Al teatro di documenti dall’11 al 14 ottobre 2018 il debutto nazionale di “per Giulia” di Dacia Maraini, con Sara Pallini, regia di Iolanda Salvato, musiche originali di Federica Clementi
A quasi dieci anni dal terremoto dell’aquila Sara Pallini racconta la storia di Giulia Carnevale, giovane studentessa di ingegneria edile architettura
Caduta fra le macerie del sisma
Debutta al Teatro di Documenti di Roma l’11 ottobre, e sarà in scena fino a domenica 14, il testo di Dacia Maraini “Per Giulia”, interpretato da Sara Pallini, per la regia di Iolanda Salvato, musiche originali di Federica Clementi.
A quasi dieci anni dal terremoto dell’Aquila, “Per Giulia”, un testo forte, di grande impatto emotivo, racconta la storia della ventiquattrenne Giulia Carnevale, brillante studentessa di Ingegneria Edile Architettura, originaria di Arpino, caduta fra le macerie del sisma, che incarna il mondo di tutti gli studenti e delle loro famiglie a cui è stato negato un futuro.
Scritto da Dacia Maraini per volontà dei genitori della ragazza cui è stato intitolato, tenendo presente sia i dettagli più storico-civili della tragedia, sia gli aspetti più intimi della persona di Giulia, il testo rimane un inno alla vita e alle possibilità infinite che questa ci riserva. Per un puro caso del destino infatti, il computer di Giulia, con all’interno i suoi bozzetti per la progettazione di una scuola materna a forma di libro, fu ritrovato, e successivamente è stata realizzata una originale struttura per ospitare i bambini dell’asilo di Onna, proprio come ideato da Giulia, un fatto eccezionale che incarna un messaggio di speranza e di continuità oltre la vita terrena.
“Una giovane studentessa di Ingegneria Edile Architettura all’università dell’Aquila, – afferma Sara Pallini che interpreta il ruolo di Giulia e di tutti gli altri personaggi in scena – con i suoi sogni, i suoi credo, la convinzione che la conoscenza, la curiosità della ricerca ed il coraggio diano la possibilità di cambiare le cose. Diversi personaggi nel testo raccontano Giulia, in una alternanza continua fra discorso diretto e discorso indiretto tra la madre, le amiche, i professori e Giulia stessa. Questo testo racconta la tragica vicenda del terremoto dell’Aquila e denuncia la negligenza delle Autorità deputate, la superficialità con cui non è stato considerato un possibile piano di evacuazione, facendoci spettatori di una drammatica realtà: l’impotenza dell’uomo verso forze superiori. Tuttavia, in questo dialogo fra vivi e morti, non prevalgono mai i toni mesti, cupi, al contrario affiorano a sprazzi dalle macerie la vitalità e la sublimazione di chi cerca un contatto al di là dei corpi, un dialogo oltre il concreto tangibile pertinente all’umano, ruolo peraltro primario del teatro fin dalle sue origini, quando la tragedia greca fungeva da catarsi per il pubblico. La notte del 6 Aprile del 2009, per un puro caso del destino, Giulia scelse di lasciare in macchina il computer, con all’interno i suoi bozzetti per la progettazione di una scuola materna a forma di libro. Il computer, salvatosi dal crollo degli edifici, fu ritrovato e successivamente è stata realizzata questa originale struttura per ospitare i bambini dell’asilo di Onna, proprio come ideato da Giulia: un fatto eccezionale, che incarna la speranza di una continuità oltre la vita terrena. Sebbene non si possa combattere la morte, la si può vincere… come un seme di piume leggere”.
“Da sempre l’arte cerca di avere un ruolo anche sociale – sostiene la regista Iolanda Salvato – ci sono esigenze e contingenze dalle quali un artista non riesce a prescindere, come se la sua fosse una sorta di missione, un’agenda per tenere attivo il ricordo di quello
che è successo ed il perché è successo, come viatico per i posteri, affinché le cose evitabili non accadano più. Quando Sara Pallini mi ha proposto di fare questo testo mi sono chiesta, come faccio sempre, perché? A chi potrebbe interessare? Poi le risposte son venute da sé e saranno quelle che metteremo in scena. Una scena fatta di corpo e segni, un lavoro che partirà dalla terra fino alle nuvole, così come il Teatro Nō giapponese al quale ci ispiriamo, in cui lo spazio scenico viene considerato un luogo-non luogo intermedio, dove si incontrano il mondo divino e quello umano, dove gli spiriti comunicano con i vivi con molta confidenza e naturalezza e dove gli attori recitano col corpo e la voce in movimenti stilizzati, essenziali, guidati dalla musica. Fondamentale in questa messa in scena l’unicum che si viene a creare fra la recitazione e la musica, che non accompagna ma segue, insegue e dà corpo nuovo al testo, parola dopo parola”.