L’Associazione Culturale Teatro Trastevere
presenta
“TRASTE-STORIE”
PEZZI DI VITA
Persone-Fatti-Cronache
dal 19 febbraio al 3 marzo 2019
Teatro Trastevere a Roma
Rassegna di Spettacoli dedicati al
Teatro di Narrazione e di Vita
Affabulazioni, Racconti, Fatti di Cronaca e Pezzi del Vissuto
Quotidiano rappresentati sotto forma di Messa in Scena Teatrale e
Realtà Performative Multidisciplinari.
Teatro di Vita e Frammenti di Storie che si alterneranno sul Palco del Teatro Trastevere, che per l’occasione ospiterà mostre fotografiche, laboratori interattivi, installazioni artistiche e realizzazioni editoriali legate al territorio: il tutto correlato all’interno del proprio spazio, allestito all’insegna di
STORIE…da NON DIMENTICARE.
19-20 FEBBRAIO
Cerbero Teatro
PERLEI
Di Cristel Checca
Regia Cristel Checca
con: Cristel Checca e Alessandro Balestrieri
Una Sposa in attesa, aspetta. Da un minuto, da una eternità. Una perdita di identità. Un blocco che la immobilizza. Che cosa sta aspettando? Che cosa le impedisce di andare avanti? Un passato che disgrega il presente e lo rende instabile. Un futuro incerto, buio, ignoto. A irrompere in questa stasi ancestrale sono le storie di Maria Grazia Botticelli: sua nonna. Un viaggio attraverso la memoria dei ricordi, che con la stessa forza e delicatezza che può avere il primo vagito la riportano al suo vero io.
A traghettare la sposa in questa avventura sarà un Orsacchiotto gigante. Un Caronte di peluche che manovrando la scena e la catapulta in contesti e situazioni sempre nuovi. La scena diventa così una stanza senza tempo…
“Lo spettacolo nasce da un momento di crisi personale durante il quale c’è stato il ritrovamento di un quaderno di poesie scritto dalla nonna dell’autrice che ha portato ad una indagine sulla storia della sua famiglia materna andando indietro per quattro generazioni.”
cit.
21-22 FEBBRAIO
Teatroazione
UOMINI TERRA TERRA
Di Giorgio Cardinali
Regia Sara Greco Valerio
con Giorgio Cardinali e Mauro Tiberi
Musiche originali
Piero Larotonda
6 aprile 2009, un terremoto di magnitudo 6.3 distrugge l’Aquila e uccide 309 persone. Dopo quel giorno tutti conoscono la storia: le tendopoli, il progetto C.A.S.E., la mancata ricostruzione, ecc. “Uomini Terra Terra” racconta, invece, ciò che accadde prima di quel 6 aprile. È una storia come quelle che i nonni raccontano ai nipoti per fargli conoscere il mondo che non sanno. Perché questa storia se non te la raccontano, non la sai. La narrazione atipica, giullaresca, severa, ironica e sarcastica, crea una grande giostra sulla quale salgono, uno per uno, tutti i protagonisti dei giorni che precedettero il terremoto.
“Giampaolo Giuliani, lo sciamano eretico che, affermando di poter prevedere i terremoti, si è contrapposto alle istituzioni scientifiche, per le quali i terremoti non sono prevedibili, andando a minare l’autorevolezza dell’istituzione stessa. I semplici cittadini (commercianti, artigiani, dottori, avvocati) che, coinvolti in una sparatoria fra comunicazioni rassicuranti della Commissione Grande Rischi e messaggi allarmistici dello sciamano, assordati dal frastuono dei giornali e televisioni, hanno perso quel contatto ancestrale con la Terra, quel “contatto” con il terremoto che gli aquilani hanno stratificato nella propria cultura. In questa baraonda è “vero” ciò che si vede in TV, si legge sui giornali, si ascolta dai comunicati stampa, il resto non esiste. Non c’è. Non c’è neanche il terremoto! Una faglia in movimento, una spaccatura che divide e separa le vicende degli uomini da quel giorno di aprile. Sostenuta dalla musica dal vivo, la giostra gira vorticosa per la durata dello spettacolo, si susseguono informazioni, sberleffi ed emozioni e alla fine della corsa, nessuno scende da vincitore. “Uomini Terra Terra”, oggi, significa tenere viva la memoria che non può e non deve andare perduta, perché quello che è successo è una ferita che attraversa la storia dell’Italia intera, che alluvione dopo sisma, treno dopo ponte, frana dopo slavina, si trova sempre più in stato comatoso.”
cit.
23-24 FEBBRAIO
Amour Braque
HO BATTUTO BERLUSCONI!
