Ci sono libri che raccontano storie attese, prevedibili, poiché sono concepiti per compiacere lo Zeitgeist, vale a dire lo spirito del tempo. Il romanzo di Licia Pizzi percorre invece una traiettoria diametralmente opposta. Intitolato Piena Di Grazia, edito dalla casa editrice Ad Est dell’Equatore, il libro stravolge le attese contenute nel titolo. La protagonista, per l’appunto Grazia, è descritta come una figura tozza, dedita ad attività faticose come l’allevamento dei maiali, succuba di decisioni prese da altri, immersa in una esistenza apparentemente senza scampo in un innominato paese del Sud. Le vicende narrate si dipanano in un tempo antico e volutamente imprecisato. Parafrasando Fernand Braudel, si può dire che l’autrice prediliga le strutture storiche di lunga durata, la ‘longue durée’, alla Storia intesa come racconto dei fatti organizzati secondo la cronologia convenzionale. Gli amici di Grazia sono la natura, il bosco, i maiali. Questi ultimi sono testimoni della sciagura che si abbatte sulla famiglia di macellai presso la quale lavora come donna di servizio e della quale sarà ritenuta colpevole: “I maiali sapevano che lei sapeva. La connivenza di quel segreto animale era insopportabile. Gli occhi fissi e senza ciglia le dicevano di sapere, di nascondere insieme, di condividere un segreto. La fissavano nei suoi, azzurri e porcini”. Quando a morire è il nipote del macellaio del paese, i cui affari incominciano tra l’altro ad andar male, ci deve essere un colpevole, un capro espiatorio, un alieno da stigmatizzare. La cattiva sorte, d’altra parte, accompagna la protagonista sin dalla nascita. Abbandonata dal padre, invisa alla madre, amata forse dalla nonna che non perde occasione di ricordarle di ‘fare la brava’, ad essere “lutulenta” – per riprendere l’aggettivo utilizzato dalla giuria del prestigioso premio InediTo dove l’autrice si è piazzata seconda per essere poi segnalata come finalista allo Strega – è l’intera esistenza della ragazza. L’unico essere umano a farla sognare è proprio il figlio del macellaio, Nuccio, che incontrava la domenica a messa, prima di essere scelta come domestica: “le trema il cuore quando lui, come distrattamente, girandosi durante il segno di pace lancia sempre uno sguardo nella sua direzione, increspando le labbra. Grazia pensa che sarebbe bello stare sempre con Nuccio. Pensa che lui la voglia come moglie.” La realtà è ben diversa e lei di Don Raffaele, il padre di Nuccio, diventerà la serva e non la nuora. Non sa cosa siano né l’amore né l’appagamento. Può coglierne qualche aspetto sentendo le canzoni delle altre donne che, come sua madre, fanno il bucato al fiume. Si chiede se amare significhi “difendere ciò che si ha o prendere per il proprio piacere.” Nell’ordine culturale e simbolico del patriarcato, descritto con estrema puntualità dall’autrice, Grazia assume poteri sovrannaturali agli occhi di chi tenterà di porre fine alla sua esistenza, per scacciare nuove sciagure. Lei è la janara pericolosa, la strega da bruciare, a’ malamente, che può sovvertire le regole senza tempo della comunità nella quale è – per così dire – una figura in&out. Con fare violento e maldestro, i suoi aguzzini cercheranno di risolvere la minaccia, imbevuta di superstizione e magismo, seguendo la logica del rituale “a tutela della presenza”, descritta dall’antropologo Ernesto de Martino nel suo celebre volume Sud e Magia. Ma tutto andrà storto, perché l’imponderabilità degli eventi avrà il sopravvento, lasciando la figura di Grazia in una situazione di assenza di regole. Il tempo della notte e del delitto nel bosco, una scena descritta con una perizia letteraria che ricorda le tragedie di Shakespeare, lascia il passo all’alba di un nuovo giorno. Nella casa dei Signori, la moglie legittima di Nuccio scoprirà di essere incinta, mentre Grazia si dileguerà come se non fosse mai esistita. La scomparsa pone una serie di domande sulla sua sorte: abiterà il bosco? tornerà dalla madre? riuscirà ad attraversare la montagna che separa il suo paese dal resto del mondo? potrà finalmente entrare nella Storia?
Foto della copertina del romanzo courtesy dell’autrice.