Il PD all’analisi post-elettorale: quale futuro?

Dopo il buon risultato ottenuto alle elezioni europee (dopo la Lega di Salvini i Dem sono il partito che è cresciuto di più) il PD si trova a un bivio: cosa fare di questo ritrovato consenso? Zingaretti, forte di questo nuovo slancio del partito, predica unità e coesione, coerentemente con il suo programma di segretario: «Non ho appelli da fare, questo è il periodo dell’unità perché ci sono tanti ballottaggi aperti. Io sono il segretario di tutti e voglio rappresentare questo pluralismo che rappresenta una ricchezza. Dobbiamo lavorare perché cresca l’Italia, spetta a noi dare l’alternativa a questo governo gialloverde», queste le parole del neosegretario PD riportate da Cristina Pantaloni su Repubblica.it.

Dal canto suo il leader di preferenze Carlo Calenda, forte dei 272 mila elettori che gli hanno dato fiducia nel nord est, parla della possibilità di «trasformare [Siamo Europei, N.d.R.] in un nuovo soggetto politico», pur ribadendo che «Io sono iscritto al Pd, lavoro con Zingaretti. Il mio movimento dovrebbe rimanere quello che è: il collante di un mondo più ampio della sinistra»; si profila dunque, pur inquadrato in una salda alleanza con i Dem, l’imminente nascita di un progetto centrista liberal democratico che possa andare a inserirsi in quel mondo politico compreso fra PD, +Europa e Forza Italia, che potrebbe correre in una grande coalizione democratica nelle prossime elezioni politiche.

In tutto ciò si rivede anche Renzi: durante una diretta facebook l’ex segretario PD, ormai lontano dalle prime pagine da diverso tempo, ha rivendicato il successo della sua “strategia dei pop corn” [aspettare in seconda linea che i cinque stelle si autosabotassero, N.d.R.] tirando però delle velate accuse al nuovo segretario Zingaretti. Egli ha infatti affermato [la trascrizione testuale è tratta da Repubblica, N.d.R.] che «siamo arrivati secondi come nel 2018, preciso. Si sono invertiti il primo e il terzo. Ma il punto fondamentale è che il Pd […] ha perso circa 120mila voti ma ha guadagnato 4 punti percentuali. È un inizio, non utilizziamo toni trionfalistici, […] era abbastanza normale […]. Ma la cosa importante è stata aver fatto tutti una campagna senza polemiche e divisioni. Abbiamo lavorato bene, se avessimo avuto stessa lealtà in passato avremmo avuto risultati migliori». Che il politico fiorentino stia meditando un clamoroso ritorno?

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