Per noi di Eventi è sempre un piacere e un onore ospitare, sulle pagine della nostra amata rivista, i protagonisti del teatro italiano, quello autentico, che non ha paura di confrontarsi con l’attualità anche quando essa è tutt’altro che facile. Perciò siamo andati a fare “due chiacchiere” con Paolo Orlandelli, regista teatrale di esperienza e personalità, che ha trattato molti temi scottanti con le sue messe in scena. È sempre grande la curiosità di conoscere le motivazioni che spingono un artista a dedicarsi ad una forma d’arte sublime ma poco riconosciuta oggi come il teatro. Orlandelli ci ha parlato dei suoi primi approcci, risalenti all’epoca scolastica e della folgorazione, avvenuta in età giovanile, quando lascia l’università per iscriversi alla “Silvio D’Amico”. In particolare, è molto interessante la sua affermazione riguardo all’importanza delle difficoltà incontrate, grazie alle quali oggi è sempre più convinto della scelta fatta, quella di abbracciare un lavoro complesso ma che non lo fa mai sentire stanco o frustrato. La sua fierezza professionale è evidenziata dalle scelte artistiche compiute nella sua carriera. Mettere in scena spettacoli che, come lui stesso afferma, non fanno divertire ma arrabbiare gli spettatori è la difficoltà più grande ma è pienamente ricompensata dalla soddisfazione di dare luce e risonanza a ingiustizie che, altrimenti, cadrebbero presto nell’oblio. Ne è un esempio lo spettacolo incentrato sulla vicenda di Emanuele Scieri, allievo paracadutista deceduto in seguito ad un atto di nonnismo a Pisa nel 1999, che ha riaperto il caso presso il Ministero e poi presso la Procura, risvegliando l’attenzione dell’allora ministro della Giustizia Roberta Pinotti e ha dato il la alla formazione di una Commissione Parlamentare che indagasse sull’episodio. La speranza, per Orlandelli, è di ottenere lo stesso risultato con il suo spettacolo attuale e con la conseguente petizione a Papa Francesco riguardo la strage del 4 maggio 1998. Strage in Vaticano, questo il titolo dell’opera, nasce da un’idea di Fabio Croce, editore romano che aveva pubblicato un libro scritto da uno storico dell’arte che conosceva una delle vittime; Croce ha chiesto l’aiuto di Orlandelli per allestire uno spettacolo che riguardasse il triplice omicidio, in occasione del suo decennale nel 2008. Questa è stata la prima esperienza di Orlandelli nel “teatro di denuncia”, cui hanno fatto seguito altre due opere, “Vite Violate: Crimini sessuali nella Chiesa Cattolica” e “Il Cardinal Mia Cara”. Strage in Vaticano si articola seguendo la testimonianza delle tre vittime, due uomini e una donna, ma anche della madre del presunto omicida, degli avvocati della famiglia di quest’ultimo e di vari personaggi minori, pertanto gli attori cambiano spesso ruolo all’interno della narrazione. Gran parte dell’opera è poi letta al leggio e questo ne fa una sorta di documentario-spettacolo, che parte dal libro “Bugie di sangue in Vaticano” del gruppo Discepoli di Verità, formato da prelati e laici che vivono nel territorio della Città del Vaticano. Nel volume si afferma che la strage fu la conseguenza della volontà di eliminare il neo-eletto comandante del Corpo della Guardia Svizzera, Aloys Estermann, usando il vice-caporale Cédric Tornay, presunto artefice della strage, come capro espiatorio. L’argomento è davvero scabroso ma la speranza è quella di arrivare, anche attraverso lo spettacolo, alla verità. In un panorama spesso troppo statico, come quello del teatro contemporaneo in cui, a meno di una rivoluzione vera in termini di redistribuzione delle risorse, non si vedono margini di cambiamento, Orlandelli fa il suo lavoro con grande passione e professionalità, a dimostrazione che la qualità è sempre la migliore arma per reagire alla mediocrità. A questo proposito, queste sono le sue parole riguardo all’emozione di vedere la propria opera ammirata e apprezzata dal pubblico: “è un bellissimo momento di passaggio che possiede qualcosa di magico e meravigliosamente appagante. Come quando la sabbia rilascia l’acqua di mare e diventa, per poche ore o pochi giorni, un solido castello. Mentre si lavora a uno spettacolo si può solo immaginare quale effetto potrà produrre nello spettatore, ma quasi sempre uno spettacolo riserva delle sorprese, quasi avesse vita propria, data dell’incontro di tutti i suoi elementi costituitivi: il testo, la regia, gli interpreti e il pubblico”.