Giuseppe Dalla Torre, per 25 anni presidente del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano, racconta la storia della sua famiglia, che per generazioni – nonno, padre e nipote – è stata a servizio in Vaticano. In “Papi di famiglia. Un secolo di servizio alla Santa Sede”, edito da Marcianum press,
tre generazioni di una antica famiglia veneta, poi trasferitasi a Roma, hanno a diverso titolo lavorato al servizio della Santa Sede, potendo così avere rapporti di vicinanza, talora di familiarità, con otto pontefici. Il libro narra da una prospettiva inusuale tali rapporti, dando modo di arricchire la conoscenza dei diversi Papi anche in aspetti meno conosciuti della loro personalità. Ma tutta l’opera è tenuta insieme da un fil rouge che si dipana dalle aperture di Leone XIII, che introduce la Chiesa nella modernità e le cui indicazioni magisteriali costituiscono, in sostanza, ragione e spirito di un impegno di quattro generazioni di fedeli laici nell’animazione cristiana dell’ordine temporale.
L’introduzione all’opera è stata scritta dal cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, che osserva come l’autore presenti al lettore il mondo vaticano, così spesso “circondato da un alone di riservatezza, che esercita sempre nell’immaginario individuale e collettivo un grande fascino, suscitando palpabile interesse e talora fantasiose ricostruzioni”.
Tra le pagine Dalla Torre compie un excursus dal 1800, con il pontificato di Pio X, fino ai giorni nostri, con Papa Francesco, scegliendo come punto di osservazione privilegiata il ramo maschile della sua famiglia, per raccontare così una storia autobiografica che si intreccia con quella di personaggi che hanno rivestito ruoli importanti.
In ordine cronologico scorrono prima i racconti legati al nonno dell’autore, suo onomino, che diresse per 40 anni, dal 1920 al 1960, l’Osservatore Romano, nei primi anni sotto la guida attenta di Benedetto XV. Quindi c’è la figura del padre, Paolo Dalla Torre, impegnato in Azione Cattolica, che nel 1960 venne chiamato da Giovanni XXIII alla direzione generale dei “Monumenti, Musei e Gallerie Pontificie”, come allora venivano chiamati i Musei Vaticani. Infine ci sono i ricordi recenti, vissuti in prima persona dal giurista chiamato nel 1994 a dirigere il Tribunale dello Stato vaticano da Papa Giovanni Paolo II, ma già da prima impegnato, tra gli altri, nel processo ad Ali Agca, l’attentatore di Wojtyla, e nella revisione del Concordato del 1984.
Un’impostazione memorialistica efficace perché consente di guardare ai Papi in modo più umano, sentendoli vicini, scorgendo il loro essere persone colte nel quotidiano da dipendenti che hanno avuto il privilegio di incontrarli così da vicino.
Un’immagine di Chiesa letta alla luce dell’esperienza dei laici, in linea con le innovazioni e le aperture del Concilio Vaticano II.