In vista delle porssime elezioni europee, pubblichiamo ampi stralci di un articolo uscito il 10 Aprile sul giornale online Il domani d’Italia “Europa in fieri”.
Spesso parlando di Europa non si adotta semplicemente una prospettiva, il che è inevitabile per qualsiasi discorso, ma si prova a definire un’identità, una proprietà coerente di “ciò che è Europa”. Forse anche questo è altrettanto inevitabile. Infatti proprio nel momento della crisi, quando si è smarrito ciò che era dato per scontato (ad esempio il senso della democrazia rappresentativa), nel momento della prova decisiva, viene naturale “farsi forza”, “resistere”, innanzitutto interrogandosi sulla propria identità. È un istinto naturale, dunque di per sé neutrale, non necessariamente positivo o negativo. Alla legittima e giusta domanda sul chi siamo, si risponde però con contenuti diversi, e soprattutto con modi e stili diversi. Qui sta il punto. Lo stile rivela il senso del contenuto, con che spirito è inteso.
Oggi uno stile diffuso sembra essere la semplificazione, lo schematismo, e dunque l’irrigidimento, la cristallizzazione ideologica di una “cosa” Europa. Una deriva pericolosamente sterile che, astraendo dalla realtà delle persone e delle loro relazioni nella comunità, fa rinchiudere in populismi identitari “dal basso” (“l’Europa è il popolo arrabbiato”) o in elitarismi della tecnocrazia “dall’alto” (“l’Europa è l’Unione Europea e le sue politiche”, e nient’altro).
In questa situazione, al giovane europeo investito dal vento individualista-populista (perché i due elementi sono connessi), nel momento della crisi della democrazia e della comunità politica in quanto tale nonché dell’idea di un’Europa “unita nella diversità”, si presenta oggi il difficile compito di trovare un modo adeguato, un tono giusto, una voce significativa, per dire cosa è l’Europa. O meglio, come si farà l’Europa.
Trovare questa voce, adattare il tono, lo stile, il pensiero alla realtà attuale nella sua evoluzione futura è la vera sfida dell’europeo di oggi e di domani, ed è la vera questione sull’identità europea. A partire da questa sfida oggi si dovrebbe riflettere sul nostro essere europei con spirito lucido e libero, senza rigidità di nessun tipo. Un discorso genuinamente europeista oggi non può fermarsi a un banale “revival” di antiche radici archeologicamente venerate, ed è necessario invece un chiarimento di idee sullo stile di fondo dei sognatori, pionieri e fondatori d’Europa, quelli di ieri e quelli di domani: questo stile è la speranza.
La tradizione europeista, con tutte le sue diverse sfumature, ci insegna fondamentalmente questo, che l’identità dell’Europa è e deve essere per sua natura un’identità dinamica, in fieri, aperta e protesa verso il futuro, forte proprio del suo cambiare procedendo con saggezza nel progresso della storia ed oltre essa. Non si tratta di banale ottimismo, ma di una chiara scelta morale e politica densa di senso, una scelta sul destino stesso dell’Europa e degli europei: essere una comunità coesa e aperta all’altro e alla speranza, faro di libertà e giustizia nel mondo.