I tesori del borgo

Penna San Giovanni: Spettacolo di assoluta bellezza, tra arte e storia. Dove i paesaggi incantano lo sguardo spaziando dai Monti Sibillini al Mare Adriatico

Situata sul crinale tra la valle del Tennacola e quella del Salino, a circa 700 metri sul mare, Penna San Giovanni, deliziosa cittadina del Maceratese, dalla sua suggestiva posizione domina il territorio dalla catena dei Monti Sibillini alla costa Adriatica, vantando una straordinaria bellezza paesaggistica. Altrettanto interessanti sia dal punto di vista estetico che storico sono i monumenti e le opere d’arte presenti nel centro cittadino di Penna, ben conservato e concentrato all’interno dell’antica cortina muraria. Vi si possono ammirare chiese, resti di fortificazioni, ma anche il palazzo comunale ed il monastero: insomma sono molte le ricchezze artistiche, speciearchitettoniche, di questo suggestivo paese, tra l’altro località di notevole interesse per le acque salso – bromo – iodiche – solforose e per le caratteristiche paesistiche e climatiche. Penna San Giovanni fu patria del Beato Giovanni da Penna, seguace di San Francesco, ricordato nei “Fioretti”; dello storiografo Giovanni Colucci (sec. XVIII), autore della monumentale opera “Antichità picene”; del pittore Mario Nuzzi meglio conosciuto come Mario dè Fiori (sec. XVII). Sulla base di alcuni reperti archeologici, l’origine di questo “borgo” risalirebbe all’epoca romana. Il luogo fu fortificato in epoca medievale e fu residenza di signori locali. Nel 1259, al tempo dell’occupazione di Manfredi, gli abitanti insorsero e distrussero la Rocca sulla sommità del monte. La fortezza fu poi ricostruita alla metà del ‘300 dai Varano che avevano preso possesso del paese per conto del Cardinale Albornoz che cercava di mettere ordine nella Marca in nome del Pontefice; alla metà del sec. XV fu conquistata e tenuta per due decenni da Francesco Sforza insieme con molti altri castelli vicini, per passare poi definitivamente sotto il dominio della Chiesa. Del periodo medievale, Penna San Giovanni, conservava il tratto della primitiva cinta muraria del secolo XIII, i rifacimenti del secolo XV con torre quadrangolare aggettante e le porte dei secolo XIII e XIV: Porta della Pesa (sec. XIV), la Portarella (sec. XIII), Porta del Forno (sec. XIV) e Porta Santa Maria del Piano o Porta Marina (sec. XIV). Sulla cima del colle, i resti di una torre della originaria Rocca in cui si apre uno stretto cunicolo, nel quale la leggenda dice si nasconda una chioccia d’oro con i suoi pulcini. Tra i monumenti più importanti, abbiamo la Chiesa di San Francesco, costruita nel 1457 da Salino Lombardo, ma rimaneggiata nel XVII e XVIII secolo, che conserva il portale della primitiva costruzione ed il pavimento in cotto. All’interno sono presenti tele dei secoli XV e XVIII. L’antico convento adiacente con il chiostro e il loggiato ha subito varie trasformazioni nei secoli scorsi ed è stato adibito a scuola. Nel palazzo Municipale, edificato alla fine del secolo XVIII dall’architetto Pietro Maggi, sono conservati reperti di epoca romana ed una interessante tavola, raffigurante la Madonna tra San Rocco, San Sebastiano, Santa Apollonia e San Giovanni, da alcuni attribuita all’ambito dei Crivelli. Sulla parte aggettante della facciata si innesta la Torre dell’orologio. La Pieve di San Giovanni Battista fu costruita tra il 1251 e il 1256 da Giorgio da Como, noto per la fabbrica delle cattedrali di Fermo e di Iesi, a croce latina e ad un’unica navata, riformata nel 1736, essa conserva la statua in legno del Battista, opera di notevole importanza artistica (sec. XVI), forse di Desiderio Confini, ed un interessante Crocifisso dello stesso periodo. Della originaria chiesa di San Antonio Abate resta il robusto campanile costruito, probabilmente, sul basamento di una antica casa-torre medievale. Nel palazzo Priorale, risalente al secolo XIII, ma molto rimaneggiato, si trova l’elegante Teatro comunale costruito in legno e dipinto da Antonio Liozzi (sec. XVIII) e sul cui soffitto è affrescata una suggestiva scena mitologica dove una Musa gioca con Amorini. Lasciato per anni in disuso ed in stato di abbandono, tale teatro è stato recuperato nel 1985. Fino al momento

del restauro veniva ovunque citato come Teatro “Comunale”, la denominazione di “Teatro Flora” arriva all’incirca nel 1993 per volontà di qualche autorità comunale. Il teatro Flora di Penna San Giovanni è l’unico esempio di costruzione teatrale interamente in legno esistente nella provincia di Macerata ed è per questo uscito illeso dagli eventi sismici degli scorsi anni. Questo piccolo gioiello barocco, che costituisce un’eccezionale testimonianza teatrale del Settecento, si è perfettamente conservato nella sua struttura lignea e nelle sue decorazioni, oggi esso rappresenta il simbolo della cultura che resiste e che diventa vessillo di ripresa per l’intera Area del Cratere dopo le calamità del passato. Dal 2018, il Teatro Flora è gemellato con il Silvano Toti Globe Theatre di Villa Borghese a Roma, teatro quest’ultimo ideato e diretto dal noto attore Gigi Proietti. Da questo gemellaggio, caldeggiato e voluto dal presidente della Comunità dei Monti Azzurri, Giampiero Feliciotti, sono nate sul territorio marchigiano due produzioni del Politeama srl: “Sonetti d’amore” di Melania Giglio e “Playing Shakespeare” di Loredana Scaramella. Tornando ai luoghi d’interesse architettonico e storico artistico di Penna San Giovanni, si ricorda che la cittadina marchigiana custodisce ciò che resta del monastero di Santa Filomena: la chiesa, ad unica navata, conserva il matroneo, ormai murato e l’originale pavimento in cotto recentemente restaurato, all’interno vi si trova una Sacra Famiglia attribuita al Sassoferrato (sec. XVII). Fuori dal centro abitato, immerse nel verde, si possono ammirare due piccole chiese, tra le più antiche di Penna: la chiesa di San Bartolomeo e quella romanica di San Biagio. Una curiosità storica di Penna San Giovanni ci racconta della presenza in paese della famiglia dei Guelfi neri dei Guglielmi che qui ha trovato asilo dopo la famosa cacciata di San Samuele del 1321, evento citato anche nel XVII Canto della Divina Commedia.

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