MAURIZIO DONADONI – CINZIA MACCAGNAGNO
GLI ARGONAUTI/ Giasone e Medea
di Apollo Rodio, Franz Grillparzer, Euripide,
regia e coreografia AURELIO GATTI
La nave salpa‚ salutata da un’immensa folla. Mentre si allontana dalla spiaggia, Orfeo leva in alto il suo canto‚ accompagnando il ritmo dei remi che tagliano le onde azzurre del mare… E quando la polvere e il fumo cominciano a diradarsi‚ scarmigliato e lucido di sudore appare Giasone. Guida con fermezza le belve‚ che trascinano l’aratro d’acciaio. Gli animali arano la terra‚ mentre l’eroe sparge nei solchi i denti di drago che Eeta gli aveva consegnato. Col sorgere della luna‚ nel campo arato‚ si delineano delle forme che diventano sempre più grandi e più chiare, sono un esercito immane di guerrieri che viene fuori dal terreno. Giasone‚ seguendo ancora una volta il consiglio di Medea‚ scaglia nel mezzo di questi strani e misteriosi esseri un grosso sasso… Quando finalmente la nave Argo approda sulle coste elleniche gli Argonauti si rendono conto che al termine di quell’avventura non portano con sé solo il prezioso e magico vello d’oro‚ ma ognuno ha acquisito doni più’ grandi, come la coscienza dell’essere e la conoscenza dell’ignoto. Le avventure e le continue peripezie li hanno forzatamente coinvolti in situazioni imprevedibili‚ proiettandoli in mondi sconosciuti e a contatto con civiltà’ ignote‚ dai costumi e dalle idee spesso diverse‚ se non addirittura opposte alle loro.
Ed è qui‚ nell’accettare di mettere in discussione le proprie certezze che si rivela la vera‚ straordinaria spregiudicata intelligenza degli Argonauti e in genere di tutti i “navigatori” che decidono di uscire dalla rotta stabilita dalla convenienza e dalle consuetudini per rischiare di perdersi‚ buttando a mare le proprie convinzioni ormai ben ancorate nel calmo golfo dell’inamovibile buonsenso.
In realtà‚ il loro è un viaggio onirico‚ visionario‚ tramite il quale raggiungeranno il fondo della loro anima‚ quel luogo remoto e inviolato dove appare la luce della coscienza‚ della consapevolezza.
Un viaggio di iniziazione per danza‚ teatro e music
venerdì 25 luglio
ROSSELLA BRESCIA – VANESSA GRAVINA
CARMEN MEDEA CASSANDRA/Il processo
regia e coreografie
LUCIANO CANNITO
drammaturgia a cura di
PAOLO FALLAI
Solo la parola “storia” è femminile. La sua natura, gran parte della letteratura, i caratteri che trasmette, sono stati declinati dagli uomini che hanno imposto il grigio di un pregiudizio di genere: agli uomini l’aggressività, la strategia, l’ambizione, la guerra e il comando. Alle figure femminili l’accoglienza, la maternità, la cura e la sottomissione. Ma neanche questa “storia” è riuscita a cancellare tre figure come Cassandra, Medea e Carmen. Figlie del mito, certo, ma capaci di rinnovarlo in ogni epoca con l’autenticità della passione, la totalità dei sentimenti, la furia devastante con cui li hanno difesi. Di fronte alla determinazione del loro amore e alla sciagurata lungimiranza dei loro occhi, i loro compagni-antagonisti maschili sembrano sfiorire, come i colori dominano il chiaroscuro, capaci solo di mezze passioni, sentimenti a tempo, formali coerenze e umilianti compromessi. Nessun canone riesce a comprendere queste tre figure di donna, capaci di infrangere ogni sacralità costruita intorno a loro. Così gli uomini di fronte a preveggenza, magia e passione possono solo degradarle a follia, stregoneria, istinto. E quando l’infinita ipocrisia non riesce a comprenderle e ricondurle ad un rassicurante conformismo, la morte si rivela l’unica soluzione. Cassandra, Medea e Carmen, finiscono uccise anche dai drammaturghi, come se un pensiero (maschile), dopo averle create, non potesse che distruggerle.
sabato 26 luglio
Comp. CASTALIA
LE NUVOLE di Aristofane
regia VINCENZO ZINGARO
Un tuffo nell’immaginario giocoso e infantile, nella distesa immensa di paesaggi assolati, nel bagliore caldo delle fiaccole notturne, nell’incanto di un mondo, dove tutto si dispone in un’ armonica composizione: è questa la sensazione che ho ricevuto da Aristofane quando mi immersi per la prima volta nella lettura de LE NUVOLE. Meteorismi e defecazioni, lazzi, percosse, scherzi osceni, come per magia si fondono, senza alcuna stonatura, nella delicatezza delle immagini poetiche con le quali il drammaturgo ci fa librare in volo. Anzi, sta proprio in questo il fascino delle sue creazioni, in quella inafferrabile ed eterogenea varietà di colori, tipica delle opere dei grandi geni, che nel sottrarsi a regole e classificazioni, raggiungono le più alte vette della comunicazione.
Aristofane ha un guizzo tutto suo: egli parte da una iniziale situazione di disagio di un personaggio o della collettività, cui fa seguire l’elaborazione di un piano bizzarro, che per rimediare a quel disagio, ricorre ai rimedi più stravaganti. Di lì una serie di gag scoppiettanti, affidate a una irresistibile carrellata di personaggi, quasi da Cartoon. E’ un mondo che trasmette gioia, freschezza, trasparenza, in cui l’osceno non è mai morboso e la profondità del messaggio passa attraverso i toni della leggerezza e della provocazione. E’ il caso de LE NUVOLE, dove l’autore, pur condannando l’arroganza intellettuale di Socrate (la cui immagine scenica non corrisponde certamente a quella reale del filosofo). E’ una grande lezione di libertà intellettuale, dove svetta sempre un sentimento di riconciliazione, di riappropriazione di una perduta semplicità. Ed è con semplicità che mi addentro nuovamente nel “pensatoio”, per imparare non a “imbrogliare” ma a capire di più e a gioire, insieme agli attori, della possibilità che mi è data. Diceva Hegel: “Chi non ha letto Aristofane non può capire cosa vuol dire la felicità”.
Sono trascorsi più di 2000 anni dalla prima rappresentazione de LE NUVOLE ed è impressionante quanto l’opera riesca a conservare intatta e attuale la forza del suo messaggio. L’attacco contro i sofisti, dipinti da Aristofane come cialtroni, dediti a contrabbandare idee senza senso, pericolosi, in quanto capaci di attrarre i giovani con l’abilità dialettica, allontanandoli dai valori veri, oggi potrebbe essere rivolto contro la degenerazione del sistema televisivo, che riesce ad imporre fenomeni e modelli spesso senza alcuna consistenza.