“L’Italia senza la Sicilia, non lascia nello spirito immagine alcuna. È in Sicilia che si trova la chiave di tutto. La purezza dei contorni, la morbidezza di ogni cosa, la cedevole scambievolezza delle tinte, l’unità armonica del cielo col mare e del mare con la terra… chi li ha visti una sola volta, li possederà per tutta la vita”.Questo sosteneva nel 1700 il grande poeta e drammaturgo tedesco Johann Wolfgang von Goethe.
La Sicilia tutta, Palermo in particolare, è tutto questo e molto di più, è musica nelle orecchie di gente che parla al mercato, alla famosa Vucciria , è magia di colori, di un mare che abbraccia e rigetta nuovamente il visitatore in un mosaico di bellezze incastonate e frastagliate, è sole, terra, cibo calore.
Un solo elemento della cucina che parla, mille ingredienti che creano un’opera d’arte e mille sapori che come una conchiglia ci riportano all’eco di queste sensazioni, abbracciano, travolgono, rimandano, e ricordano.Questo ventaglio di bellezze, e questi colori come una tavolozza li ritroviamo nel quadro racconto della vita del giovane Chef Pietro Li Muli, palermitano doc, diplomatosi presso l’Istituto Alberghiero Paolo Borsellino, e subito calato nel mondo della ristorazione presso le Calette di Cefalù e poi presso il noto ristorante l’Ottava Nota a Palermo, esperienza questa che gli permetterà in seguito di partecipare all’Expo Milano 2015 fino a gestire l’attuale cucina del ristorante Sobremesa, apportando come una tela la sua firma Pietro Li Muli, o meglio cucina di tradizione, innovazione, primato delle materie prime e ricercatezza continua con un eco assoluto e costante.
Un’ eco nella vita di Pietro che già decantava quello che era oggi e che è oggi, ovvero il suo presente, lo diceva sottovoce a quel bambino di 4 anni che osservava mamma Silvana e da lei già imparava, a districarsi nei fornelli, gustando ricette particolari e piatti gustosi; una voce che lo accompagna nei pranzi domenicali, nella sua memoria, nei piatti tipici come pasta con tenerumi ovvero foglia di zucchina lunga, tipica della zona, o ancora pasta e broccoli con bottarga di tonno, piatti che oggi lui ricrea con estro e creatività.
Nel suo presente oggi vi sono tante voci, tante onde che si infrangono, tanti dolci suoni e profumi come quello dello sgombero fresco con asparagi, scarola e pomodori secchi posto sullo sfincione tipica focaccia siciliana, che da solo rappresenta tutte le tonalità dell’isola, o il profumo di milza cotta a bassa temperatura con mandorle tostate,e olio tartufato.
Nella carriera di Pietro, molto ha segnato l’incontro con lo chef Rosario Castelli, che ha solo dato forma e dispiegato un talento grezzo, che doveva esprimersi, e poi il grande maestro di vita di amore e di grande fiducia nel suo io e nella sua anima ovvero papà Vincenzo,un papà che rivede oggi nei suoi piatti come la zuppetta con i funghi, o nella pasta fresca o nell’immagine di un cannolo lungo un metro ripieno di ricotta.Un papà che oggi sarebbe in un suo futuro ristorate il primo ospite, pronto a pagare il conto più costoso e più appagante, che si stende in 5 lettere:Bravo.Un atto di stima, fiducia e affetto per chi ha sempre creduto in lui e con lui ha sfogliato sapori e sapere di una vita, colma di dedizione, fatica e amore.
Oggi il bravo va a lui alla sua cucina, alla voglia di rialzarsi sempre e di lanciarsi ogni giorno, in nuovi progetti, e in nuove opportunità tenendo sottobraccio la tavolozza della sua vita: molti colori li assorbe della sua Sicilia, molti li immette lui, non dimenticando mai il colore più forte di tutti la passione, l’amore e la voglia di gridare ogni giorno al suo futuro e alla sua terra.
Come sosteneva il grande scrittore siciliano Giovanni Vega: “Soltanto il Mare gli brontolava la solita storia lì sotto, in mezzo ai faraglioni, perché il Mare non ha paese nemmeno Lui, ed è di tutti quelli che lo sanno Ascoltare.”