Tommaso Giagni è specializzato in Storia contemporanea alla Sapienza di Roma. Ha scritto su quotidiani come Il Riformista, Liberazione, l’Unità, riviste cartacee come Nuovi Argomenti, i mensili di Rassegna Sindacale e Carta, il Maleppeggio e riviste web – Nazione indiana, accattone. Scrive per il programma Photosound – 10 anni in fotografia di Rai Storia. Suoi racconti sono inclusi nelle antologie Roma capoccia (DeriveApprodi 2005), Voi siete qui (minimum fax 2007), Il lavoro e i giorni (Ediesse 2008), Ogni maledetta domenica (minimum fax 2010). Con Einaudi ha pubblicato i romanzi L’estraneo (2012) e Prima di perderti (2016).
Ha qualche genere che predilige come stile di scrittura? Si sente più portato per un genere in particolare?
“Non sono un cosiddetto scrittore di genere ma non ho preclusioni”
Il lockdown è stato un periodo particolare a livello sociale. Come ha vissuto il lockdown? È riuscito a scrivere?
“Credo di aver subito il lockdown meno della maggior parte delle persone, avendo di fatto mantenuto le abitudini di lavoro che già avevo. Neanche i ritmi di lavoro sono cambiati.”
Come difende il momento creativo, la fantasia, dalle distrazioni esterne?
“Buona parte del lavoro di scrittura, per la mia esperienza, è combinare gli stimoli esterni con il rigore del lavoro.”
Quale rapporto ha con la scrittura? Scrive ogni giorno?
“D’abitudine sì, scrivo ogni giorno, non molto ma qualcosa che grosso modo resterà così fino alla fine, con pochi ritocchi.”
Lei è tra quelli ai quali viene appiccicata l’etichetta di “giovani scrittori”, che sottintende un dato non solo anagrafico. E appunto anagrafe a parte ritieni che ci sia qualcosa – una cifra, uno stile, dei temi, un linguaggio, un’estetica, – che rende uno scrittore “giovane” e un altro uno “scrittore e basta”?
“Per le cose che scrivo ho iniziato a essere pagato a diciott’anni, ora ne ho il doppio e non credo di essere un giovane scrittore. Trovo sempre un po’ ridicolo che un trentacinquenne – chiunque sia – in questo Paese venga considerato giovane.”
Quali sono gli scrittori ai quali guarda come modelli?
“Amo autori diversissimi, mi sembra scivoloso parlare di modelli. Per dirne uno, Pavese. E tra i viventi, Coetzee.”
Che rapporto ha con Roma e con la zona di Roma in cui vive?
“Roma è dove sono nato e cresciuto, il rapporto ha naturalmente un’ambivalenza. Di sicuro la complessità e l’antiretorica della città mi hanno spinto a non saper fare a meno di entrambe.”