1996, data che segna un inizio di racconto, un inizio di storia, firmata Lucrezia: la depositaria di un diario di cucina e di memoria, che vede nuove pagine scriversi dal 2007, con l’arrivo del figlio Giuseppe Gatto che, come chef, vuole mantenere e rispettare il territorio, il passato della terra di Calabria e di Trebisacce, comune in provincia di Cosenza, che dialoga con il mare e la terra e che ospita questa culla del gusto.
La filosofia di questo ristorante parte dal territorio, dalle tradizioni e dalle ricette materne, trasmesse ancor prima dalla nonna che, sapiente cuoca ancora oggi, a 84 anni, si diletta nella preparazione delle crepes: va da sé, allora, che la figura principale nella cucina del ristorante, dovesse necessariamente essere una persona di famiglia.
La qualità dei prodotti calabresi che si apprezza nei piatti e si decanta nei bicchieri: prodotti naturali, frutto di una filosofia di un territorio, salubre, biologico e sano, che rende il oggi ristorante Da Lucrezia un luogo davvero unico.
Giuseppe rispetta la sua terra anche nei metodi di cottura, in armonia con il passato, ed esaltando il gusto, come il cavatello, realizzato come si faceva un tempo, in modo sano e semplice, ovvero con semola ed acqua; oppure i murici, molluschi gasteropodi d’antica fama di tradizione antica, dal passato che ci riporta agli antichi fenici e romani, i quali si spingevano al di là delle Colonne d’Ercole, fino alle Canarie, pur di procurarsi il colorante naturale,da esso secreto:
una sostanza violacea dalla quale si ricava la preziosa porpora reale; o, ancora, la Carbomarinara di cernia o la seppia in doppia cottura, e il riso di Sibari con il cannoccio, pesce povero ma unico nel suo gusto e prelibatezza.
Nel ristorante di mamma Lucrezia, classe 1952, emigrata dalla Svizzera, Giuseppe oggi ricalca la storia di famiglia e fa del ristorante un luogo dove sentirsi a casa e tuffare lo sguardo nel mare per lasciar parlare il mar Ionio, con le sue prelibatezze, ma anche con il suo passato: un passato di pescatori, “brava gente” che attende dal mare risposte e che ogni giorno dialoga con il suo manto azzurro…
Risposte che trovano poi il loro giusto riposo e la giusta collocazione nei piatti di Giuseppe, abile marinaio dei fornelli e capitano di cucina.
Giuseppe, dopo l’alberghiero e l’università a Cosenza, è diventato sommelier in tenera età, per poi affiancare la madre nella conduzione del locale di Trebisacce che, da semplice pizzeria e poi rosticceria take away, nel tempo si è trasformato in un tempio della buona ristorazione; un simbolo di un passato che vuole tornare, vuole raccontare e vuole essere trasmesso. Come? Con la maestria di Giuseppe, il passato di mamma Lucrezia, il presente di sua moglie Antonella ed un futuro fatto sempre di ricette, di racconti, di materie prime, di ingredienti e di sapienti mani: le stesse mani dei pescatori che ogni giorno forniscono il pescato fresco a Giuseppe che, con le sue mani, lo trasforma e lo elabora, esaltandolo. Le sue preparazioni sono straordinarie, sia nel recupero filologico della tradizione, sia nella lettura contemporanea che lui ne fa.
Nei suoi piatti ritroviamo il pescato di Amendolara: è il mar Ionio a farla da padrone, lasciando poi alla bravura dello chef il tocco iniziale e alla creatività di sua moglie, abile pasticcera, il tocco finale.
Un tuffo nel passato, un tuffo nel presente, un tuffo davvero sentito, perché semplicemente bello e autentico: un tuffo che fa respirare l’aria di mare e fa sentire quell’appartenenza alla storia antica, che poi diventa odierna e non si fa dimenticare, perché ogni onda ce la sussurra, in ogni piatto, in ogni colore, in ogni particolare, in ogni singolo elemento.
Sono, allora, gli ingredienti, che vengono esaltati nella loro purezza a divenire i tasselli di una storia infinita, proprio come il mondo azzurro di Trebisacce e del ristorante a Lucrezia: porto di arrivi, ritorni, leggende, racconti, memoria e futuro…