Torna, lettera di un padre al figlio omosessuale

Ci sono libri capaci di toccare le corde più interne del cuore del lettore, anche se, apparentemente, affrontano un tema che può non riguardarci in prima persona.

E’ questo il caso di “Torna”, di Stefano Antonini.

Libro per adolescenti e per famiglie, per genitori e per figli, che parte da un tema, l’omosessualità, per arrivare ad indagare a fondo la difficoltà dei rapporti padre-figlio, l’amore per se stessi, la paura che spesso gli adolescenti, ma non solo loro, possono avere verso il mondo esterno, la difficoltà di sentirsi accettati.

E’ un libro sull’amore, innanzitutto, da leggere tutto d’un fiato.

L’episodio da cui si parte è la scoperta di un padre dell’omosessualità del figlio adolescente, sorpreso a 17 anni tra le braccia di un altro ragazzo. Un mix di sensazioni lo gelano, portando ad una brusca reazione di silenzio che durerà anni, spezzato solo da una lunga e toccante mail che il genitore scriverà al figlio.

Ma qual è il significato del verbo “tornare”, come titolo di questo libro, per l’autore?

Accettare un momento di emozione forte, in tutti i rapporti e tornare sui propri passi: ripensare che quel che hai fatto non è una cosa che necessariamente ti segnerà per tutta la vita, perchè spesso e volentieri in adolescenza non esiste la via di mezzo e ricevere una risposta violenta da una persona vicina è un trauma può durare tutta la vita.

Attenzione a quando si tira su un muro e si pensa di non poter tornare indietro. Questo vale per tutti, ma in particolar modo per gli adolescenti, spesso così intensi nel loro modo di vivere e affrontare problemi e situazioni: attenzione a non chiudere porte importanti o a fare danni difficilmente riparabili.

Tante le frasi che colpiscono e invitano alla riflessione, durante la lettura di questo libro. Una è sicuramente: “Sessualità fa rima con libertà”, soprattutto per gli adolescenti di oggi, molto più abituati dei loro coetanei delle generazioni passate, ai rapporti omosessuali, bisessuali, etc…

La televisione, infatti, ormai da anni ha inserito spesso questo genere di situazioni all’interno di trasmissioni, pubblicità, serie televisive, etc… Da questo punto di vista, abbiamo tutti un po’ da imparare, cresciuti con una sorta di ombra, di paura, che ci frena e ci toglie la possibilità di vedere tutte le sfaccettature dell’amore, del sesso e della sessualità. Un cinquantenne che ancora oggi mostra il suo stupore ad un adolescente che ha un amore omosessuale, viene subito bollato come un vecchio, fuori dal mondo.

Questo è ciò che Stefano ha potuto constatare girando per l’Italia centro-settentrionale, andando a parlare nelle scuole, molte delle quali hanno adottato il suo testo, ma anche navigando sui social e leggendo le riflessioni di molti giovani che si sono confontati col suo libro.

Alla fine, a che serve giudicare il prossimo?

Gli adolescenti non ne sentono il bisogno.

“E forse e proprio grazie a questo, ho sempre baciato labbra che sapevano parole”. Ecco un’altra frase bellissima di questo libro, che ci porta verso scenari di una profondità introspettiva non comune.

L’importanza di non svendersi mai: non stare con qualcuno semplicemente perchè tutti lo fanno o per non sentirsi soli. La vera unione è quella capace di far decollare l’intera esisistenza. Stare con qualcuno che ci faccia stare bene, anche e sopratuttutto con le sue parole, senza andare di fretta.

Dolore, amore, fisicità (e quindi rapporto col prorio e altrui corpo): questi tre temi che “tornano” spesso, sfogliando il libro di Stefano.

Cos’è il dolore? Qualcosa con cui fare i conti, a cui bisogna abituarsi; un compagno di viaggio, da mettere in conto. I ragazzi spesso crescono troppo tutelati, ma il dolore appartiene alla nostra natura e per questo il protagonista del libro diventa una specie di soldato nell’affrontarlo.

Perdere la persona amata, deludere un genitore e incrinare quel rapporto, queste sono esperienze devastanti, soprattutto per gli adolescenti, con il loro modo di vivere la vita così intenso. Ognuno di noi deve imparare a convivere con il proprio dolore, abituarsi a conoscerlo, sapendo che la felicità dura spesso pochi istanti, è effimera…

“Torna” nasce da tante esperienze di padri che non hanno saputo affrontare queste situazioni oppure che sono tornati sui loro passi, imparando a “gestire” l’amore per il figlio. Quello creato dall’autore è un padre ideale, un supereroe, che sbotta, per poi tornare, però, su suoi passi, proprio per via dell’amore per il figlio. In questo amore incondizionato che ogni genitore prova, come si fa a pensare di tirarsi indietro, quando si apprende dell’omosessualità del proprio figlio?

L’Amore, quello vero, con la A maiuscola, non è come un interruttore della luce, che si spegne quando l’altra persona ci delude, ma al tempo stesso non deve nemmeno essere soffocante.

Spesso ci si sente diversi a causa del proprio corpo, soprattutto in considerazione dei miti proposti dal cinema, dalla televisione, dai giornali, dalla società. Ecco allora la necessità di stare con qualcuno che ci faccia stare bene con le sue parole, facendoci sentire accettati, importanti, amati.

“Torna” è stato inserito anche nelle pubblicazioni che entrano nelle Chiese come stumento di accettazione, promosso dal gruppo omosessuali cattolici italiani di Milano.

E’ forte il conflitto nei ragazzi con una cultura cattolica molto radicata e quindi la figura del padre spirituale gioca un ruolo fondamentale. Molti cattolici, infatti, vivono la loro omosessualità di nascosto oppure con una forte conflittualità nei confronti della Chiesa.

Questo libro vuole essere allora anche un tassello in grado aprire un’ulteriore porta, uno strumento di mediazione, a partire da noi stessi e da ciò che ci fa stare bene, senza vivere il rapporto con Dio, come con una entità superiore, sempre pronta a condannarci.

Un libro da leggere, rileggere, raccontare nelle scuole, ma anche vivere a tutte le età. Perchè l’educazione all’amore per se stessi e per gli altri, passa anche attraverso un corretto approccio con la sessualità ed inizia da subito, già dai primi banchi di scuola: è lì, infatti, che Stefano vuole continuare a lavorare, con bambini di 4 o 5 anni fino agli adolescenti.

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