Il vescovo buono, Monsignor Giuseppe Chiaretti

In uno stabile signorile, ubicato presso una zona residenziale della città di Foligno, alloggia Monsignor Giuseppe Chiaretti, insieme alla sorella Piera. Giuseppe Chiaretti nasce a Leonessa, in provincia di Rieti, il 19 aprile 1933. All’età di undici anni assiste all’uccisione
di Don Concezio Chiaretti – suo zio – durante la nota strage di Leonessa, episodio di marchio nazista avvenuta tra il 2 aprile 1944 e il 7 aprile 1944 nel corso del quale vennero uccisi 51 civili: tutto ciò segnerà profondamente la sua vita religiosa. Nel 1955 viene
ordinato sacerdote, nel 1983 è eletto vescovo delle diocesi unite di Montalto e Ripatransone – San Benedetto del Tronto e abate dell’Abbazia di Montesanto. Ritenuto il più importante studioso di don Giuseppe da Leonessa, viene promosso arcivescovo e assegnato alla sede di Perugia-Città della Pieve il 9 dicembre del 1995. Poi arriva l’ordine e viene riconosciuto
come vicepresidente della Conferenza Episcopale Italiana. Ad oggi il Monsignore si è ritirato dalla carriera pubblica di vescovo, ma l’amore verso Dio che lo accompagna da una vita ha fatto si che creasse una cappella personale consacrata in
un salone della casa. Sulle pareti quadri originali dell’Ottocento, reliquie di ogni tipo – persino un frammento minerale della grotta della Madonna di Lourdes – disegni, fotografie con i ragazzi e i nipoti. Non mancano momenti insieme a Papa Giovanni Paolo II, ricordi di
viaggi in giro per il mondo e un ritratto di grandi dimensioni dedicatogli da un professionista della sua città natale.
2018. La chiesa non nutre più di quella stima che c’era anni addietro. Sono molti i fatti di cronaca che la vedono coinvolta in situazioni poco piacevoli. “C’è peccato anche all’interno della Chiesa. Ci sono delle reazioni intense, l’attuale Papa sta intervenendo. E’ giusto che ognuno di loro sia sottoposto a controlli specifici. Anche un solo sacerdote, sbagliando, pone in cattiva luce tutto l’ordine sacerdotale. Purtroppo chi sbaglia c’è, ed io li condanno, non li assolvo“.
Ha mai conosciuto, nel corso degli anni, don Lorenzo Milani?
“Sì, a suo tempo, quando ero solo un giovane prete. Sono andato a trovarlo a Barbiana, in Toscana. Un momento in cui don Milani era nell’auge, ricordato da tutti con particolare onore, una mente di passaggio della storia. Lui ha contribuito all’apertura della Chiesa
ufficiale al sociale”.
Che rapporti c’erano tra lei e Giovanni Paolo II?
“Una grande persona, avevamo rapporti più facili, quando ero arcivescovo di Perugia. Quando c’erano raduni o eventi speciali chiamavano me in quanto responsabile di tutti i vescovi d’Italia. Sono incontri naturali all’interno del ruolo che ricoprivo. Adesso sono
tranquillo, esco poco, mi sono praticamente ritirato in casa. Quello che mi rimane è la fede il ricordo di quello che sono stato.
Un uomo, mite, sorridente, amato e osannato da tutti. Un uomo senza peccato che ha vissuto una vita sacerdotale intensa e pura. In poche parole, un vescovo buono”.

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