La Dottoressa Elena Lupo, che in questa intervista risponderà ad alcune domande sulla sensibilità, è psicologa e psicoterapeuta ad indirizzo biosistemico. È una persona altamente sensibile e si occupa di alta sensibilità dal 2013.
Dal 2014 ha avviato un progetto di diffusione degli studi sul tratto dell’Alta Sensibilità in Italia, registrando il marchio Persone Altamente Sensibili – HSP Italia.
Inserita ufficialmente dal 2016 nella lista internazionale di HSP Comfort Zone come: “Licensed Therapist HSP-knowledgeable”. Da marzo 2018, a seguito dell’ “Advanced course on the concept, measurement, and research regarding Sensory Processing Sensitivity and the Highly Sensitive Person”, tenuto dalla Dott.ssa Elaine Aron a San Francisco, è membro del gruppo ICHS, come Advanced Training HSP Consultant. Autrice di “Il tesoro dei bambini sensibili” Il Leone Verde
“Esiste una forma di ignoranza nei confronti della sensibilità, soprattutto verso gli uomini, perché viene confusa con la debolezza e la fragilità. Le persone sensibili vengono considerate eccessive, troppo tristi o troppo gioiose, o magari con problematiche neurologiche per questi eccessi di empatia.
Tutto questo, e tanto altro, fa in realtà soltanto parte della vita della persona sensibile.
Quanto è importante far capire agli altri le caratteristiche della sensibilità, o è più importante l’accettazione di se stessi?”
Il tratto dell’alta sensibilità di per sé è una maggiore profondità di elaborazione di ogni stimolo, non solo di quelli emotivi, per cui credo che sia questo il primo pregiudizio da sfatare: anche l’analisi delle situazioni, il problem solving, la creatività e la capacità di reinventarsi, progettare, vedere la visione d’insieme, avere idea di come potrebbe svolgersi nel lungo termine, trasformare e progredire sono parte integrante e vantaggiosa di questa caratteristica.
Condivido quindi pienamente la necessità di diffondere sempre più conoscenza su questa caratteristica, soprattutto per la sensibilità maschile, soprattutto per chi lo è e ancora rischia di sentirsi sbagliato, difettoso, strano, inadeguato, perché questa maggiore permeabilità emotiva, ma non solo, diventi un punto di forza, non di debolezza. Abbiamo bisogno di uomini che reintegrino questa meravigliosa parte per essere uomini interi. Solo allora, riusciremo a trasmettere anche a tutti gli altri, con l’esempio, qualcosa che possa convincerli di un cambiamento di prospettiva. “Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo”.
“Può dare un consiglio per fare comprendere il confine tra il voler essere d’aiuto perché si è sensibili, e il non farlo proprio perché si è sensibili e potrebbe quindi essere una forma di autolesionismo?
Purtroppo le persone sensibili non sono brave a dire di no, e gli altri sono bravi ad usarle.”
La persona altamente sensibile è più portata a percepire i bisogni di chi la circonda, fa parte della sua funzione evolutiva all’interno della specie, ed è molto utile ad esempio nelle relazioni affettive e in certi lavori di aiuto, come nel mio. La cosa importante è che la persona stessa coltivi dentro di sé il diritto di dire di no e prendersi cura di sé e dei propri bisogni, perché se non lo facciamo noi nessuno lo farà al posto nostro. Gli altri ci trattano come noi gli permettiamo di trattarci, per cui la differenza tra una PAS inconsapevole e una che ha fatto un percorso su di sé (e io ne ho già accompagnate tante) si manifesta soprattutto in questi aspetti.
“Molto spesso le persone sensibili sono come spugne che assorbono tutte le emozioni altrui, le interiorizzano e poi stanno male per il loro peso. Come evitare tutto questo, diventando così pietre leggere?”
Quando parliamo di empatia intendiamo un grande dono umano, la capacità di sentire ciò che sente l’altro, che di per sé è straordinaria e molto importante nelle relazioni sociali. Purtroppo il rischio della PAS è di superare la normale empatia e ritrovarsi in situazioni di “contagio emotivo”, come l’ho definito nel mio libro. La differenza sta nella percezione di “chi è l’emozione che sto provando?”: posso anche sentire il dolore dell’altro, e finché mi è chiaro che è la sua emozione non è questo che mi crea difficoltà, ma se non riesco più a distinguere la mia emozione dalla sua, allora sì che sono nei guai.
“A volte ci si trova a vivere con un partner con alta sensibilità ed emotivo e non è sempre facile. Invece di arrivare a comportamenti estremi come la rottura della relazione, quali parole o comportamenti si possono attuare per stare bene in coppia?”
Sono d’accordo con te, la profondità costante che ci contraddistingue, unita alla super-elaborazione di ogni dettaglio e possibile “pericolo” può essere difficile da gestire per noi e per i nostri partner. Rischiamo di appesantire la comunicazione e la dinamica, in balia delle nostre insicurezze. Ma non è per tutti così, un fattore che influenza molto in modo indipendente è lo stile di attaccamento che abbiamo sperimentato nelle relazioni coi nostri genitori, meno ci siamo sentiti amati più è difficile lasciarci amare e amare a nostra volta, al di là dell’alta sensibilità. Una strategia pratica che ho trovato essenziale per le mie relazioni è la CNV /comunicazione non violenta, di M. Rosenberg, in cui ci si allena a parlare sempre solo di osservazione, bisogni ed emozione, in prima persona, senza accusare l’altro.
