IL MARCHESE E IL CARBONARO,
IL FASCINO DELLA NOBILTÀ E LA VERACITÀ DEL POPOLO.
UN RISTORANTE COSMOPOLITA CHE FONDE L’ELEGANZA E LA BELLEZZA
DEGLI INTERNI CON IL GUSTO TRAVOLGENTE DEI SUOI PIATTI,
LA RICERCA SUL TERRITORIO DEI PRODOTTI, IL LAVORO ARTIGIANALE IN CUCINA.
IL MARCHESE
Via di Ripetta, 162 – Roma
www.ilmarcheseroma.it
Il Marchese è un luogo senza tempo in cui si concentra tutto il bello di Roma: il sole, il gusto, la tradizione e il design si fondono per dar vita a un ristorante unico e inimitabile.
Nato dalla creatività e dalla determinazione di due amici imprenditori, Davide Solari e Lorenzo Renzi, il Marchese è un ristorante cosmopolita ma fortemente radicato nella città e la sua anima si sdoppia tra la raffinatezza della nobiltà e la veracità del popolo. Un’anima solare, luminosa, sincera, vitale.
Il Marchese è veracemente romano – prende il nome da quel marchese del Grillo simbolo dello spirito inimitabile della città – e quindi elegante, vero nobile ma sempre incline all’ironia, amante delle ricette di tradizione, ma anche facilmente comprensibile da chi proviene da diverse culture per la palpabile eleganza, la bellezza degli interni, il gusto travolgente dei suoi piatti. Fa da contraltare il Carbonaro, il popolano dell’epoca, cui è ispirata la ricerca sul territorio dei prodotti, il lavoro artigianale in cucina, lo spirito semplice.
Posto alla fine di via Ripetta, si arriva qui passeggiando lungo il Tevere fino all’Ara Pacis, tra l’azzurro del cielo e il dorato dei platani, volgendo verso il centro ed entrando nel cuore delle strade della Roma papalina.
La casa nobiliare de Il Marchese si palesa al viandante con le sue ampie porte, spesso spalancate e, una volta entrati, comincia il viaggio. Qui, lo spettacolo della cucina e della artigianalità dei sapori e degli ingredienti, è il vero protagonista e, attraverso le grandi vetrate, viene mostrato in tutta la sua semplicità agli avventori. Al tramonto si unisce il racconto della mixology, avvolgendoli in tante piccole fascinazioni.
Nei saloni finemente arredati della sua casa, ogni giorno da mezzogiorno a tarda notte viene accolto l’ospite, che sia romano o newyorchese, asiatico o sudamericano. I romani lo scelgono perché qui ritrovano la parte più genuina e vera della loro anima, tra i piatti di tradizione rinnovata e il legame con la terra, che è mantenuto saldo grazie al mercato e all’artigianato localizzato nella zona nel ristorante dedicata al carbonaro.
Coloro che arrivano da lontano ne sono attratti perché qui ritrovano quella bellezza di una città a lungo vagheggiata e sognata, che prende vita e, senza orpelli inutili, seduce e conquista. Non ci sono orari per mangiare o per bere: ogni momento è buono per deliziarsi con le polpette di bollito fritte, un’amatriciana, un galletto farcito, per fermarsi al fresco del ponentino e mangiare un piatto di spaghetti al pomodoro.
Niente maschere, niente apparenze, nessuna sofisticazione: Daniele Roppo è un cuoco, non uno chef di ispirazione francese, ma un uomo che orgogliosamente si sporca le mani cucinando come le nostre nonne, per non dimenticare mai, anzi continuando a sviluppare con nuovi piatti, la profondità della cultura gastronomica italiana. Daniele ama stupire, infatti, non per complesse ricette, ma con la forza del prodotto e con la pulizia del sapore, affidandosi a piccoli produttori del territorio.
Il Marchese è un progetto realizzato con un pizzico di follia, tanta costanza e tanta creatività. Il primo passo di un lungo percorso a cui Davide e Lorenzo dedicano tutte le loro energie, per rendere ogni momento trascorso qui assolutamente unico.