Di Johan Graham Davies
Adattato e diretto da Lahire Tortora
con Lahire Tortora
Scene e costumi di
Marta Mazzucato
Montaggio video di
Claudio Verza
Kenny, nativo di Liverpool ma di origine irlandese, manda avanti come può una calzoleria e un’attività di duplicazione chiavi, in cui i debiti sono quasi sempre superiori ai guadagni. Suo padre, immigrato a Liverpool da Cork, ha fatto parte della generazione piegata e fiaccata dagli anni duri e amari della Thatcher, e ora a quelli come Kenny non resta che arrangiarsi e tirare avanti. In tutto questo, uno dei punti fermi di Kenny è sempre stata la passione per il calcio, e il tifo sfegatato per il LIVERPOOL e nel 2005, dopo vent’anni, il Liverpool ritorna in finale di Champions League contro il Milan di Silvio Berlusconi. La partita si giocherà a Istanbul,
e Kenny sente di avere un conto in sospeso.
“Sono passati quasi quattordici anni da quella notte di Istanbul.
Nel calcio, un tempo del genere corrisponde a un’era geologica: basti pensare che tutti i calciatori scesi in campo in quella storica finale hanno appeso gli scarpini al chiodo. Anche le società non sono più le stesse: il Liverpool ha cambiato due proprietà, mentre lo stesso personaggio che dà il titolo all’opera, Silvio Berlusconi, ha già da tempo concluso la cessione del Milan, dopo un’epocale proprietà durata trent’anni. Dal punto di vista storico, invece, nonostante le rapidissime trasformazioni culturali di questi ultimi anni, i medesimi quattordici anni non sembrano aver cambiato più di tanto le cose: il malcontento sociale delle classi lavoratrici inglesi esploso durante i durissimi anni della Thatcher (messa più di una volta alla berlina da Davies nel suo testo) e fomentato poi dalle delusioni seguite alle aspettative non mantenute da Blair, sembra essersi risvegliato prepotentemente, fino al clamoroso referendum favorevole alla cosiddetta Brexit di qualche tempo fa.
In questo quadro il personaggio di Kenny è un ritratto, per quanto volutamente sopra le righe, della generazione dei trenta/quarantenni, in equilibrio instabile sul filo del presente, sospesi tra i debiti, il tirare avanti e la preoccupazione per i figli: persino programmare un viaggio (per quanto sia verso una meta particolare come Istanbul) diventa un’impresa.”
cit.
26-27 FEBBRAIO
47 Morto che Narra
LA CAMICIA NERA
Di Daniele Paesano
Regia Daniele Paesano
Con
Sabrina Balice
Jacopo Cucurnia
Giacomo De Nisi
Daniele Paesano
Isabella Ripoli
Valerio Rosati
Roma, settembre 1943. Due amici d’infanzia si ritrovano ogni sera per giocare una partita a carte. Sono cresciuti insieme, ma ora qualcosa li divide. Pietro, operaio, si è sposato da poco. Sua moglie Rachele è incinta di otto mesi. Beppe, allo scoppio della guerra viene chiamato a prestare servizio militare. Diventa una camicia nera. Nasce la Repubblica Sociale Italiana. Al comando si sparge la voce che gli ebrei devono essere arrestati. Eppure la loro amicizia non sembra essere cambiata. Il loro rapporto rimane quello sincero e fedele di sempre. Beppe dovrà scegliere se salvare la sua vita o quella del suo amico, di sua moglie, e del piccolo Lorenzo, ancora innocente e ignaro di tutto nella pancia della sua mamma.
“Quando mi sono ritrovato a scrivere un testo ambientato durante la seconda guerra mondiale che trattasse la discriminazione razziale avvenuta in quegli anni, non ero spaventato. Il che, a pensarci bene, è abbastanza strano: quel periodo non è sicuramente fra i più semplici da raccontare, soprattutto per chi, come me non l’ha vissuto. D’altro canto, quello della shoah, era un argomento sul quale sentivo la necessità di esprimermi; necessità che è la materia prima di ogni racconto. Poi la fase di scrittura finisce. E arriva il momento più drammatico. Come lo metto in scena? La risposta è arrivata presto. Bisognava presentare la storia nella forma più sincera e genuina possibile, recuperando la forma del teatro di narrazione e adattandola ad uno spettacolo di teatro tradizionale.”
cit.
