Le votazioni regionali in Basilicata, lo scorso fine settimana, hanno riservato ben poche sorprese in relazione all’andazzo nazionale della politica e dei suoi orientamenti. Avanti di dieci punti la coalizione di centrodestra, che si appropria così della vittoria facendosi forza dell’unione tra Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia attorno al candidato vincente Vito Bardi, che ha ottenuto il 42% dei voti. Unione ormai collaudata, che tra i suoi trofei recenti può annoverare – con dinamica simile – anche la Sardegna. La Lega, pur da partito di governo, ha ancora bisogno di riunire a sé il resto della destra per poter superare in numero gli avversari. Il che, probabilmente, riflette anche il possibile futuro a livello nazionale, dove – più che di Berlusconi – sarà fondamentale in tal senso il ruolo di Giorgia Meloni, più ideologicamente vicina a Salvini.
Il neogovernatore Bardi potrà avvalersi del premio di maggioranza e costituire così una giunta regionale che vedrà la sua coalizione forte di dodici consiglieri, distribuiti tra i partiti che ne fanno parte e al primo posto la Lega, con sei di essi; questi contro i sette delle opposizioni (tre per il Movimento 5 Stelle, due per Avanti Basilicata e due per Comunità democratiche – Pd). Il focus dell’azione di Bardi, nelle sue stesse parole, sarà “il lavoro, al primo posto”, per evitare la drammatica fuga dei giovani in cerca di fortuna in regioni come la Basilicata, dove il problema è particolarmente sentito.
Fin qua, come si accennava, nulla di nuovo rispetto alle dinamiche nazionali. È pur vero che le elezioni lucane abbiano registrato qualche anomalia, in particolare per quanto riguarda i risultati ottenuti dal Partito Democratico e dal Movimento Cinque Stelle. La sinistra, in primis, perde la Basilicata dopo ventiquattro anni, e lo fa in un momento politico nel quale sembrava essersi leggermente rialzata dal baratro con la nuova guida Zingaretti: a rendere più concreta l’ipotesi della poi avvenuta sconfitta è stata, probabilmente, la presenza del candidato Carlo Trerotola, che non ha convinto i lucani. Non è bastata la spinta del nuovo segretariato nazionale a eclissare i dubbi sul candidato Pd, che dichiarò di non aver mai fatto politica e di trarre la propria ispirazione da Giorgio Almirante, storico segretario del Msi.
Altro grande sconfitto della tornata è il Movimento Cinque Stelle, a dire il vero in maniera prevedibile dopo un’annata non esaltante al governo, e in seguito ai mutamenti di gestione partitica interna. I “delusi” a Cinque Stelle sono una fazione che si fa sempre più numerosa: nonostante Di Maio non ci stia, e affermi che il Movimento sia ancora risultato come il primo partito in Basilicata, i numeri sono evidenti. Alle elezioni politiche dello scorso anno, il M5S aveva ottenuto il 44,3% delle preferenze alla Camera; questa domenica ha avuto il 20% dei voti, facendo di fatto meno del centrodestra unito (come si diceva, il 42,2%) ma anche dello stesso centrosinistra (33,1%). Una sconfitta – si potrebbe dire – è una vittoria, dipende da che punto di vista la si guardi.