IL NOME
Il nome de Il Marchese è liberamente ispirato al celebre film “Il Marchese del Grillo” di Alberto Sordi, con il desiderio di fondere insieme due anime molto diverse tra loro, per creare uno spazio unico. Quella del carbonaro, tipico popolano dell’epoca, appartenente al ceto povero della società e solito trascorrere il tempo nelle osterie dopo il lavoro, tra vino e cibo genuino, con i piatti della tradizione, semplici, dai sapori decisi preparati dalle massaie e quella del nobile, appartenente alla piccola realtà ricca in contrapposizione al popolo, che passava le sue giornate tra festeggiamenti nei salotti delle ville borghesi con lunghi e ricchi pranzi, sorseggiando grandi vini e liquori. Così da Il Marchese si trovano i piatti della tradizione realizzati con gli ingredienti migliori e la sofisticatezza di esclusivi cocktail.
LA PROPRIETÀ
Giovani imprenditori romani, Davide Solari e Lorenzo Renzi sono amici fin dalle scuole superiori. Portati per le pubbliche relazioni, hanno cominciato a lavorare insieme da ragazzi organizzando eventi e dimostrando un grande talento nel saper riunire attorno a loro le persone. E una volta partiti, sempre insieme, non si sono più fermati. Hanno lanciato l’Art Cafè nel 2001, curato l’ideazione e lo sviluppo dello stabilimento e locale di Fregene Ondanomala nel 2003 e creato l’innovativo ed esclusivo V Lounge a Ostia, nel 2009. Una sorta di Miami sul litorale laziale, con la quale hanno dato un nuovo appeal e impulso alle notti estive romane, recependo l’esigenza del bello nella capitale. Negli anni hanno provato spesso a immaginare un locale che accogliesse i sogni (e non solo) di chiunque vi entrasse. E una volta cominciata la ricerca dell’immobile, lo trovarono passeggiando su via di Ripetta, un ampio spazio dove immaginarono subito il Marchese.
Da qui è iniziato un percorso fatto di follia, fatica, responsabilità.
IL LOCALE
Il Marchese sorge al piano terra di uno splendido palazzo settecentesco. Appena varcato l’ingresso, l’atmosfera delle antiche corti dei palazzi borghesi appaga la vista degli ospiti, catturati dagli incantevoli giochi di luci. Il richiamo alle due anime del locale si legge attraverso la perfetta scelta dell’arredamento studiato da D Factory Architecture&Design + Noses Architects, che hanno saputo perfettamente interpretare quanto era nella mente di Davide e Lorenzo. Se da una parte troviamo tavoli e sedie in legno, pareti antichizzate e banconi in marmo, dall’altra possiamo scorgere i materiali nobili, caldi ed eleganti, gli stucchi sfarzosi, le piante verdi e i grandi lampadari in ottone. L’ambiente è reso particolare dall’imponente presenza del bancone bar con top in marmo di Carrara, con preziose decorazioni, circondato da sgabelli in legno e incorniciato da poltrone e divanetti color pastello. Il pavimento è stato realizzato con vecchie cementine a scacchi bianchi e neri. Al centro, il cuore pulsante del ristorante, la cucina a vista, sapientemente collegata al bancone bar da un’ampia vetrata.
IL CARBONARO IN CUCINA
L’anima del carbonaro lascia la sua impronta soprattutto in cucina, dove la ricerca di prodotto è prioritaria: come nelle vecchie osterie, si tratta direttamente con i produttori, spesso piccole realtà a conduzione familiare, scegliendo l’ingrediente migliore. Così ad esempio, il guanciale viene acquistato da Re Norcino, un produttore di Ascoli Piceno che ha vinto numerosi premi e che esiste da oltre 130 anni. Il pecorino lo fornisce Cibaria e racconta una storia di famiglia: prodotto in altura, è molto più dolce degli altri pecorini ma sempre saporito. Il baccalà viene pescato all’amo, cosa che lo preserva dagli ematomi tipici della pesca con la rete. I funghi porcini vengono forniti da un caro amico del cuoco Daniele, che ha un negozio di ortofrutta e che li seleziona personalmente dalle colline laziali. La lonza aromatizzata ai frutti di bosco proviene da una piccolissima realtà tra Lazio e Toscana, dove non usano la corrente elettrica e fanno le cose come una volta, con le candele, il fieno e la paglia. Polpo, gamberi e calamaretti sono di Santo Spirito. E ancora, la mozzarella di bufala affumicata è stata selezionata da una piccola realtà produttiva della zona di Latina.
