“Raccomangiamoci”: un neologismo prezioso, una simbiosi di significati che fa riflettere, tanto. Una crasi di parole che nasconde una portata emozionale incredibile, degna di uno studio semantico. Parole che assurgono a sommi aggettivi perché, dopo aver letto l’opera di Ippolita Di Lecce (PAV Editori), restiamo impregnati di un carico di sensazioni che colora non solo il nostro appetito ma anche la nostra immaginazione, il nostro animo, la nostra vita. Come ne “L’abito di taffetà”, la sua opera prima, anche in “Raccomangiamoci” è presente l’elemento autobiografico, astraendo dalle sue vicende, attraverso un processo induttivo, concetti, sentimenti e pensieri universali. Ecco quindi che il fine, lo strumento e il protagonista del “libruncolo”, come Ippolita è solita definire il suo scritto, diventa l’umanità, colta con acume visivo e stesa con mille colori arguti su pagine che scorrono veloci, troppo veloci per non restare, finita la lettura, con la fame di un nuovo libro.
“Racco”: probabilmente l’autrice abbrevia inconsciamente il verbo in prima persona singolare, presente indicativo, ma non credo lo ammetterà mai, la sua umiltà supera abbondantemente l’esibizionismo minimo sindacale che caratterizza qualunque artista che voglia comunicare un messaggio. Già la vedo schermirsi davanti alla mia interpretazione, rifugiarsi in un suo colorito slang dialettale biscegliese che supplica una maggiore discrezione. Eh sì, la nostra Ippo descrive le sue emozioni, esperienze e sentimenti ma guai a farle notare la sua magnificenza, la sua visibilità, la sua bellezza interiore ed esteriore. Coglie, Ippo, aspetti apparentemente superficiali della vita quotidiana di tutti, donne, uomini, anziani, bambini, ragazzi, paesani, provinciali, romani, parenti, amici, conoscenti, a volte persone incontrate per caso, per trarne delle storie che, inevitabilmente, mostrano una faccia della nostra realtà bella, brutta o ambedue insieme. Spaccati di una società, la sua, che inevitabilmente è anche la nostra perché la incontri a scuola, a casa, al mercato, in un museo, in una conferenza, al mare, al paese, nella capitale, a cena…
“Mangiamo”: altra interpretazione particolare da cogliere per la sua ricca semplicità. Ippolita non solo descrive magistralmente le sue ricette ma le mette anche in pratica, con piatti da far invidia a chef stellati quanto a presentazione, fantasia e, soprattutto, sapori. Quando si ha la fortuna di essere invitati a una sua cena, bisogna cominciare la preparazione due o tre giorni prima, attuando un digiuno con sacro rigore e, soprattutto, previdente buon senso. Rinunciare al bis della sua pizza pugliese, alta tre centimetri e ricoperta da pomodorini sott’olio come antipasto, richiede un sacrificio ricompensabile solo dalle altre squisitezze che arriveranno a seguire sulla tavola. Ippolita, invece, sbocconcella ogni tanto ma gode nel vedere il povero commensale che, nel falso dubbio di fare come l’asino di Buridano, mangia tutte le leccornie che gli capitano davanti, arrivando a fine pasto pronto per il parto!
“Ci”… Come già detto, il coinvolgimento nelle storie di Ippo è inevitabile, è una tentazione continua del piacere, Ippo ci coccola con le sue calde parole a cui corrispondono forti emozioni. Mi sovviene un proverbio della mia provinciale infanzia che recitava così: “Se vai al mulino ti infarini…”. Ecco, leggendo “Raccomangiamoci” non riusciamo a restare impassibili perché le parole di Ippolita ci coinvolgono in tempi, luoghi e vissuti inevitabilmente comuni, a prescindere dalla latitudine e dal tempo. È un’individualista, come tutti gli artisti che si rispettino, ma che fa della sua arte un fenomeno sociale, diffuso, trasversale.
C’è, in verità, un’altra parola tra le lettere di “Raccomangiamoci” che merita di essere evidenziata ed è, forse, la più importante: “amo…”. Ippolita ama, ama la vita, ama i piaceri della vita ma anche le piccole cose, quelle più semplici. Le sue esperienze, a volte dolorose, non l’hanno indurita, non l’hanno resa insensibile ma, anzi, l’hanno protesa verso il prossimo, rendendola più disponibile, più vicina, più generosa di carezze per tutti i suoi lettori. E la corrispondenza è dolce in questo amor…
“Raccomangiamoci” – di Ippolita Di Lecce – PAV Edizion