C’è dunque uno spettro chiamato Sardine che si aggira per l’Italia? A guardare i successi di piazza, inanellati nell’ultimo mese, possiamo certamente rispondere sì. Il guanto di sfida lanciato a Matteo Salvini e alla Lega – primo partito italiano, secondo tutti i sondaggi – ha prodotto una sorta di effetto valanga, una palla di neve, per così dire, partita da piazza Maggione a Bologna e giunta fino in piazza San Giovanni a Roma. Le immagini della piazza delle piazze per la sinistra, per i sindacati, in tempi più recenti anche per M5S e per le destre, colpiscono non solo per la quantità di persone coinvolte (poco importa se fossero davvero 100mila), ma soprattutto per la qualità dell’evento. Chi scrive vi ha preso parte, ricavandone alcune caratteristiche distintive di questo movimento rispetto ad altri. In primo luogo, la piazza, pur essendo gremita, era transitabile e libera: le persone entravano ed uscivano, si spostavano (un po’ come fanno i pesci) in assenza di un palco frontale dal quale ascoltare le parole del/dei leader. Gli interventi si sono succeduti da un palco laterale improvvisato, a significare che l’epicentro dell’evento era rappresentato precisamente dalla presenza in movimento dei partecipanti. Chi ha preso la parola ha avuto il dono della sintesi e della chiarezza. Non pochi osservatori hanno criticato la vaghezza dei punti programmatici esposti dal front man del movimento, cioè Mattia Santori. Tuttavia questa critica è fuori centro perché, ad oggi, le Sardine sono un’espressione della società civile e non un partito politico. Chi si aspettava un manifesto programmatico è rimasto deluso da una aspettativa basata sul fraintendimento della natura delle Sardine. In piazza abbiamo visto persone per lo più silenziose, quindi in dissenso rispetto ad una politica urlata in televisione e sui social network, involgarita e instupidita dalla frenetica ricerca del consenso da conquistare conquistando “la pancia” delle persone. Qualcuno ha intonato Bella Ciao – la canzone partigiana per eccellenza cantata a Torino anche dall’ecoattivista Greta Thunberg – per ricordare i valori alla base della Costituzione. Non c’erano bandiere di partito, ma tanti pesciolini di cartone, più o meno colorati, per rappresentare il movimento ed esibire “un segno” garbato e perciò stridente ed alternativo ad una simbologia politica tanto vetusta quanto aggressiva. Nelle richieste poste dalle Sardine ai partiti di sinistra è emersa una indicazione politica chiarissima, ossia la abolizione dei Decreti Sicurezza. Sono stati il simbolo delle politiche anti-migranti dell’ex Ministro degli Interni, quindi chiederne l’abolizione (e non già la semplice revisione) segnala un posizionamento non ambiguo. In piazza vi erano dunque persone libere, diversissime tra loro per mille ragioni, ma accomunate dall’antifascismo, dai diritti umani, dall’attenzione verso i più deboli, dalla tolleranza, dall’accoglienza e dalla solidarietà. Un mondo rovesciato rispetto a quello di Salvini e anche di Meloni, la leader di Fratelli d’Italia (partito di ultradestra dato in ascesa nei sondaggi). Qualche ingenuità è stata commessa dagli organizzatori, come ad esempio la pretesa che i politici utilizzino soltanto i canali istituzionali e abbandonino i social network. Nel XXI secolo i social network sono sempre più cruciali nella creazione del consenso e nella mobilitazione, come dimostra proprio il caso della Sardine, il cui primo flash mob è stato organizzato non a caso via Facebook. Al contrario, è del tutto condivisibile la richiesta di un cambiamento radicale della comunicazione politica. Basta con le Fake News, vale a dire le notizie bufale immesse in rete allo scopo di screditare gli avversari politici. Basta con il linguaggio triviale, razzista, violento, rivolto principalmente contro le donne, i migranti, le persone Lgbt. E soprattutto basta con una comunicazione politica vuota, propagandistica, per ritrovare le ragioni della Politica con la P maiuscola.
Foto tratta da radiondadurto.org