“Le persone con alta sensibilità sono amanti della solitudine, un po’ perché serve loro per ricaricarsi e un po’ perché è proprio il caos che li fa stare a disagio e prediligono ambienti tranquilli e armoniosi. A volte succede che le persone sensibili provino invidia nei confronti di chi fa qualcosa in mezzo a tanta gente, o in luoghi che a loro fanno paura. Come interpreta questa situazione?”
Certamente una PAS si accorge abbastanza presto di prediligere cose diverse dalla “maggioranza”, nel mio caso ad esempio i concerti, le vacanze in grande gruppo, alcune modalità tipiche per gli altri in adolescenza, per me erano terrorizzanti, mi facevano sentire a disagio. Il problema è che quando siamo ancora giovani e non abbiamo un senso di identità solido ci troviamo schiacciati tra il rischio di sentirci a disagio e quello di essere emarginati. Poi crescendo, più accettiamo noi stessi più troviamo persone simili a noi, con cui finalmente condividere attività più in linea coi nostri bisogni.
“Può spiegarci la differenza fra la sensibilità e l’ipersensibilità?”
Quando ho iniziato ad occuparmi di alta sensibilità l’avevo sempre vista tradurre con “ipersensibilità” (che su wikipedia era una reazione cutanea), tanto che ne parlo in questi termini anche nel mio libro. Ma quando poi ho incontrato di persona la Dott.ssa Elaine Aron le ho espressamente chiesto se le pareva una traduzione corretta, e lei stessa mi ha confermato che non è la giusta traduzione di High Sensitivity, che è invece letteralmente Alta Sensibilità. Ipersensibilità sarebbe tradotto Hypersensitivity, ed è una reazione post traumatica da stress. A volte incontro persone che hanno entrambe gli aspetti, ma conosco anche molte PAS che non hanno nessun disturbo emotivo, e che vivono questa caratteristica come un normale aspetto che li rende unici.
“Quanti livelli di sensibilità esistono?”
Ovviamente la sensibilità è diffusa in tutti gli esseri umani, e animali (è stata studiata in almeno 102 specie), semplicemente ognuno ne ha un grado diverso, come l’altezza. In un recente di studio di Lionetti et. al. del 2018 sono stati pubblicati risultati su tre gruppi in “continuum” di sensibilità, un piccolo gruppo con una bassa sensibilità (paragonati a denti di leone), un grande gruppo a media sensibilità (paragonati a tulipani) e un gruppo ad alta sensibilità (paragonati all’orchidea).
“La sensibilità non ha sesso, ma quali sono le differenze fra uomo e donna?”
Concordo, certamente è una caratteristica inter-genere, ma assume sfumature diverse a seconda della cultura di appartenenza, del concetto di “uomo” e “donna” che si respira in famiglia, a scuola, alla televisione. Nella mia personale esperienza le donne altamente sensibili hanno bisogno di coltivare anche la parte maschile interiore, per sviluppare assertività e indipendenza, gli uomini altamente sensibili di coltivare quella femminile, di legittimarsi morbidezza, delicatezza ed emotività.
“Perché l’uomo fa così fatica ad accettare la sua sensibilità, tanto da nasconderla e rifiutarla?”
Quando nasciamo, da bambini, abbiamo un solo obiettivo: ottenere l’amore dei genitori. Purtroppo questo quasi a qualunque costo. Quando cresciamo abbiamo bisogno dell’approvazione degli insegnanti, poi dei pari, poi dell’altro sesso. La vita umana è una corsa a sentirsi accettati e parte di un gruppo, e lo facciamo spesso anche a discapito di noi stessi, soffocando i tratti che non sentiamo accettati. E finchè non lavoriamo consapevolmente su queste ferite faremo fatica a prendere il coraggio di diventare davvero chi siamo. Abbiamo bisogno di uomini coraggiosi e consapevoli, che come te in questo caso, si espongano e diano l’esempio.
“A livello mondiale quanto è alta la percentuale delle persone sensibili?”
Nei primi studi pubblicati negli anni 90 in USA erano circa il 15-20%, nello studio del 2018 europeo sono risultati il 31%. Credo quindi che ci possano essere differenze culturali che possano fare oscillare la percentuale comunque tra 20 e 30% direi.
“Un consiglio positivo alle persone con alta sensibilità per vivere bene la loro vita ed essere felici”
Domanda difficile, mi trovo sempre un po’ a disagio in realtà a dare consigli alle persone su come dovrebbero vivere la loro vita, perché non ho la presunzione di poter dare risposte universali e “certe”, sono un essere umano in cammino come tutti noi. Posso dire per la mia esperienza che la mia vita è iniziata a cambiare radicalmente quando ho iniziato a prendermi la renspons-abilità (abilità di dare risposta) dei miei bisogni, delle mie emozioni, e invece che guardare fuori ho iniziato a guardare dentro. Ho smesso di chiedermi cosa potessero fare gli altri per me, e ho iniziato a fare io le cose per me. Oltre il banale fraintendimento tra egoismo e amor proprio, credo fermamente che se ognuno si prendesse più cura di sé e della propria felicità (che non è assolutamente egoismo) saremmo tutti molto più sereni e nessuna PAS si troverebbe a caricarsi dei problemi non risolti degli altri, o al contrario proiettare i propri bisogni sugli altri.