Con canzoni rigorosamente eseguite dal vivo (Back to black, Rehab, You know I’m no good, Just friends, Love is a losing game e molte altre), lo spettacolo ripercorre le tappe umane e musicali più significative di Amy Winehouse, incredibile voce e straordinario talento. Un talento fragile, votato purtroppo all’autodistruzione. Un desiderio di auto annientamento che risulta davvero incomprensibile se paragonato all’unicità della sua vocalità, al genio compositivo di questa vera artista così profondamente innamorata della musica.
Un appartamento a Londra. Penombra. Divani, piante, chitarre, libri. Nel buio una telefonata: è un risveglio elettrizzante. Una notizia incredibile e sorprendente accende la giornata della diva di una luce nuova. Dopo anni d’inferno forse la sua esistenza può ricominciare. Amy è eccitata come una bambina. Chiama tutte le persone che ancora le sono vicine per condividere la grande novità. Per mantenere l’ordine nel caos del piccolo appartamento interviene più volte la sua efficientissima guardia del corpo, Andrew Morris, l’unico di cui Amy si fidi in quegli anni fragili e tormentati. Alla fine di questa giornata pazza ed eccitante, Andrew manda tutti fuori di casa. Da mesi mette a letto Amy, si assicura che mangi, è diventato come un fratello per lei e, come un fratello, si preoccupa che la ragazza resti viva. Andrew lascia Amy per la notte. Sembra serena, in pace. Non si risveglierà mai più. La più grande voce soul del terzo millennio si è spenta per sempre.
“Amy odiava essere famosa. Non accettava la fama, che era come una prigione. Cercava di sottrarsi a tutto quello che la fama comportava. Desiderava di trovare un modo di fuggire. Nella vita conta solo essere felici e l’amore. Più di ogni altra cosa voleva una famiglia, essere moglie e volere figli. Tutto quello che desiderava era la normalità”. (Tyler James) |