“Una malattia? No. Il morbo d’Alzheimer non è semplicemente una qualsiasi malattia che colpisce, cosi, per caso, un solo individuo. Questa patologia, come ho potuto appurare, si presenta estremamente contagiosa. […] Il contagio di cui vi parlo io riguarda le emozioni, gli stati d’animo, i pensieri. Sì, signori miei, chi assiste uno qualsiasi dei vostri pazienti, in realtà, arriva ad ammalarsi nell’animo di un morbo che, nella maggior parte dei casi, sembra non avere un nome, ma che in altri, quelli più gravi, si chiama depressione”.
Queste le parole impiegate da Stefania Rinaldi per spiegare l’Alzheimer in ‘Come cenere a Vallaida’. Una malattia terribilmente pesante da affrontare sia per chi ne viene contagiato che per le persone che circondano la persona malata e che se ne prendono cura.
Questa la storia di Paolo, Viola e Martina: una famiglia apparentemente normale in cui il primo gioca un ruolo di padre premuroso, la seconda di una madre amorevole e la terza di una figlia giovane e ambiziosa.
Una famiglia normale fino alla scoperta del tristemente famoso morbo che sconvolgerà completamente la vita dei protagonisti.
Paolo e Viola, attori principali di una storia d’amore all’insegna della passione per il teatro, galeotto e testimone del loro incontro. L’opera prediletta La Traviata di Giuseppe Verdi, che nella storia dei due, funge da filo conduttore. Due i teatri più importanti che segnano la vita di entrambi, ameni e caratteristici luoghi, in cui Paolo riesce finalmente ad aprirsi parlando di un passato omesso per troppo tempo per amore di sua figlia Martina.
Quest’utima una giovane e ambiziosa donna, fisicamente lontana dai suoi genitori per questioni lavorative, che dovrà fare i conti con la malattia della madre e adeguarsi a questa nuova situazione.
“I più grandi avrebbero dovuto vegliare sui più piccoli. Ma ciò non sembrava valere per la famiglia di Paolo che, adesso, vedeva sovvertire i ruoli: in effetti c’era una bambina da accudire e proteggere da se stessa, ma non era la figlia… si trattava di sua moglie”.
Così viene descritta la nuova condizione, con parole dolci ma amare allo stesso tempo. Una condizione in cui, purtroppo, molti lettori potranno ritrovarsi. Viola, definita prigioniera del passato, è difatti tornata bambina e con un ribaltamento dei ruoli improvviso, la sua famiglia dovrà prendersene cura.
Una trama fortemente dominata dai sentimenti e dalla drammaticità legata a doppio filo alla teatralità e a quell’Opera portata in scena dagli attori Paolo e Viola, inconsapevolmente protagonisti della storia più bella.