Una mostra, o meglio un grande album nel quale calarsi dal vivo, nel foyer, in platea e sul palco del teatro dal 20 settembre al 4 novembre. Un percorso visivo lungo i sessant’anni della sua carriera teatrale, testimoniato da immagini di preziosi spettacoli, allestimenti pittorici, guardaroba da storia dell’arte
PAOLO POLI è…
mostra multimediale su Paolo Poli
a cura di Rodolfo di Giammarco e Andrea Farri
Il genio, la storia e l’arte di Paolo Poli in mostra al Teatro Valle dal 20 settembre al 4 novembre. Un percorso visivo lungo oltre sessant’anni di carriera teatrale dell’artista testimoniato dalla grande quantità di foto di scena (più di 600), video inediti, bozzetti, costumi, scenografie, attraverso la mostra multimediale PAOLO POLI è… curata dal critico teatrale Rodolfo di Giammarco e dal compositore Andrea Farri, nipote di Poli.
Una mostra-album, e non semplicemente una “mostra”, nella quale calarsi dal vivo e che consente ai visitatori di sfogliare le pagine di vita dell’amato Poli attraverso 40 monitor allestiti nei palchi e in platea; uno per ogni spettacolo che ha realizzato (dal 1950 al 2014), in una carrellata storica che copre 64 anni di progetti e attività teatrale. Sostando davanti a ogni monitor il pubblico può ascoltare in cuffia la voce di Poli che tra interviste, canzoni ed estratti teatrali ci conduce per mano per tutto il percorso. Sugli schermi scorrono loop di immagini, fotografie, video, bozzetti di scene di Eugenio Guglielminetti, Aldo Buti, Lele Luzzati; bozzetti di costumi di Santuzza Calì, Anna Anni, Danda Ortona; locandine e poster. Le scenografie realizzate da Lele Luzzati (da La leggenda di San Gregorio e Caterina de Medici) sono collocate sul palcoscenico, mentre i costumi di Santuzza Calì sono sparsi per tutto il teatro, con una concentrazione (da I legami pericolosi) sul palcoscenico. Infine nel foyer il pubblico può leggere su un video wall i 568 appellativi con cui la stampa nell’arco di più di mezzo secolo ha descritto Poli (da “acrobatico” a “zitellesco”), tutt’ora a rappresentare le facce multiformi del suo essere artista.
Una mostra che si sfoglia come un album per raccontare la storia e l’arte di un uomo libero, un anticonformista, un intellettuale dall’ironia beffarda, tagliente, stimolante, che ha perseguito la propria libertà d’espressione e di critica. Quello che si “vede” in mostra è dunque un Paolo Poli a tutto tondo, una visione eccezionale del percorso artistico di un “attore, regista, trasformista, scrittore, beffardo, aristocratico, birbaccione, dissacratore, eclettico, iconoclasta, impudico, insolente, narcisista, raffinato, satirico, ridondante” e tanto altro ancora tra le sfaccettature del suo genio multiforme, che ha lasciato un segno profondo della sua intelligenza e del suo spirito critico e pungente sia nella storia del nostro teatro che della tv.
Il Valle è stato il teatro di Poli a Roma, quello in cui ha portato la maggior parte dei suoi più grandi successi. Restituirlo virtualmente in mano a Poli è un omaggio che il Teatro di Roma e l’Amministrazione capitolina rendono alla Città e a uno dei più importanti attori teatrali del ‘900.
La mostra si inserisce nel programma di attività Interludio Valle curato dal Teatro di Roma e promossa all’Amministrazione Capitolina che animerà gli spazi del Valle. Si tratta di un “palinsesto” di attività, diversificate per linguaggi e discipline, che non prevede lo svolgimento di spettacoli teatrali, ma naviga attraverso differenti espressioni artistiche ed esperienze innovative dedicate alla storia della sala settecentesca – da installazioni a visite speciali, da mostre a creazioni site-specific – che consentiranno di svolgere attività nel rispetto dei limiti imposti dalle attuali condizioni e caratteristiche storiche dello stabile.
La mostra, con preview il 19 settembre, apre al pubblico dal 20 settembre al 4 novembre, ad ingresso libero, da giovedì a sabato dalle ore 17 alle ore 20, e domenica dalle ore 11 alle ore 18.
estratto dalla Presentazione di Rodolfo di Giammarco
Non c’è metafisica o biologia muliebre, in Poli, anche se si è spogliato più di Rita Renoir, ha posato più di Greta Garbo, è caduto in estasi più di Rita da Cascia, ha suscitato brividi più di Carolina Invernizio, s’è trasformato più di Amanda Lear, ha sorriso più di Wanda Osiris, e ha sgambettato più di una Ziegfeld Gender a parte, non è mai stato zitto, in perenne equilibrio tra noi-siam-come-le-lucciole e gli incunaboli, i libelli, gli almanacchi, le storiche avanguardie letterarie, le abiette retroguardie virtuose, le criminalità dei sentimenti, gli spacci dei paradossi, le demagogie del kitsch, i cascami della maniera, i labirinti della sintassi, le bellurie romanzesche, le enigmistiche retoriche, gli ectoplasmi poetici. Sì, l’inventario patrimoniale della cultura di PP sarebbe infinito, ma dove mettere anche i suoi fascini difformi senza parole, le sue seduzioni fisiognomicamente compulsive, fantasistiche, camp, estatiche, profanatrici? […] La cosa che rischiamo di sottovalutare in PP, nella sua iperlaboriosa biografia, è il pragmatismo, l’opposto della cerebralità, e la vocazione che ne è stata testimonianza impeccabile è stata la sua perfetta vena di capocomico di compagnia, dote antica, istinto imprenditoriale che il nostro concentrava energicamente (ed efficacemente) accanto al suo istinto di cerca-autori e cerca-testi. […] Non può non aprirsi il capitolo prezioso, umano e privilegiato del rapporto raro, ma anche intimo e naturale, con un maestro pittore forgiatore di impianti fantasiosi e fantastici come Lele Luzzati, che arrivò a regalare i suoi giganteschi e tematici fondali a Poli. Il PP logorroico, magnetizzante pubblici, artefice di un fenomeno della ribalta e della mimetica cultural-epidermica, il PP che Alberto Arbasino aveva identificato, accostandolo a Carmelo Bene, come uno di cui s’era giovato la ripresa del teatro italiano, il PP padroneggiante lessici e arditezze, atletismi polifonici, sberleffi sessuali, coreografie febbrili, astrazioni travestite, contagi comici, ingordigie spudorate, dissacrazioni clamorose, eresie da camera, satire etiche e blitz scioccanti, questo PP a contatto ininterrottamente con generazioni, masse, soggetti colti, spettatori semplici, radicali, tradizionalisti e quant’altro dell’umana specie, è stato soprattutto, per sua scelta, un uomo solo, un teatrante incline alla solitudine eccezion fatta per i sodalizi con la sorella Lucia, votato a una quasi monastica esistenza che d’altra parte favoriva il disbrigo di tanti compiti, letture, approfondimenti, escursioni. E quindi al Poli sfacciatamente ‘spretato’ nella cognizione generale di tutti ha sempre corrisposto un Poli frugale, riservato, habitué. E non ha mai alimentato, il nostro, un’aura modaiola, un sapere per adepti, un sovversivismo fine a se stesso. Perché allora non dedicargli un album di reperti illustri, di rewind che ce lo restituiscano, di immagini folgoranti, di audio di piacevolezza imbarazzante, di video dinamici e metamorfici, di letterature-lampo, di 586 aggettivazioni che l’hanno riguardato?
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