Simone Santoro, giovane enologo, porta avanti con dedizione e grande passione la tradizione vitivinicola della famiglia Melillo, radicata da generazioni nel territorio pugliese. Cresciuto in una famiglia che, fin dal 1833, ha coltivato e prodotto uva da vino, Simone ha ereditato le conoscenze tramandate di generazione in generazione, oltre all’amore per la terra e la vite. Tuttavia, ciò che lo distingue è la sua visione innovativa e la determinazione a far conoscere al mondo un vitigno unico: il Francavidda.
Sebbene la storia familiare sia ricca di successi e legata a una produzione vinicola d’eccellenza, Simone ha puntato tutto sulla riscoperta e valorizzazione di questo vitigno raro, legato al suo paese d’origine, Francavilla Fontana. Scopriamo di più sulla varietà del vitigno in questione, e del perché l’impresa di Simone è da definirsi alquanto coraggiosa e degna di nota.
Il Francavidda, vitigno autoctono della provincia di Brindisi, ha una storia complessa. Per molto tempo è stato considerato un vitigno minore, poco coltivato a causa della sua sensibilità alle malattie, nel dettaglio la peronospora e l’oidio, e alle gelate che avvengono in primavera (considerato lo sbalzo di temperatura).
Si tratta di una varietà minore di uva a bacca bianca, e se ne può trovare l’espressione più autentica in Puglia, esattamente a Francavilla Fontana (paese dal quale il vitigno prende il nome) e Ostuni, in provincia di Brindisi. Parliamo di un vitigno dalla storia affascinante, ma che, a dispetto delle elevate potenzialità detenute, è ancora oggetto di una coltivazione piuttosto limitata. Si stima che, sull’intero territorio nazionale, lo spazio complessivo riconducibile alla sua coltivazione equivalga a circa 3 ettari. Una coltivazione ancora rara, potendosi così definire.
La presenza del Francavidda è documentata nell’area dell’attuale provincia di Brindisi fin dall’antichità, anche se tuttora non si è risaliti con precisione alle sue origini. Ufficialmente, è registrato all’interno del Catalogo Nazionale delle Varietà di Vite, dal 1970. Oltre che “Francavidda”, viene denominato anche “Francavilla”, sinonimo nonché città alla quale sono collegate le origini della varietà vegetale.
In merito all’ampelografia del Francavidda, essa ne svela diversi tratti distintivi. Uno di questi si rinviene nella foglia, di dimensioni grandi, e poi orbicolare (dalle forme intere oppure tribolate). La dimensione dei grappoli è media, e i grappoli stessi appaiono compatti nella loro forma piramidale. Anche gli acini sono di dimensioni medie, e dalla conformazione a sfera, dotati di buccia pruinosa (patina tendenzialmente biancastra) e spessa, di un verde tendente al giallastro. Al di là delle malattie di cui il Francavidda può infettarsi, le piante del vitigno sono molto robuste e vigorose, dalla produttività regolare, tanto che il rendimento sopraggiunge anche a 60 o 70 quintali per ettaro. L’ubicazione nella quale il vitigno prospera è corrispondente a terreni argillosi e calcarei, dalla buona esposizione solare. Elementi, quelli appena menzionati, che concorrono alla qualità finale del vino ricavato dal vitigno.
Il Francavidda, inoltre, è un vitigno da coltivare in prevalenza con le tecniche tradizionali, quali il tendone o l’alberello, delle pratiche che col tempo si sono fortemente radicate nei suoi luoghi d’origine. Laddove coltivato, con passione e dedizione, onde preservare il vitigno dalle malattie e dalle gelate (con cure extra da mettere in conto rispetto ai vitigni più diffusi), conferisce ai viticoltori il modo di ricavare delle uve altamente qualitative, e un vino che non è da meno.
Per Simone, questo vitigno rappresenta un’opportunità unica. Il suo fascino deriva dalla connessione profonda con il territorio, oltre che dalle potenzialità, non ancora esplorate, che può offrire in termini di qualità e personalità enologica.
La vera sfida, per il giovane enologo, è stata quella di ridare vita a questo vitigno attraverso tecniche moderne di vinificazione, in grado d’esaltare le caratteristiche organolettiche del Francavidda e trasformarlo in un vino capace di competere sul mercato internazionale.
