È sotto gli occhi di tutti che tra i settori dell’economia italiana più colpiti dalle ricadute economiche dell’ultimo anno e mezzo di emergenza sanitaria vi sia quello della moda, tra i comparti di punta del Made in Italy e capace di sfiorare i 100 miliardi di fatturato nel 2019.
Adesso, in questa fase di lenta ripresa della normalità e dopo i duri colpi subiti dalla pandemia, il mondo della moda prova a rimettersi in cammino, e una strada sembra venirgli indicata da Valeria Mangani. Già vicepresidente di Altaroma Spa tra il 2009 e il 2015 – occupandosi in particolare di “What’s On Next”, concorso internazionale per la scoperta di stilisti emergenti (da qui è partita, ad esempio, la carriera di Stella Jean) – e autrice di una decina di pubblicazioni in materia di ecologia e benessere – suo secondo settore di elezione dopo la moda – Valeria Mangani è dal 2020 Presidente della Sustainable Fashion Innovation Society (SFIS) di Roma, ed è in questa veste che ha lanciato la sfida che invita tutte le imprese del settore a raccogliere, la sfida, cioè, della transizione ecologica del sistema della moda e del design attraverso l’innovazione tecnologica.
Punti di partenza imprescindibili per il progetto di Mangani sono stati, da un lato, la lettera aperta inviata da Giorgio Armani a WWD il 3 aprile 2020 – nella quale lo stilista piacentino criticava l’assetto sempre più “bulimico” dell’industria della moda di lusso, ormai assuefatta ai ritmi del cosiddetto fast fashion, e invitava il settore a cogliere l’opportunità, offerta dalla crisi pandemica, di ripensare il proprio modo di lavorare – dall’altro, la consapevolezza, suffragata anche da dati oggettivi, che proprio la moda è tra i comparti economici più bisognosi di reinventarsi in senso green, tanto più alla luce della nuova sensibilità ecologica diffusa a livello mondiale e della conseguente necessità di venire anche in questo incontro ai nuovi orientamenti dei consumatori: a questo proposito basti pensare che il settore del fashion, secondo un rapporto delle Nazioni Unite, consuma più energia del trasporto aereo e di quello marittimo messi insieme, e che, stando a dati del World Economic Forum, esso è secondo solo al comparto petrolifero quanto a inquinamento ambientale prodotto.
In particolare, la SFIS di Valeria Mangani – di cui va ricordata anche l’organizzazione, nel settembre 2020 della edizione lancio della Sustainable Innovation Fashion Week di Roma, che sarà seguita, il prossimo 5 luglio, dal Phygital Sustainability Expo, di nuovo nella Capitale, all’interno del complesso archeologico dei Mercati Traianei – si mette a disposizione tanto delle imprese quanto dei consumatori: alle imprese della moda, che abbiano già intrapreso o intendano intraprendere la propria transizione ecologica, la Società offre strumenti e know – how tali per cui soprattutto le tecnologie digitali si configurano quale mezzo per raggiugere il fine ultimo della sostenibilità (tra i molti esempi che si potrebbero fare, si pensi alle fibre d’argento, ottimo antisettico, o a quelle nanotecnologie che, eliminando la necessità di stirare un vestito, potrebbero
contribuire a ridurre il consumo di energia legato all’uso del ferro da stiro); quanto poi ai consumatori, la SFIS intende soprattutto accompagnarli nella crescita della propria consapevolezza sul tema della sostenibilità ecologica, dentro e fuori lo specifico settore della moda.
Naturale pendant della attività di sostegno alla transizione ecologica delle imprese, anche di quelle medie e piccole, potrà poi essere rappresentato da un’altra creatura di Valeria Mangani, ovvero Made in Italy Luxury 4.0, una piattaforma da lei fondata nel 2017 con l’obiettivo di introdurre le piccole e medie imprese del nostro Paese in mercati di nicchia ad alta capacità di spesa, favorendone così l’internazionalizzazione: di questo ultimo obiettivo può essere rilevante vettore proprio la capacità delle imprese della moda italiana di mostrarsi al passo con la tendenza alla sostenibilità ecologica, come si accennava diffusa tra i consumatori di tutto il mondo.