TRAVELLERS MIRROR CITIES> < SRELLEVART RORRIM SEITIC
Artisti/e:
Qiu Anxiong, Josè Angelino, Rä di Martino, Guo Fei, H.H. Lim, Matteo Nasini, Oliviero Rainaldi, Gabriele Silli, Fu Tong, Jin Wang, Yang Yongliang
Curatrici:
Miriam Sun and Giuliana Benassi
Sede:
VIU- Venice International University
Isola di San Servolo, Venice, Italy
Date:
April 17th to May 18th, 2024
Opening:
April 19th, 6 PM
Forum:
April 20th, 3.30 – 5.30 PM
Comunicato stampa:
Il 17 aprile il MoCA di Shanghai, in collaborazione con Venice International University in Italia, presenta una grande mostra collettiva: “TRAVELLERS MIRROR CITIES”, titolo che richiama le tematiche della 60° Biennale di Venezia “Stranieri ovunque”. La mostra è visitabile fino al 18 maggio nelle sale espositive de La Venice International University, centro internazionale di formazione avanzata e ricerca, spazio dedicato agli scambi internazionali di saperi presso l’isola di San Servolo a Venezia.
La mostra, curata da Miriam Sun, direttrice esecutiva del MoCA di Shanghai, e da Giuliana Benassi, curatrice italiana, presenta alcune delle voci più interessanti del panorama dell’arte contemporanea cinese e italiana, tra cui Qiu Anxiong, Josè Angelino, Rä di Martino, Guo Fei, H.H. Lim, Matteo Nasini, Oliviero Rainaldi, Gabriele Silli, Fu Tong, Jin Wang, Yang Yongliang.
Le città, in quanto spazi geografici, sociali e culturali, racchiudono numerose stratificazioni di valori che non sono immediatamente visibili. “TRAVELLERS MIRROR CITIES” si propone di costruire in modo ingegnoso un percorso artistico
concettuale su “La città del viaggiatore – un’immagine spirituale speculare di sé e dello straniero”, tessendo una narrazione dinamica su due piani, uno evidente e l’altro nascosto. Da un punto di vista formale, scegliendo di presentare in maniera non lineare opere d’arte di artisti cinesi e italiani che lavorano con diversi linguaggi artistici, la mostra invita “chi la percorre” a continuare a porre domande alla città, ridestando la loro attenzione attraverso i singoli elementi del percorso espositivo e guidandoli a cercare il riflesso di se stessi nello specchio delle varie soluzioni fornite dalla città. Lo scopo della mostra, quindi, non è solo quello di far trovare ai viaggiatori le risposte agli enigmi visivi della città, ma anche di delineare la loro capacità di autorispecchiamento e di incoraggiare una più profonda contemplazione delle relazioni interpersonali.
L’intera mostra vuole restituire quella “rete simbiotica” dell’oggi, tessuta dagli artisti contemporanei che, seppur provenienti da Cina e Italia, sembrano uniti da un unico filo: quello dell’essere umano al cospetto del mondo.
I differenti e multidisciplinari linguaggi degli artisti in mostra testimoniano, tra l’altro, le nuove scoperte della scienza e della tecnologia nell’era dei contenuti generati Intelligenza Artificiale (IA), i nuovi concetti di sostenibilità le strutture filosofiche alla base delle pratiche di installazione e l’estetica tradizionale orientale. Attraverso molteplici mezzi di comunicazione e narrazioni uniche, la mostra cerca di collegare la Cina con il mondo, la tradizione con la contemporaneità, rimodellando lo sfondo mutevole della storia, riempiendo l’ultimo frammento dell’immagine intellettuale della città e cercando la chiave per collegare le relazioni umane in base alle loro identità.