Oltre a concentrarsi sulle tecniche di vinificazione, Santoro ha scelto di coinvolgere i produttori locali nella produzione del Noscia, il suo vino di punta. L’anzidetta collaborazione, con i viticoltori del territorio di Francavilla Fontana, ha lo scopo di rafforzare il legame tra il vino e la comunità, così da valorizzare il vitigno non solamente in quanto prodotto d’eccellenza, ma altresì come simbolo identitario del paese.
L’obiettivo è chiaro: portare il nome di Francavilla Fontana nel mondo, facendo conoscere il vino Noscia che racconta una storia di tradizione, innovazione e passione per la terra. Attraverso il Noscia, per l’appunto, Simone vuole far sì che il suo paese natale diventi sinonimo di qualità vinicola e riscatto territoriale.
Il Noscia è dunque un vino che vuole esprimere l’essenza del territorio pugliese e la tradizione della viticoltura autoctona, reinterpretata in una visione moderna. È un vino distinto in due varianti principali: Noscia Orange e Noscia Bianco, entrambe espressione del vitigno Francavidda, quest’ultimo coltivato in un contesto caratterizzato da un clima mediterraneo e terreni di medio impasto, ideali per esaltare le sue caratteristiche organolettiche.
Il Noscia Orange si presenta con una veste ambrata e luminosa, un colore che deriva dalla tecnica di macerazione delle bucce, impiegata per l’estrazione ottimale degli aromi e per aggiungere sofisticatezza al prodotto finale. Al naso emergono sentori di frutta matura, spezie leggere e sfumature di erbe mediterranee, aromi che si fondono armoniosamente per offrire un profilo aromatico ricco ed avvolgente. In bocca, esprime una notevole freschezza e tannini equilibrati: una struttura ben definita conducente ad una persistenza di sapori lunga e piacevole.
Il Francavilla Bianco, invece, è caratterizzato da un colore giallo paglierino con riflessi dorati. Al naso si distinguono note di fiori bianchi, agrumi e lievi accenni minerali che ne rivelano l’eleganza e la finezza. Al palato, il vino offre una freschezza vibrante, accompagnata da una sottile sapidità e una piacevole morbidezza, tutte doti che ne rendono l’assaggio armonico e bilanciato.
Entrambe le versioni del Noscia sono frutto di una vinificazione attenta, preservatrice dell’integrità del vitigno Francavidda, ed esaltanti le qualità del vitigno medesimo passando per tecniche moderne, rispettose delle tradizioni locali. Grazie all’approccio menzionato, il Francavilla diviene molto più che un semplice vino, ma s’innalza a celebrazione della biodiversità viticola pugliese e del legame indissolubile tra la terra e chi la lavora.
Il 2019 è stato l’anno decisivo per il vino Noscia. Grazie all’implementazione di tecniche di vinificazione avanzate, apprese durante i suoi studi presso l’Università di Udine, Simone è riuscito ad ottenere risultati straordinari. Le moderne pratiche enologiche applicate, come la cura delle temperature di fermentazione e l’attenzione a preservare gli aromi varietali, hanno portato a un vino che esprime tutto il potenziale del vitigno d’origine.
La vendemmia del 2020, realizzata in collaborazione con l’azienda agricola Melillo, ha segnato una svolta epocale: per la prima volta è stato imbottigliato un vino 100% Francavidda. Un evento che ha rivoluzionato la percezione del vitigno, e ha oltretutto posto in essere le basi per una rinascita enologica e culturale.
Il successo del Francavidda non è limitato ad un risultato di vinificazione impeccabile, ma giunge a rappresentare il frutto d’anni di studio e ricerca, guidati da una visione chiara: quella di valorizzare i vitigni autoctoni e di restituire loro il posto che meritano sulla scena enologica internazionale.
Santoro ha ambizioni che vanno oltre il successo personale. Il suo progetto enologico mira, non a caso, a trasformare Francavilla in un punto di riferimento per la viticoltura di qualità. Collaborando con i produttori locali, Simone sta costruendo una rete d’eccellenza all’altezza d’arrecare vantaggi economici alla comunità, ma senza dimenticare un nuovo prestigio per il territorio.
Con il vitigno Francavidda, Simone Santoro celebra la tradizione familiare e la cultura vitivinicola pugliese, e dimostra che si può puntare verso il futuro rimanendo rispettosi delle tradizioni e delle proprie radici.
