God Save The UK! Boris, la Regina e il virus

Un evento a suo modo storico, il discorso della 93enne Elisabetta II alla nazione britannica, registrato e trasmesso domenica sera sugli schermi televisivi di tutti i cittadini d’oltremanica. La Regina non ama mostrarsi in pubblico in senso politico e intervenire nelle questioni mondane, in un periodo storico in cui la nobiltà dominante appare quantomeno anacronistica. Elisabetta aveva parlato alla nazione in sole altre quattro occasioni: la morte di sua madre, quella di Lady Diana, la Guerra del Golfo e, per ultima, quella per il sessantenario del suo regno. Insomma: la sola, preannunciata decisione di tornare a parlare in pubblico ha lasciato trasparire che la situazione non fosse rosea come gli inglesi si sarebbero aspettati solo un mese fa.

Il suo è stato un discorso in piena tradizione britannica, “alla Churchill”, con le dovute differenze; un discorso che invita all’unione per poter tornare a vincere insieme, condito di messaggi simbolici come il vestito verde, interpretato come cenno di solidarietà verso medici e infermieri, e un look “non festivo” sul quale si stanno sbizzarrendo le supposizioni dei più attenti a questo genere di cose.

E, proprio mentre la Regina pronunciava queste parole, il primo ministro Boris Johnson veniva trasferito in ospedale per sottoporsi alle cure per il COVID-19. Il premier conservatore, che aveva contratto la malattia una decina di giorni fa, era precedentemente in autoisolamento a casa e riteneva di poter sconfiggere il coronavirus col semplice riposo. Purtroppo per Johnson, che ha sottovalutato erroneamente il virus due volte su due, le cose stanno andando diversamente.

Oltre al premier 55enne anche la compagna Carrie Symonds, in dolce attesa, è positiva al virus: per lei, però, il riposo sembrerebbe essere stato più d’aiuto, anche in virtù della sua più giovane età, 32 anni.

In generale, si può ben dire che il Regno Unito cominci ad aver paura, per davvero: il capo del governo malato e la Regina in televisione non sono un buon segno. E dire che inizialmente non solo Johnson, ma anche gli stessi britannici avevano bollato il virus come una preoccupazione non particolarmente ingente – al di là, si intende, di proposte atroci come quella dell’immunità di gregge, che avrebbe causato la morte di milioni di persone.

Oggi il Regno Unito è chiuso, più o meno, in linea con gli altri Paesi europei e dedito alla causa del distanziamento sociale, dello smart working e di tutte quelle pratiche che oggi, in tempi di lockdown, stanno lentamente andando a costituire la nuova normalità.

Ci si chiede, però, inevitabilmente: se Johnson, seguendo l’esempio dell’Italia e agendo d’anticipo, avesse deciso di “chiudere” prima il Regno Unito? Se avesse evitato di stringere le mani, con fare spaccone, ai malati di coronavirus? Allora quale sarebbe lo stato attuale del contagio nella terra di Albione? L’orgoglio ha preceduto non la caduta, ma quantomeno la paura?

 

Foto La Regina Elisabetta II parla alla nazione britannica.(BBC)

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