La mostra presenta in anteprima la serie di opere “DNA”, un’opera ideata da Michael Levitt, premio Nobel per la Chimica 2013, e prodotta da Miriam Sun, direttrice za <esecutiva del MoCA Shanghai, in collaborazione con un team di scienziati cinesi, di cui fanno parte i professori Luo Zhen e Yin Tengfei, l’artista audiovisivo Guo Fei e il compositore Jin Wang. “DNA” si concentra sul profondo impatto dell’editing genetico e dell’IA sul futuro dell’umanità. Attraverso l’interazione di elementi audiovisivi, installazioni luminose, performance dal vivo estemporanee e sculture, la serie presenta una fusione innovativa di arte e musica. Traducendo le basi del DNA umano, in una serie di frequenze e ritmi sonori, l’opera mostra la sequenza dei cambiamenti nei fenotipi specifici e li combina con le immagini visive dinamiche per esplorare la relazione tra reale e irreale, esistenza e significato. Inoltre, le composizioni improvvisate con organi a canne e sintetizzatori modulari stimolano ulteriormente la contemplazione sull’evoluzione genetica umana: per quanto riguarda le interconnessioni tra gli individui, c’è una nuova possibilità tra certezza e incertezza – una duplice relazione di simbiosi e riflessione come un’immagine speculare.
Un’altra opera che incarna il concetto di “simbiosi” è l’installazione immersiva ambientale “Flowing Bodies”, che integra l’IA e la tecnologia della proiezione. L’artista Fu Tong esplora il contrasto e la coesistenza tra forme fisiche immutabili e coscienza fluida, combinando la tecnologia moderna con elementi artistici primordiali. L’opera utilizza elementi simbolici come spine, sangue e farfalle, oltre a immagini dinamiche create dall’intelligenza artificiale, per rappresentare in modo sintetico e sostanziale la fluidità della vita e della coscienza. La sua altra opera in mostra, intitolata “When I Think of You”, si compone di sette sculture di lacrime
stampate in 3D e ingrandite 100 volte e lacrime proiettate a parete che rappresentano diverse fasi della vita umana, l’artista cerca di esplorare il potenziale delle connessioni empatiche tra gli individui attraverso esperienze sensoriali: gli stranieri sono ovunque, ma indubbiamente condividiamo somiglianze e connessioni.
I concetti di fluidità ed empatia emergono anche dalle opere luminose di Josè Angelino. Realizzate con gas argon e neon, sono ambienti scultorei di vetro che riproducono le dinamiche fisiche ed estetiche dell’aurora boreale. Attraverso l’utilizzo dell’elettricità, l’artista rende visibile l’invisibile, “giocando” con le proprietà dei materiali, spesso introducendo delle interferenze. Come in un incantesimo, le sue sculture sembrano aver catturato un frangente di vitalità della materia, l’essenza di un luogo. Lo stesso potremmo dire dell’opera “Mosquitos”: una serie di bicchieri di vetro all’interno dei quali dei magneti si agitano come una mosche catturate: essi rispondono alle frequenze della risonanza di Schumann ossia, una pulsazione caratteristica che la Terra possiede di 7,83 hertz. In questo modo Angelino rende visibile ciò che, invisibilmente, accomuna tutti i luoghi della Terra.
“TRAVELLERS MIRROR CITIES” è un’occasione per mostrare la vicinanza tra le prospettive cinesi e internazionali.
Ad esempio “The Moonlight” di Yang Yongliang combina espressioni contemporanee con tecnologie all’avanguardia per reinterpretare l’estetica tradizionale orientale e i sentimenti dei letterati. Yang reimmagina paesaggi urbani e rimodella le memorie collettive di città come New York, Shanghai, Hong Kong, Parigi, Londra e Tokyo. Gli spettatori sono immersi in una trasformazione visiva molto simile a quella dei cieli stellati, scoprendo una notevole risonanza tra il comportamento umano e la vita urbana. Inoltre, nel suo “Tianzhi Xiuyue”, Qiu Anxiong ritrae, dalla prospettiva degli antichi, meraviglie tecnologiche e crisi esistenziali, contemplando ulteriormente la costruzione dell’ecosistema dell’arte contemporanea.
Da un altro luogo dell’Eurasia, l’opera “Hands” dello scultore italiano Oliviero Rainaldi crea un dialogo di interrelazione con la serie “DNA” attraverso i cambiamenti di prospettiva dello spettatore, invitando all’esplorazione del concetto di “straniero” e a profonde riflessioni sull’identificazione. Nella sua opera emerge il rapporto con il trascendente: le dita rivolte verso l’alto continuano a porre domande sulla metafora del viaggio come esistenza.
