Il grande filosofo tedesco Friedrich Nietzsche sosteneva: “La terra ha una pelle, e questa pelle ha delle malattie. Una di queste malattie si chiama “uomo”
La terra si nutre dell’uomo e viceversa e anche l’uomo che restituisce alla terra parte di sé: tra loro, in questo modo, si crea un dialogo intimo, incessante e passionale.
Nora Lux sin da piccola si nutre di arte e restituisce alle membra della dea Tellus ogni sua ricerca e pensiero. La natura si è fotografata nella sua testa sin da piccola a otto anni, quando ritraeva la natura stessa e ne rimaneva affascinata; è in questa comunicazione continua che decide di sacrificare la sua immagine, prestandosi dal 2005 alla tecnica dell’autoscatto, con un slancio fotografico che le consente, non tanto di fissare l’eterno, ma di lasciarlo scorrere e nello stesso tempo di farsi abbracciare da esso, come le membra della terra sul suo corpo, sul suo viso, sul nostro corpo e sul nostro viso.
Ciò che è dentro di noi vive anche al di fuori di noi, in un rapporto di integrazione e unione continua con la natura: l’Unus Mundus, la coscienza collettiva.
In questo preciso momento storico, il recupero della natura è l’unica via da seguire: la Madre Terra per Nora è veramente un tutt’uno, una parte di lei, fatta di elementi, da sentire nell’anima e che scorre sotto la pelle.
Le grotte sono i primi luoghi dove Nora inizia la sua trasformazione, con simboli di profondità dell’inconscio, terra serrata nel dialogo tra il chiuso e il vuoto, come il suo corpo femminile che si dibatte, come un paesaggio tra luce e ombra, tra chiuso e aperto, tra morte e vita.
Segue Nora incessantemente le ferite e le irregolarità come fossero sue trasformazioni del corpo, tra ciò che sprofonda e ciò che riaffiora, tra ciò che era e non c’è più o, almeno, risulta trasformato e rigenerato con una nuova linfa e nuovo calore.
Il suo lavoro è inizialmente un lavoro fisico, solo in seguito psichico e poi spirituale, in una simbiosi con l’ambiente; nel silenzio della mente, nel buio della macchina fotografica, Nora cerca di fissare l’istante magico e profetico in cui coincidono Genius personae e il Genius loci, in cui microcosmo e macrocosmo si allineano in una realtà trascendente, terribile ed estatica.
Indagare la femminilità è come un autoscatto per raccontarsi: “Io sono un mezzo, sacrifico il mio corpo e lo uso per raccontare. Sono io e non sono io”.
Nella sua ricerca tutto si muove in un’ebbrezza quasi apollinea, orfica, dove vi è liberazione estetica e del pensiero e dove dall’elemento dell’io inconscio, si risale sulla madre terra in ricerca di riposo e di allineamento corpo e anima.
Sostiene Nora: “Siamo come il drago di San Michele Arcangelo che diviene fonte di forza per la trasformazione. Nel percorso all’interno del labirinto, siamo guerrieri, affrontiamo il nostro Minotauro dove vita e morte si confondono sulla linea orizzontale, ma è solo tracciando l’asse verticale che possiamo sostenere i due mondi”.
Ogni partenza, ogni viaggio, in Nora, è un autoscatto e un inizio di un percorso che ha un suo prima e una sua continuazione, nel rimettersi sulla terra e nel ricercare in essa domande a cui la sua arte cerca di fornire analisi e risposte: sono, le sue, risposte subliminali che la nostra anima filtra, il nostro occhio vede, e il suo tocco innalza in opere eterne e certamente naturali, anzi naturalmente artistiche.
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