L’amore brucia come zolfo: l’impronta del destino nelle vite di schiavi e padroni
Titolo: L’amore brucia come zolfo
Autore: Lucia Maria Collerone
Genere: Romanzo storico/di formazione
Casa Editrice: WriteUp Site
Collana: #partenogenesi
Pagine: 208
Codice ISBN: 978-88-85629-36-3
A cura di Antonella Quaglia
L’amore brucia come zolfo di Lucia Maria Collerone è una storia toccante e intensa, tratta da una vicenda realmente accaduta. Un dramma della miseria e un racconto storico ambientato nella Sicilia di fine ottocento pioniera delle miniere di zolfo, dove era netto il confine tra chi aveva tutto e chi non aveva niente. Luoghi mefitici e nobili dimore si alternano in un romanzo che penetra nel profondo del cuore dei suoi personaggi e ne restituisce i sogni e i dolori con la forza distruttiva di un incendio: dalla protagonista Cecilia al suo sfortunato padre Bartolo, fino al signore delle miniere, il Barone Ferdinando, ognuno di loro è imprigionato nelle gabbie della mala sorte, della dannazione, dello scandalo e della privazione. Miseria e nobiltà come facce della stessa moneta gettata in aria dal destino, che intreccia e disfa la trama delle vite di poveri e ricchi, di schiavi e padroni. La storia di Cecilia è avvolta nella stessa oscurità che lambisce i lavoranti nelle grotte di zolfo, e in cui suo padre si avventura ogni giorno, perdendo umanità e diventando un diavolo. Un’oscurità che come un’entità viva si acquatta in un angolo e aspetta il momento propizio per colpire, ed è nella storia della famiglia di Cecilia che si mostra tutto il dramma di chi sa che quel respiro tanto cercato e trovato con fatica sarà presto soffocato dal buio della disperazione. L’amore brucia come zolfo è una storia crudele ma anche estremamente delicata, in cui si racconta di un amore grande e contrastato da un destino beffardo che dona e toglie a piacimento, e quando dona lo fa a caro prezzo. Ferdinando e Cecilia sono amanti sfortunati, stretti in un legame che in principio è fonte di gioia, ma che diventa una prigione di apparenze, in cui l’amore si trasforma in cenere, e quella cenere seppellisce pian piano il corpo della giovane, mentre è ancora in vita. Cecilia sprofonda in una lucida follia in cui Ferdinando non può che accompagnarla; la bella donna dai lunghi capelli rossi perde colore, bambola di porcellana rotta tormentata dal vuoto: “Nessuno poteva immaginare il rantolo della morte che le attanagliava il cuore. Fu così che, ospite neanche troppo inaspettata, la pazzia s’infiltrò nei suoi pensieri, forse come estremo aiuto, ma le rubò la vita, la speranza, il futuro”. Nonostante non ci sia redenzione e pace per i protagonisti, le parole di Lucia Maria Collerone riescono a rendere poetiche anche le esistenze più miserevoli, e le sofferenze più intense. Antonella Quaglia
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