“La Nemesi di Medea”. Intervista a Silvana Campese per presentare il suo ultimo libro.

Campese, lei ha dedicato il suo ultimo libro “La Nemesi di Medea” a sua nipote Astrid nella quale dice di ritrovare tratti dell’artista femminista Lina Mangiacapre. Un omaggio nel segno della continuità?

” Sì, perché questo mio lavoro è prima di tutto un atto d’amore per tutte le future donne del mondo, creature in crescita e in formazione. Come Lina bambina, anche mia nipote ha sempre mostrato una fertile fantasia e una grande intelligenza, una sensibilità sopra le righe, di quelle che sono sia un pregio che un rischio perenne”.

 Lina Mangiacapre, simbolo della rivolta studentesca e del movimento femminista, nel 1970 fonda il gruppo “Le nemesiache”, in onore della dea della giustizia Nemesi. Dalla Mangiacapre lei riceve l’epiteto di Medea, perchè?

” Il riferimento non è alla Medea dei tragici Euripide, Eschilo e Sofocle e all’archetipo della donna-maga il cui amore-odio per Giasone e la cui brama di vendetta la inducono ad uccidere i figli. Lina mi vide forte, determinata nei confronti del mio uomo nel rivendicare una certa educazione per mia figlia”.

Che cosa ha significato per lei essere una “nemesiaca”?

“Nel quinto capitolo racconto del mio incontro con il femminismo e del percorso di formazione, specialmente degli studi, conclusosi con una tesi di laurea che nel 1970 fu considerata “azzardata” per le mie conclusioni: in realtà non erano che un’appassionata anticipazione di posizioni dichiaratamente femministe che si sarebbero sviluppate in seguito”.

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