Cinzia Giorgio parla del suo ultimo romanzo”I migliori anni”
La verità è che siamo tutti e nessuno dei nostri personaggi
A cura di Filippo Spatafora
Cinzia Giorgio è Dottore di ricerca in Culture e Letterature Comparate. Si è specializzata in Women’s Studies e in Storia Moderna, compiendo studi anche all’estero. Insegna Storia delle Donne. È autrice di saggi scientifici e romanzi per Newton Compton.
I migliori anni è una saga familiare,la protagonista in un’epoca di violenza ha inseguito i suoi sogni e lottato per i suoi sentimenti. La storia di una donna forte e del suo coraggio.
La storia, indimenticabile, di una famiglia.
Cinzia Giorgio all’inizio del romanzo vediamo Matilde intenta a osservare l’anello di sua nonna, che indossava da quando era ragazzina.
Lei ha dedicato questo libro a sua nonna.
Per caso Matilde è lei?
“No, non sono io. Si tende sempre a chiedere a un romanziere se è identificabile con questo o con quel personaggio. La verità è che siamo tutti e nessuno dei nostri personaggi, perché in ognuno di loro c’è un pezzettino di noi. Sono figli partoriti dalla testa”.
“I migliori anni” è il titolo di questa splendida saga familiare. Qual è il momento più bello che ricorda vissuto insieme alla sua famiglia?
“Qualche Natale fa, quando erano ancora vivi tutti i miei nonni”.
Lei descrive ogni particolare in maniera attenta e precisa. Quanto è importante per lei il rapporto con i suoi lettori?
“Fondamentale. Se non ci fossero loro, io non sarei qui a risponderle”.
All’inizio del libro ci sono una serie di foto dei suoi familiari. Sembra una famiglia serena e gioiosa.
È la sua famiglia che le ha ispirato proprio la scrittura di una saga familiare?
“Non è andata proprio così. Quando nonna morì nel 2005 le promisi che avrei scritto la sua storia perché era molto particolare e soprattutto per sentirla ancora accanto a me. Ho mantenuto la promessa dopo quindici anni e ne sono commossa e felice”.
Cinzia Giorgio alla fine del terzo capitolo si legge una frase di Matilde che esprime il fatto di non essere ancora capace di perdonarsi.
Quanto per lei è importante il perdono verso gli errori del proprio passato, per vivere un presente più sereno e un futuro felice?
Perdonare non è facile, perdonarsi è ancora più difficile a volte
“Io parto da un presupposto basilare: perdonare non è dimenticare. Questo mi ha insegnato nonna. Perdoni ma non scordi il torto che ti è stato fatto. Non per vendetta, ma per maturità”.
Ogni scrittore degno di tale definizione crea un’amicizia con la scrittura. Lei che rapporto ha con la scrittura nel quotidiano?
“Vivo di scrittura e per la scrittura. È come respirare. Più che amicizia direi, fonte di vita”.
A volte purtroppo a causa dei pensieri della vita, e del frastuono del mondo esterno il momento d’ispirazione viene disturbato. Lei come difende l’ispirazione per non farsi disturbare e creare le sue storie serenamente?
“Ho studiato a Napoli, in un pensionato con quaranta studenti che facevano non poco “frastuono”, soprattutto di sera. Mi sono abituata a scrivere in condizioni assurde, per necessità e volontà. Da studentessa di lettere, una volta, presa da un momento di ispirazione, ho anche scritto persino sui tovaglioli del Kiss Kiss, la nota discoteca partenopea”.
Cinzia Giorgio per me le copertine parlano. Vediamo una donna malinconica e in attesa, quasi stanca. Cosa in realtà vuole dirci la donna in copertina?
“Le copertine, come ben sa, non le decidiamo noi autori. Ci viene chiesto ovviamente un parere – di questo sono grata al mio editore, sempre attentissimo alle mie esigenze – ma non decidiamo noi, per ovvie ragioni. Detto ciò, la copertina del mio romanzo è bellissima, Vittorio Matteo Corcos è uno dei miei pittori contemporanei che preferisco. Quando me l’hanno proposta, ho gioito”.
Le foto di famiglia all’inizio del libro fanno pensare a una vita familiare serena. Adesso che è adulta, guardando al suo passato, quanto deve alla sua famiglia per la Cinzia Giorgio che è oggi?
“Devo tutto alla mia famiglia. Sono cresciuta tra la libreria di mio nonno e l’atelier di alta sartoria di mia nonna, mentre l’altra nonna – la Matilde del romanzo – mi faceva da consigliera di letture e di vita. Queste tre anime convivono in me e sono state da sempre alimentate dai miei genitori, che mi hanno fatto seguire la mia strada, senza frapporsi mai tra i miei desideri e le loro aspettative”.
Cinzia Giorgio questo testo è un omaggio a sua nonna Maria. Qual è il testamento emotivo che sua nonna le ha lasciato in dono?
Di non smettere mai di studiare, di leggere e di approfondire. Perché niente è più importante della propria indipendenza che passa sempre attraverso la cultura, lo studio e la voglia di arrivare.
Giuditta era la più cara amica di Matilde da giovane. Quanto secondo lei è importante avere un complice nei momenti più difficili della vita?
“Fondamentale. Io ho scoperto solo ora la bellezza dell’amicizia femminile. E sono grata alle mie amiche, che sono diventate quasi sorelle, per me”.
La giovane Matilde pensava che innamorarsi rendeva stupidi. Ma a Bari conosce Gregorio e tra loro nasce un sentimento profondo tanto da non riuscire più a fare a meno l’uno dell’altro.
Secondo lei quanto l’amore puro e sincero può essere la forza sulla quale appoggiarsi nei momenti difficili?
“L’amore è il motore di ogni cosa. Non c’è propulsione più grande, spinta più forte, generosità più sincera. L’amore è davvero tutto”.
Ho letto una frase bellissima che smonta finalmente l’idea che l’uomo debba salvare la donna: “Come se le donne avessero avuto realmente la necessità di essere salvate. Da chi, poi? Le donne si salvano da sole”.
Il suo è un bellissimo messaggio.
Cinzia Giorgio non crede che le donne nel 2020 debbano finalmente capire che non hanno bisogno dell’uomo che le salvi, che possono agire da sole, e che sono superiori all’uomo?
“Non siamo superiori, siamo meravigliosamente diverse. È questa la nostra forza”.