Marcello De Vito e l’onestà che passa di moda

Sembra essere stata una stagione breve ma intensa, quasi da alta moda, quella dell’onestà per il Movimento 5 Stelle. Negli scorsi mesi il partito di Casaleggio e soci è stato ricoperto da critiche non solo, come di consueto, dagli oppositori, ma anche da chi fino a quel momento se ne era professato sostenitore. L’anno di governo con Salvini non è piaciuto alla base elettorale, e nemmeno a qualcuno all’interno del partito: il Movimento, agli occhi dei suoi, sembra aver rinnegato tutti i principi che lo contraddistinguevano: dall’immunità parlamentare, al limite del secondo mandato, al discorso intorno alla TAV e così via.

E quanto sta accadendo a Roma, con una gestione Raggi già sotto l’occhio critico del Paese da qualche anno, sembra voler confermare l’andazzo tanto in un senso che nell’altro. Da un lato Marcello De Vito, (ex) presidente dell’Assemblea capitolina, accusato assieme a Camillo Mezzacapo di aver ricevuto tangenti per un valore di 110mila euro dai fratelli Toti, mascherati da consulenza professionale presso lo studio legale di De Vito. La vicenda sarebbe legata alla riqualificazione degli ex Mercati Generali e, più in generale, al gran giro di opportunità edilizie legate alla futura costruzione dello “Stadio della Roma”.

De Vito nega l’ipotesi e afferma si sia trattato di compenso professionale; a giudicare la verità o meno dell’accusa saranno gli organi competenti. Fatto sta che, pur nel dubbio, la gestione romana a Cinque Stelle aggiunga oggi alla collezione un altro scandalo forse evitabile, dopo l’oceano di incertezze e illeciti che già in passato ha flagellato la Giunta di un’amministrazione che è partita tra gli stenti.

Da parte del Movimento stesso, intanto, una conferma del “cambio di rotta” rispetto all’onestà che non necessita di atti processuali: De Vito è stato espulso dal Movimento da Di Maio, che indica la scelta non come sua, personale, ma si fa forza dell’”anima del Movimento” per giustificare la decisione presa. Il tutto, però, senza passare per gli organi di garanzia e valutazione interni al partito, che nell’ottica originaria sembravano dover costituire uno strumento imparziale per la valutazione di casi simili. Con buona pace del Movimento e degli intenti che hanno spinto in molti a votare le Cinque Stelle sulla scheda, pare – purtroppo – che l’onestà stia passando di moda.

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