IL CUOCO
Daniele Roppo, giovane cuoco romano, conosce i proprietari per un gioco del destino, essendo affittuario nella casa della mamma di uno dei due. Si avvicina alla cucina come autodidatta, sperimentando da solo fin da piccolo le varie reazioni che gli alimenti avevano tra loro e poi studiando i libri di Robuchon e di altri grandi cuochi italiani e francesi. Grande è stata la passione che lo ha spinto da sempre verso quest’arte: il legame con i nonni, lei romana e lui pugliese, ha sempre rappresentato una memoria storica e familiare determinante nella sua vita.
La sua famiglia raccontava e viveva il cibo in maniera genuina: “Ricordo che da piccolo – racconta Daniele – , a tavola mia nonna mi metteva davanti cervello e rognoni e mio nonno mi parlava del pesce e di come un buon prodotto non si veda solo dal costo ma soprattutto dal sapore. Il suo motto era: assaggia tutto ciò che credi valga la pena provare”.
I suoi studi sono di tutt’altra natura e lo vedono impegnato tra testi di economia e partite di rugby, fin quando decide di cambiare strada e fare della cucina la sua professione. Così comincia a lavorare in osterie di amici di famiglia e poi frequenta la scuola “A tavola con lo chef”. Lavora poi al Caffè Propaganda con Arcangelo Dandini e comincia a seguirlo in ogni suo evento, lavorando anche nei giorni liberi. La sua tappa successiva è Stazione di Posta con Marco Martini. Partecipa all’apertura e alla gestione iniziale di InOfficina a Pietralata. Poi arriva Il Marchese, per il quale gli viene chiesto di pensare a una cucina di tradizione ma con un impulso sempre innovativo. Qui, nelle sue preparazioni, può esprimere le sue radici e il suo passato da rugbista: il gioco di squadra è alla base della sua brigata.
“uniti si prova, si sbaglia, si sperimenta e infine si costruisce”, afferma convinto Daniele.
IL MENÙ
Il menù parla di una cucina tradizionale, prevalentemente romana, preparata da un Cuoco così come era una volta. Nella carta troviamo, tra gli antipasti, la crocchetta di bollito con la salsa verde, piatto romano e “ricetta di mia nonna – racconta Daniele Roppo – nella quale faccio bollire e stracuocere il campanello e la punta di petto di manzo insieme a qualche spezia ed erba aromatica. È un piatto semplice fatto con tagli di carne poveri, dei quali mantengo anche l’acqua di cottura per ammorbidire la crocchetta. La salsa verde che accosto è quella classica che unisco a una maionese fatta in casa”.
Sempre tra i piatti romani il baccalà, in versione “crocchetta” mantecato alla catalana, secondo una ricetta tramandata da un amico spagnolo del cuoco con un roux classico, molto delicato con latte e patata, panata con pangrattato e panko, accompagnata da una crema di ceci al rosmarino. Si prosegue con la “tartare di fassona” con battuto di capperi e pomodori secchi, un piatto con grande sapidità che richiama il nostro territorio poiché le vecchie mura di Roma sono piene di bellissime piante di capperi che crescono spontanee. Sopra la tartare, una sfera con albume e parmigiano che ci riporta alla carbonara. Diversa ma ugualmente buona è la battuta di salmone, piatto fresco e leggero con topinambur e mela verde.
Nel menù vengono inseriti ogni settimana dei primi romani, come la pajata in bianco o con mentuccia e pecorino, pasta e fagioli, pasta e ceci con baccalà o ancora broccoli e arzilla. Piatti semplici che ci riportano alla tradizione delle osterie romane di un tempo.
Tra i primi in carta c’è lo gnocco di farina e pane con un sugo di cinghiale, lo gnocco romano con un recupero del pane, uno dei prodotti alla base della piramide alimentare.
Tra i secondi il “filetto come i saltimbocca”, un filetto di vitello con salvia e prosciutto come vuole la ricetta dei saltimbocca alla romana, cottura lenta e poi saltato con il fondo bruno (preparazione di tre giorni) e il vino. Poi il “galletto alla cacciatora”, intero, disossato e riempito con olive taggiasche e rosmarino, cotto a bassa temperatura per due ore e poi saltato a fuoco vivo per dare la croccantezza alla pelle. Viene poi sfumato con un fondo di aceto e vino bianco, olive, rosmarino e alici.
Immancabili le “polpette” con un sugo di sedano, carota e cipolla, tagliati al coltello per un sapore più rustico su cui viene posata una nuvola di parmigiano stagionato 30 mesi. “La polpetta – racconta Daniele – mi piace molto morbida: preparo un impasto con 300 grammi di pane per un kg di carne”.
