso le scuole, oltre a convegni e attività di comunicazione mirata per sensibilizzare la cittadinanza e non solo sul tema.
Che fasi operative sono state approntate per espletare tutti i punti della proposta progettuale?
Le fasi operative sono state definite nel progetto: dalla ricerca alla sistemazione del materiale, alla comunicazione e divulgazione dello stesso, partendo proprio dalle scuole.
Perché “storie da una città che non si arrese”?
Storie da una città che non si arrese perché si tratta di storie semplici di persone comuni, contadini, artigiani, cavapietre, tutti padri di famiglia che esprimevano il loro dissenso nelle forme più immediate, non sempre canalizzate attraverso organizzazioni politiche. E tuttavia dimostravano una sofferenza ed una volontà di non tacere e non assecondare. Sono queste storie che completano la narrazione di una comunità e ne definiscono il clima politico.
Da veliterna e profonda conoscitrice della storia, cosa ti ha colpito delle vicende che stanno emergendo dalla ricerca?
Mi colpisce l’esigenza espressa da questi uomini di condividere in modo diretto e a volte ingenuo, la sofferenza per le proprie condizioni di vita e l’insofferenza verso il regime. Se ne parlava nelle osterie, luogo di incontro usuale di lavoratori che si riunivano a fine giornata per allentare le tensioni della fatica e della povertà e questo costò a molti l’arresto ed il confino. Ci sono poi storie di coloro che pensarono a forme organizzate di opposizione al regime attraverso l’adesione ai partiti politici antifascisti e concorsero alla creazione di una rete di collegamenti nei Castelli Romani. Altrettanto interessanti e piene di fascino sono le storie dei fuoriusciti che ebbero contatti con organizzazioni antifasciste fuori dell’Italia.
Coinvolgerete i giovani e gli studenti? Se sì, in che modo?
Coinvolgere i giovani è il nostro primo obiettivo. Con la presentazione del lavoro nelle scuole cercheremo di far conoscere meglio la storia della nostra città, nelle parti meno note ma soprattutto vorremmo far appassionare i giovani alla ricerca storia, offrendo loro un metodo di ricerca.