La mostra Radici di Benedetto Pietromarchi, ospitata presso gli spazi del Museo Carlo Bilotti e a cura di Paolo Falcone, fa parte del progetto Back to Nature. Arte contemporanea a Villa Borghese a cura di Costantino D’Orazio,
L’artista per l’occasione ha realizzato un corpus di nuove opere, in cui la relazione tra arte e natura rappresenta il tema centrale dell’intera produzione. Nella costruzione delle sue opere, infatti, l’artista fa dialogare materiali nobili quali la ceramica, il bronzo, il ferro con materiali prelevati dalla natura, fornendo nuove soluzioni visive. Questo costrutto compositivo rappresenta la matrice lessicale della mostra per il Museo Carlo Bilotti, dove l’artista ha realizzato appositamente un ciclo di opere, tra sculture, grandi dipinti e una serie di disegni.
La terra, le forme di vita animali e vegetali – testimoni silenziosi dei fenomeni naturali e della storia dell’uomo – sono al centro della poetica di Benedetto Pietromarchi, che si concentra sulla relazione tra natura e artificio, biologia e costruzione, e su come queste nozioni sono percepite nell’ambito del nostro sistema culturale e del nostro vissuto. Per il Museo Carlo Bilotti, l’artista ha concepito un progetto che tiene conto della sua ubicazione, del suo rapporto col parco di Villa Borghese e con la sua popolazione arborea.
In mostra anche tre grandi installazioni ambientali, realizzate a partire dalle radici divelte di alcuni alberi: un ulivo, una quercia e un cipresso – quest’ultimo recuperato proprio a Villa Borghese. Su questa sorta di monumento alla forza violenta della natura, e al timore e rispetto che essa deve incutere, Pietromarchi interviene costruendo la narrazione di una potenzialità. Sul legno apparentemente inerte si innestano fiori di cardo in piombo e setola, modellati dall’artista, che sceglie una pianta particolarmente resistente e stoica, simbolo di una rinascita possibile.
Come spiega Paolo Falcone, curatore della mostra “Le composizioni di Pietromarchi conducono verso un linguaggio dove l’opera d’arte, nella sua formulazione semantica e nella classicità della costruzione, si trasforma in mezzo di espressione e formulario di un nuovo alfabeto visivo. Le opere di Pietromarchi indagano spesso gli effetti dell’ambiente geografico, della sua trasformazione, le quali sono tradotte, attraverso composizioni spaziali, in opere che riflettono sul territorio sul quale interagisce. Nella costruzione delle sue opere l’artista fa dialogare materiali nobili quali la ceramica, il bronzo, il ferro con materiali prelevati dalla natura, fornendo nuove soluzioni visive”.
La mostra, promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, con i servizi museali a cura di Zètema Progetto Cultura e con il sostegno della Fondazione Falcone per le Arti e le Culture di Palermo, resterà aperta fino al 13 dicembre ed è la prima grande personale dell’artista a Roma all’interno di un museo.
Benedetto Pietromarchi (Roma, 1972) studia scultura classica all’Accademia di Carrara, dove acquisisce una profonda conoscenza dei materiali e delle tecniche. Ha al suo attivo importanti collaborazioni con grandi artisti internazionali, in particolare con Niki de Saint Phalle e Jean Tinguely, che ne indirizzano la crescita verso direzioni nelle quali l’opera d’arte interagisce e dialoga con elementi che compongono la nostra realtà. Scultore di formazione classica ma con una visione innovativa, Benedetto Pietromarchi ha trascorso gran parte della sua carriera nel Regno Unito. Dopo una lunga residenza a Berlino, si trasferisce a Pescia Fiorentina da cui inizia un ciclo di opere dedicate alle sue origini ed al suo territorio.