Il “calamaro scottato in padella” è un altro piatto da provare: viene arricciato, bardato con lardo di colonnata e servito con crema di broccolo romanesco e salsa di cipolla rossa caramellata. Per gli amanti della carne, si trova in carta la tagliata di manzo con sale al vino rosso e rosmarino. Un piatto che rimanda alla tradizione è anche la “guancia di manzo” brasata, accompagnata con una purea di sedano rapa e cavolo nero ripassato.
Tra i dolci, tutti fatti in casa, un classico della pasticceria italiana, il tiramisù, che troviamo in versione classica e al pistacchio. Altro dolce di tradizione romana, le “tartellette” di ricotta di bufala campana mantecata e marmellata di visciole con la ricotta fresca ogni giorno. E per finire, una rivisitazione della banana split preparata con bignè di pasta choux e un biscotto di banana ghiacciata, cioccolato bianco e cioccolato amaro.
IL COCKTAIL BAR
L’amaro e cocktail bar de Il Marchese è un omaggio all’eleganza dell’aristocrazia francese dell’Ottocento, dove trovano spazio stucchi preziosi, carte da parati e velluti.
I cocktail che troviamo sono ideali per un dopocena o come aperitivo. Ogni signature è creato con una grande selezione di ingredienti pregiati miscelati con maestria, texture diverse, composizioni straordinarie e differenti tra loro. Alla guida del cocktail bar c’è Desire Verdecchia, barlady che si affaccia a questo mestiere giovanissima, lavorando in grandi locali come il Salotto 42 – dove ricopre vari ruoli fino a diventare direttore a soli 21 anni – e come il Caffè Propaganda, di cui è stata bar manager. Mamma e proprietaria di un suo cocktail bar ai Castelli Romani, conosce Davide e Lorenzo come cliente del Marchese e insieme decidono di cominciare una strada comune.
Il cocktail bar de Il Marchese offre una miscelazione classica e sperimentale allo stesso tempo con accostamenti che si sposano con la cucina, usando anche prodotti insoliti nei cocktail come alcune verdure, una miscelazione d’avanguardia basata sul gusto. Desire ama definirsi un “capitano in disparte” che sceglie talenti e tira fuori il meglio da ogni ragazzo del bar, facendo emergere in ognuno la sua migliore attitudine per creare una squadra armonica. Il menù dei cocktail è interattivo e con qualche effetto speciale e stimola il cliente a giocare con i barman: ad esempio con ingredienti “particolari” che lui stesso proverà nel suo cocktail, rimanendo sorpreso.
Ogni cocktail, infatti, non è solo alchimia ma un’esperienza, sempre diversa, un gioco di gusti che vuole far vivere un’emozione consapevole, stimolando il palato e la mente. La percezione non viene alterata con un alto grado alcolico ma piuttosto vengono proposti cocktail “low abv” (a basso contenuto di alcol) con un grande sapore. Tutti i drink sono senza proteine animali all’interno, quindi non c’è il classico albume d’uovo ma un’acquafaba di ceci che ha lo stesso potere emulsionante; non ci sono latti vaccini ma solo vegetali come mandorla, cocco o avena. Inoltre si cerca di fare un uso limitato della plastica, per avere un minor impatto ambientale. Grande importanza viene data all’ideazione e alla preparazione stessa di ciò che comporrà un cocktail come cordiali, sciroppi, infusioni, fake lime, tutti preparati in casa: ci vuole tanto tempo per arrivare a costruire un cocktail di grande gusto e poterlo offrire al cliente nel minor tempo possibile.
Uno dei cocktail in carta, il “Battito d’Ali” è composto da tre soli ingredienti, due miscelati dal barman e uno aggiunto dal cliente per un effetto “wow!”. Troviamo poi drink con fermentato di ananas fatto in casa o un cordiale con la pastinaca e la lavanda, che ricorda il sapore di carota; un preparato con more, funghi e pompelmi lavorati con tecniche di cucina arrostendoli sui carboni per affumicarne la polpa. Miscelazioni che sembrano agli occhi e al naso diversi da come si prospettano al gusto: un gioco di sorprese svelate, basi semplici utilizzate con grande tecnica e creatività.
Il Marchese è il primo Amaro Bar in Europa e offre una carta con più di seicento etichette, italiane ed estere, dalle più blasonate e raffinate, quelle di nicchia e quelle vintage, piccolissime produzioni che valorizzano il nostro territorio.