28 FEBBRAIO -1 MARZO
Asilo dei Lunatici
UN CAPITANO-DUECENTO MILA CHILI SULLE SPALLE
Di Giulia Lombezzi e Amr Abuorezk
Regia Eleonora Gusmano
con Ivano Russo
Nell’estate del 2006, durante i mondiali di calcio, Amr A., 21 anni, decide di tentare la traversata per mare dalla Libia all’Italia. Amr è un pescatore, conosce il mare fin da quando era bambino. In Egitto guadagna assai poco e potrebbe solo pescare per tutta la vita, ma il suo spirito curioso e brillante e la sua voglia di scoprire il mondo lo spingono inesorabilmente a cogliere ogni richiamo all’avventura, a cercare uno strappo nella rete della quotidianità, a tentare di andarsene come i suoi fratelli, per capire cos’altro può diventare fuori dal contesto abituale.
“Gli aspetti dell’avventura vissuta da Amr su cui ho voluto soffermarmi sono stati l’inaspettata occasione per un ragazzo qualunque di diventare in pochi minuti un “eroe inconsapevole” responsabile della vita di altre persone, il sentore di incompletezza che l’ha portato ad abbandonare un futuro certo di “triglie seppie gamberi e sgombri” come marinaio nel suo paese natio e a mettersi in viaggio per ricercare la sensazione di essere invece “tutto intero nello stesso posto” e la difficoltà e allo stesso tempo necessità per ognuno di noi di rimanere in contatto con il proprio mondo sommerso, di memorie, sogni e speranze. Amr è egiziano e la sua avventura può facilmente essere ascritta tra le tante storie di migrazione che caratterizzano il nostro secolo. Il nostro desiderio è stato però quello di raccontare in primo luogo l’avventura di un ragazzo, il desiderio di riscatto e la sua crescita, resa particolarmente difficile dalle condizioni di una barca pilotata da incompetenti, dai compagni di viaggio numerosi e spaventati, dalla sete e dalla controversa accoglienza sulle coste della Sicilia. Ho scelto che la messa in scena di questa storia si sviluppasse attraverso l’uso di pochi oggetti scenici, di manifattura artigianale, un mare di cellofan e alcuni busti e frammenti di manichini come sommersi e coperti da terra proveniente del fondo del mare, tutto intorno ad una scala, che durante la narrazione si trasformi talvolta in nave, in rotaie di un treno, e in albero maestro su cui Amr possa arrampicarsi per vedere al di là, nel tentativo di superare se stesso e le sue ambizioni.”
cit.
2-3 MARZO
CONFERENZA SULLA PIOGGIA
liberamente tratto da: “CONFERENCIA SOBRE LA LLUVIA”di Juan Villoro
Regia Agostino Pannone
con Gregorio Maria De Paola
Un conferenziere ha smarrito le sue carte e il nervosismo lo porta a dire cose impensabili.
Il soggetto del discorso è il rapporto tra la pioggia e la poesia d’amore.
Nella vertigine dell’improvvisazione, il protagonista parla di sé, ma non abbandona il
suo scopo originale. In modo affascinante si mescolano così due forme di discorso: conferenza e confessione. Questo monologo scritto da Juan Villoro è una riflessione profonda e spesso ironica sulla vita dei libri e sulle emozioni che sono in grado di suscitare. Una libreria è una raccolta d’amore, ripudio, sospetti e nostalgia, sia per quello che dicono i volumi, sia per il modo in cui vengono letti.
“Perdere. Perdersi. Perdendosi.
Ma anche trovandosi. Trovato!
Ho perso qualcosa, o qualcuno, trovando un pezzettino in più di me stesso. Questo dice e fa il mio personaggio, anzi quello di Juan Villoro, che poi è il mio o quello di Gregorio, o forse il nostro, adattato da noi, o forse proprio io. Ho perso il filo! Hmmm… un attimo.
Lo so, le note di regia dovrebbero rendere tutto più chiaro.
Vi assicuro che è semplice. Ricominciamo: è una storia che si perde.
Cioè che si perde proprio nel nulla. Non che si perde il senso di quello che si dice, cioè anche, si, a volte, ma soprattutto che si perde nel senso che non si trovano più. Chi? I personaggi! Ci ritroviamo noi. Noi esseri umani. Ci ritroviamo dentro, mentre ci perdiamo il senso di quello che si sta dicendo. Perchè per trovarsi bisogna perdersi. Se non ami perderti, allora non ami. Se ami, questo spettacolo ti fa perdere! Non nel senso che non vinci! Che ti perdi, perchè dentro trovi te stesso. Quella è una vittoria!
Che poi come si fa a stabilire chi vince e chi perde? Oh Dio, mi sono perso.
Allora: perdono. Questione di accenti. Comincio a perdermi troppo.
Insomma: questo spettacolo nasce da una perdita.”
cit.
Teatro Trastevere
via Jacopa de’Settesoli 3, 00153 Roma
prevista tessera associativa
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