Dal 16 luglio 2015 al 28 febbraio 2016 nelle sale del Refettorio Quattrocentesco di Palazzo Venezia, saranno in mostra i capolavori dal Museo Provinciale dello Henan – uno dei maggiori musei nella Repubblica Popolare – per raccontare il passaggio dalla dinastia Han – periodo in cui l’odierna Cina comincia a prendere forma – all’Età dell’Oro della dinastia Tang (581 d.C. – 907 d.C.). In mostra saranno esposti oltre 100 pezzi, tra i quali una veste funeraria di 2.000 listelli di giada intessuti con fili d’oro, lacche, terrecotte invetriate, vasi, oggetti d’oro, d’argento e di giadeite, ad illustrare lo straordinario clima di prosperità e di apertura culturale di questo periodo, quando la capitale dell’Impero, l’odierna Xi’An, è crocevia di tutti i commerci, riceve gli ambasciatori del mondo ed è popolata da oltre un milione di persone.
L’esposizione – che ha il patrocinio del Ministero della Cultura della Repubblica Popolare Cinese, dell’Ambasciata della Repubblica Popolare Cinese in Italia e del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo della Repubblica Italiana (MiBACT) – è organizzata dalla State Administration of Cultural Heritage della Repubblica Popolare Cinese (SACH), dalla Direzione Generale Musei del MiBACT e dal Polo Museale del Lazio, in collaborazione con l’Amministrazione provinciale dello Henan.
La mostra si colloca nell’ambito del Memorandum d’Intesa sul Partenariato per la Promozione del Patrimonio Culturale siglato il 7 ottobre 2010 tra il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo della Repubblica Italiana e la State Administration of Cultural Heritage della Repubblica Popolare Cinese, il quale prevede lo scambio di spazi museali permanenti dedicati alle rispettive culture, al fine di promuovere lo scambio culturale tra la Cina e l’Italia e permettere una maggiore e profonda comprensione tra questi due popoli. Il primo significativo modello italiano di musealizzazione fuori dai confini nazionali, vetrina permanente per promuovere la cultura italiana, è stato il luogo espositivo concesso alla Direzione Generale per la valorizzazione del patrimonio culturale dallo State Administration of Cultural Heritage della Repubblica Cinese all’interno del Museo Nazionale della Cina sulla Piazza Tian’ anmen a Pechino in cui sono state presentate le mostre “Renaissance in Florence. Masterpieces and Protagonists” nel 2012 e “Rome 17th Century: Towards Baroque” nel 2014.
La mostra che viene presentata quest’anno a Palazzo Venezia, “Tesori della Cina Imperiale” è la terza di cinque previste dall’accordo, dopo “La Cina Arcaica” e “Le leggendarie tombe di Mawangdui”.
Le opere in mostra parlano dello sviluppo di quella civiltà cinese che nasce e si sviluppa nella cosiddetta Pianura Centrale, area considerata al tempo “Centro del Mondo” e che copre l’odierno Henan, rivelando come dalla cultura tradizionale del primo impero Han (206 a.C. – 220 d.C), periodo storico politicamente turbolento ma intellettualmente florido, si sia giunti all’età dell’oro della dinastia Tang (581-907).
Alla dinastia Han (206 a.C. – 220 d.C.) viene riconosciuto un ruolo fondamentale nella storia cinese. È durante tale periodo che venne consolidato l’impero, fondato una quindicina di anni prima dal sovrano del potente regno di Qin, (221- 210 a.C) che collassò quattro anni dopo la morte del Primo Imperatore, ma nel breve lasso di tempo del suo regno furono creati i presupposti della grandeur imperiale e fu organizzato un complesso apparato istituzionale che, con momenti di splendore e fasi di decadenza, si perpetuò sino al 1911. Alla dinastia Han va il merito di aver dato continuità al progetto avviato dal Primo Imperatore.
Il disegno imperiale e l’ambizione del periodo si rispecchiano nell’arte Han, in particolare nei rinvenimenti archeologici in cui si celebra la vita oltre la morte del defunto. In mostra troviamo numerose statuette di terracotta, ritratti, oltre che stele funerarie e porcellane, ritrovati all’interno di tombe di funzionari e ufficiali dell’impero. La ricchezza, tema indissolubilmente legato al periodo, è rievocata in mostra da complessi modelli di abitazioni, torri di guardia, pozzi, mulini, granai e porcili deposti in grande quantità nelle sepolture dell’alta società. La pratica di seppellire riproduzioni in scala di edifici risale alla dinastia Han: in mostra alcuni modelli di torri di avvistamento di tre e quattro piani, edifici con corridoi, granai e costruzioni varie di case, teatri e abitazioni a testimonianza dell’autonomia raggiunta dalle famiglie più ricche che ingrandirono a dismisura le loro proprietà ed ebbero la necessità di proteggerle con mura di cinta e torri di guardia. Tra le costruzioni ritrovate nelle tombe, anche i porcili, inaspettatamente importanti: per la cultura cinese il maiale era infatti simbolo di ricchezza, veniva consumato solo in occasioni speciali e durante le feste religiose. L’importanza attribuita a questi modelli è rilevata dalla cura dei dettagli con cui erano realizzati come si vede negli esempi in mostra, in ceramica grigia, rossa e smaltata, ricchi di ornamenti.
