Quale futuro per i beni culturali del nostro Paese? Molto si è detto attorno alla nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza, voluta dal nuovo esecutivo: numerose sono le incertezze e le discussioni sulla fattibilità della proposta a firma Conte-Tria, oggi al vaglio dell’opinione pubblica italiana ed europea. I punti indicati dal Governo come di primaria importanza sono di natura economica e tra essi non è menzionata la cultura, che compare invece in una sezione “contenitore” del documento rimasta intoccata dall’attenzione mediatica. La voce “Beni culturali” occupa solo una pagina scarsa del nuovo Def, ma saranno i futuri disegni di legge a dare realmente volto alle presenti dichiarazioni programmatiche, e renderne infine chiare la natura e la portata.
È in primo luogo prevista un’ottimizzazione delle funzionalità del MIBAC, come recita la pagina 108 del testo: essa è ritenuta necessaria per una più efficace valorizzazione dei beni culturali nel nostro Paese, e includerà un piano straordinario di assunzioni la cui entità è ancora ignota. Altresì preventivata una mappatura dei beni in stato di abbandono, nonché un progetto di prevenzione dei rischi per i siti archeologici. Il tutto sarà inquadrato in una serie di provvedimenti burocratici volti a rendere l’ecosistema ministeriale più capillare e organizzato. Sul piano della promozione culturale, si menziona la possibile introduzione di una card per l’accesso agevolato al patrimonio museale, come anche un migliore utilizzo dei fondi europei: a beneficiarne sarebbero l’educazione giovanile e le nuove iniziative nel settore artistico e architettonico.
Quanto elencato, ovviamente, resta al momento un’intenzione di programma non meglio definibile: sarà il dibattito parlamentare a modellare in maniera definitiva i progetti di risanamento del comparto culturale del nostro Paese, e far sì che la promessa erogazione di fondi su ognuno dei fronti citati non rimanga lettera morta