Oltre al vino Noscia, Il giovane enologo Simone Santoro cura anche la produzione del Truddu, altra perla volta ad impreziosire la produzione locale, e ad esaltarla con la sua prelibatezza. Con la linea Truddu, si ha un altro modo di raccontare le “Emozioni di un territorio in un calice di vino”, come ricordato appunto da Simone. Alle due varianti del Noscia, si affiancano appunto quelle del Truddu, presente in ben 5 varianti: Primitivo rosso, Negroamaro rosso, Susumaniello rosso, Susumaniello rosato, Verdeca bianco.
Anche la linea di vini Truddu (ovvero “trullo”) riflette l’amore per il territorio e s’avvale di una cura artigianale nel processo di vinificazione, sempre all’insegna delle tradizioni e delle peculiarità vitivinicole della Puglia. Ai fini della preparazione, vi è un affinamento minimo di 12 mesi in tonneaux di rovere francese, un processo nel quale il Truddu Primitivo Rosso acquisisce la persistenza nel gusto, dal sorso morbido e vellutato. Un processo di produzione che verte, allo stesso modo, su una vendemmia eseguita manualmente e su una fermentazione a bassa temperatura, aspetti questi ultimi che presentano il loro apporto nel mantenere intatta l’integrità delle uve, quali elementi che raccontano le storie di un territorio unico e ricco di storia.
Il Truddu Negroamaro Rosso è da interpretarsi come omaggio autentico all’Alto Salento, dove il territorio adibito a coltivazione vitivincola simboleggia una storia di passione e dedizione. La varietà di Truddu in questione deriva da un’uva autoctona e si presenta in quanto bouquet aromatico complesso, dove trovare note d’amarena, frutti rossi ed un accento affumicato dalla spiccata intriganza. Nel procedimento per produrlo, ad assumere preponderanza sono la macerazione controllata e il prolungato affinamento in acciaio e rovere, delle fasi tali da conferire al vino le sue doti di freschezza e mineralità. Il Negroamaro Rosso di Truddu si assapora in una gustosa struttura, idonea all’accostamento con piatti dal sapore corposo, come ad esempio i formaggi stagionati.
Il Truddu Susumaniello Rosso è frutto di un vitigno dalla rara espressione, dal gusto cremoso e deciso. Anche qui le uve sono meticolosamente coltivate con metodi tradizionali, con un lieve appassimento per intensificarne l’aroma. Nell’esperienza gustativa con questa varietà vinicola, si viene a contatto con note di
mirtillo, spezie dolci e confettura di frutti rossi. L’affinamento avviene in tonneaux di rovere francese, ad esaltazione della complessità aromatica. Un vino che, oltre ad accostarsi con successo a piatti dal sapore corposo, si presta bene anche ad accompagnare il raccoglimento in meditazione.
Il Truddu Susumaniello Rosato è un vino che si presenta in tutta freschezza e vivacità, molto apprezzabile nelle calde serate estive. Qui la raccolta delle uve avviene in orari notturni, un’operazione apposita per conservarne gli aromi. Ne segue una preparazione accurata, finalizzata alla resa di un vino dai profumi floreali e dagli aromi di frutti di bosco e melograno. Nel Truddu Susumaniello Rosato si può percepire interamente la sapidità e la mineralità strettamente legate al territorio, compagno perfetto per aperitivi e piatti leggeri.
La varietà Verdeca Bianco di Truddu è da definirsi come un racconto profumato della Valle d’Itria. Abbiamo qui un vino che incanta con le sue note di frutta fresca tropicale in commistione a quelle di delicate erbe mediterranee. In questo caso è la fermentazione attentamente controllata, congiuntamente alla sosta sui lieviti, a donare al vino la struttura minerale e dai sapori avvertiti, oltre ad un’ampia dose di freschezza. Non a caso è molto indicato per momenti di convivialità all’aria aperta.
Si può trarre la conclusione che anche la linea Truddu, così come la linea Noscia, sempre sotto la cura di Simone Santoro, invita a farsi partecipi delle ricchezze del patrimonio vitivinicolo pugliese. Abbiamo parlato di vini che esprimono passione, tradizione e innovazione, in piena armonia rispetto al proprio territorio d’origine.