Nella serie “Codice”, H. H. Lim crea, attraverso la manipolazione giocosa della natura ambigua e discordante tra immagini e linguaggio, un’odissea del cervello umano. La sua installazione comprende un gruppo di sculture che sembrano piombate nello spazio espositivo da un viaggio temporale: sono ammassi ambigui, dotati di maniglie; valigie provenienti dal passato o dal futuro; relitti o congegni avveniristici. L’uso della scrittura incisa è tipico della pratica dell’artista. In queste sculture, i contenuti sono codici e numeri indecifrabili che avvolgono nel mistero e sospendono le coordinate del viaggio.
Le sculture di H.H. Lim dialogano con “L’eccezione”, l’opera video di Rä di Martino nel quale la compenetrazione tra essere umano e ambiente circostante, si manifesta attraverso l’animazione della rovina di una statua che, in un’atmosfera sognante, si
anima come se fosse in procinto di una prossima trasformazione. La melodia che accompagna i movimenti della statua, una rielaborazione del love theme di Flashdance, sfalsa le regole temporali del soggetto-oggetto e lega l’opera a un immaginario nostalgico, legato alla memoria e a una possibile rinascita.
Il percorso espositivo si snoda dunque attraverso un dialogo a più voci, restituendo immaginari spesso contrastanti o, appunto, specchianti. Gli artisti stessi, cinesi e italiani, sono allo specchio: ciascuno attraverso il proprio immaginario porta con sè il risultato dell’attraversamento di luoghi e visioni, dimensioni spaziali e temporali.
Dove siamo quando stiamo pensando? A questa domanda sembra rispondere l’opera di Matteo Nasini. Il grande arazzo “The Golden Age”, realizzato dall’artista presso la Fondazione Cittadellarte, utilizzando delle lane a tintura naturale, immerge lo spettatore in un paesaggio immaginifico, quasi in una di quelle città invisibili descritte da Italo Calvino nell’omonimo libro. Il titolo dell’opera richiama, con sottile ironia, un’età dell’oro attesa e immersa in una fusione di colori: come in un collage dei luoghi del mondo.
Proveniente da un immaginario onirico e legato al mare, l’opera site-specific di Gabriele Silli richiama, attraverso l’utilizzo di materiali organici e inorganici trattati in maniera non ortodossa, lo scorcio di un paesaggio abissale, una grande ancora appuntita evoca una narrazione legata al ruolo del mare nel viaggio e nella sua storia. L’opera sembra derivare dalla pagina di un taccuino di bordo di navigazione, visione notturna del percorso, non della meta. Inoltre si pone in dialogo con Venezia e l’Isola di San Servolo, interrogando le acque che circondano la laguna, le acque nelle quali il cielo si rispecchia e così anche i viaggiatori che in questa fluidità vedono se stessi pervasi da un nuovo ambiente.
Queste opere simili a una “rete simbiotica”, sono “intrecciate” nello spazio architettonico esistente, con un tocco di intrusione ma senza dissonanza. Esprimono una trasformazione dall’alienazione all’integrazione, dal visibile all’intangibile, dal tangibile al transitorio e viceversa. L’arte funge da specchio, attirando lo spettatore in un viaggio al suo interno, riflettendo la città, incoraggiando l’introspezione, la comprensione dello “straniero” e stabilendo contemporaneamente una connessione con il proprio io.
L’anno 2024 ha un significato particolare per la Cina e l’Italia, in quanto segna il 700° anniversario della scomparsa di Marco Polo. Con la mostra “TRAVELLERS MIRROR CITIES”, l’intento del MoCA di Shanghai non è solo di riecheggiare lo spirito del tema della 60a Biennale di Venezia “Stranieri ovunque”, ma anche di introdurre una nuova prospettiva per approfondire la comprensione reciproca dell’arte, della cultura e dell’estetica tra i popoli di Cina e Italia, promuovendo ulteriormente l’amicizia e la conoscenza tra le due nazioni. La mostra all’Università Internazionale di Venezia è il debutto del progetto espositivo itinerante “TRAVELLERS MIRROR CITIES”, che nel prossimo futuro si sposterà a New York, negli Stati Uniti.
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