Il tema dell’immortalità, che tanta parte occupa nella sfera del pensiero di epoca Han, con profondi riflessi anche nel campo dell’arte, è ulteriormente sottolineato da uno dei più spettacolari ritrovamenti: le veste di giada di Liang Liwang, eccezionale per la qualità della giada impiegata, la veste di dimensioni umane è costituita da oltre 2.000 tessere di varie dimensioni e diversi spessori, cucite insieme con centinaia di metri di filo d’oro, simboli dell’elevata posizione sociale del defunto. Secondo le dottrine taoiste dell’epoca, la giada aveva il potere di preservare il corpo dal decadimento consentendo la sopravvivenza dell’anima. Da questa credenza derivò l’usanza, durata qualche secolo, di cucire intorno al corpo del defunto un vero e proprio abito di giada alla cui preparazione si dedicavano per anni numerosi esperti artigiani. L’esemplare in mostra è uno dei più belli tra i circa quaranta finora rinvenuti.
La dinastia Tang (581 – 907) pose fine a quattro secoli di contese e restituì al territorio una stabilità politica e un armonia sociale sconosciute da generazioni. Per la prima volta dopo tanto tempo alla popolazione fu garantito un elevato tenore di vita e gli stili, le attitudini artistiche e culturali, le mode, i vezzi che caratterizzano quest’epoca rimasero in voga per lungo tempo e forgiarono l’impronta estetica del paese negli anni a venire. La dinastia Tang inaugurò un’epoca gloriosa, un’“età dell’oro”, durante la quale la Cina divenne centro culturale dell’Asia Orientale con echi che raggiunsero il Mediterraneo. Affascinata da tutto ciò che era straniero la Cina cosmopolita dei Tang alimentava tale attrazione importando un’infinita varietà di merci da tutto il mondo attraverso la Via della Seta. E con le merci viaggiavano idee, saperi, credenze religiose: fu allora che il buddhismo entrò in Cina.
In mostra tutto questo è immediatamente percepibile attraverso utensili di uso comune in oro e in argento, con motivi decorativi che richiamano piante di acanto, grappoli d’uva e motivi floreali: forme e decorazioni che riflettono l’influenza della cultura occidentale. Vasi rivestiti con brillanti invetriature al piombo monocrome e policrome, note con il termine sancai, cioè “a tre colori”, alcuni specchi in rame, tipici della dinastia Tang, decorati con rami di uva e animali marini, draghi e nuvole, simboli di buon auspicio e poi ancora sculture in ceramica rossa di figure femminili in abiti che mostrano uno stile marcatamente centroasiatico.
L’inclusione di sculture raffiguranti stranieri o “barbari” fra le statuette funerarie era la norma durante la dinastia Tang, a testimonianza della vita cosmopolita dell’epoca. Le città brulicavano di stranieri, di passaggio o residenti nei quartieri a loro riservati, in ogni caso facevano parte integrante della vita quotidiana, influenzandola con i loro costumi e le loro usanze esotiche. Ecco dunque sculture di “barbari” con tipiche vesti a doppio petto, portate con il collo aperto e strette in vita da una cintura e stivali alti. E poi ancora sculture raffiguranti cammelli, rappresentative del periodo Tang, che nell’immaginario comune si associavano agli intensi traffici lungo la Via della Seta, attraverso la quale l’impero più cosmopolita della storia cinese importava merci ed esportava i suoi prodotti più ambiti: seta e ceramiche. In mostra esempi diversi di cammelli, in ceramica gialla, dipinta a mano, e in particolare “Statuetta di barbaro con cammello” in ceramica a tre colori di un delicato realismo accentuato dall’inclinazione della testa dell’animale.
In epoca Tang anche la raffigurazione dei cavalli raggiunse livelli di naturalismo senza precedenti, come testimoniano le figure in mostra. Nel 667 un editto imperiale sancì che cavalcare era riservato esclusivamente all’aristocrazia e agli alti funzionari, divenne dunque appannaggio della nobiltà. Le sculture in mostra testimoniano l’intensa passione dei Tang per i cavalli stranieri, emblema della potenza militare e dell’opulenza dell’aristocrazia: indispensabili per intraprendere le campagne di conquista ma irrinunciabili anche per le partite di polo e le battute di caccia. Gli esempi in mostra illustrano questo ideale di bellezza e forza seppur costretti su basi rettangolari e privi di coda e criniera. Tra le figure a cavallo troviamo anche una “statuetta femminile” a testimonianza della libertà di cui godettero le donne in epoca Tang e della moda in auge in quel periodo.
Tutto questo trasmette la dinamicità e l’esuberanza dell’epoca Tang che interpretò le novità provenienti da Occidente, adattandole al gusto e all’utilizzo cinese.
Palazzo Venezia, Roma
16 luglio 2015 – 28 febbraio 2016