Qualità, strategia e innovazione: i segreti del successo di Tenuta Scuotto e dei suoi vini

Nella media Valle del Calore – fiume d’Irpinia – in prossimità delle pendici del Monte Tuoro, orientata a favore del bacio del sole, sorge la cittadina di Lapio. Questo comune e le sue colline circostanti sono il cuore pulsante della produzione di Fiano di Avellino, uno dei tre vini della provincia che si è guadagnato la denominazione DOCG.

Ed è proprio qui che, nel 2009, Eduardo Scuotto, napoletano di nascita, ha deciso di metter su la propria cantina. La produzione di Tenuta Scuotto può contare sulle caratteristiche uniche del sottosuolo, sull’esposizione dei vigneti alla giusta quantità di luce e sul perfetto microclima del territorio, condizioni davvero uniche. La volontà di Eduardo e del figlio Adolfo Scuotto è stata quella di dare vita a vini dalla forte personalità, che rispettino la tradizione da cui traggono i natali ma che sfuggano all’omologazione. E dato il grande successo raggiunto in così breve tempo, l’obiettivo è certamente riuscito.

A raccontarci da dove nasce la passione per questi territori e per questo tipo di lavoro è proprio Adolfo, esperto di consulenza strategica e marketing che, ben presto, si è fatto piacevolmente trascinare nella realizzazione del progetto di Tenuta Scuotto.

«C’è chi la definisce passione, quasi per attribuirle una dimensione assolutamente superiore e ,forse, svincolata dalle dinamiche più fredde e meno poetiche dell’iniziativa imprenditoriale fine a se stessa. Io, invece, preferisco chiamarla vocazione: faccio ciò che mi riesce meglio perché fa parte di me e del sogno che, che con mio padre, ho custodito per anni nel cuore». Perché è proprio così che l’erede della Tenuta Scuotto ci parla dell’azienda, come di un sogno guidato da una naturale predisposizione: «Un territorio pronto ad accoglierci, gli investimenti e la creazione di un team di professionisti hanno poi segnato temporalmente il passaggio da progetto ad importante realtà vitivinicola».

Sette i vini attualmente in produzione tra i diversi vigneti della tenuta: Taurasi DOCG, Oi nì (da vitigno di fiano 100%), Greco di Tufo DOCG, Beneventano Falanghina, Campania Aglianico Igt, Stilla Maris (aglianico Igt) e, naturalmente, Fiano di Avellino DOCG. Appena dieci anni, eppure già tantissimi sono i complimenti ricevuti: «Il consenso trasversale ed i feedback dei nostri clienti sono sempre stati un aspetto importante della strategia aziendale. Che si tratti di commenti vis-à-vis oppure di recensioni di giornalisti o winelovers, il riceverli rappresenta sempre motivo di orgoglio, che ci ripaga dell’enorme lavoro fatto. Li ricordo, dalle prime uscite fino alle recenti partecipazione a fiere ed eventi, tutti contrassegnati da autentiche e spontanee attestazioni di stima. E se volessi prescindere da complimenti ricorrenti più tecnici, come chi definisce i nostri vini “eleganti” o “complessi”, devo per forza citare quelli che mi hanno colpito per originalità e simpatia. “Tanta Roba” in Italia, “Wow Wine!” negli States (per via dell’espressione di stupore che suscita il vino immediatamente dopo averlo degustato), ed infine “oishii” (delizioso) in Giappone che ha una strepitosa somiglianza fonetica con uno dei nostri vini, appunto Oi nì».

Ma più delle belle parole di consenso, parlano i riconoscimenti. Dalla “Doppia Corona” più Gran Menzione ai Vini Buoni d’Italia vinte dal Fiano, fino alla Medaglia d’Argento al Concorso Mondiale di Bruxelles per Oi nì. Perché a Tenuta Scuotto la qualità delle materie prime non è mai in discussione.

Il secondo punto di forza, invece, è lo studio. La consapevolezza delle richieste del mercato e di tutte le novità del momento: «Come ogni settore, anche quello del vino, è in continua evoluzione. Le variabili che trainano il cambiamento possono essere tanto sociali e politiche, quanto tecnologiche e di mercato. Io distinguerei il cambiamento a seconda dell’impatto che ha avuto sulle caratteristiche della domanda e su quelle dell’offerta. Partendo dalle prime, assodato il calo della domanda domestica pro-capite, assistiamo

ad un crescente interesse del pubblico verso un approccio “consapevole” al consumo dell’alcool, questo grazie al mix perfetto tra cultura (vedi il crescente numero di corsi per sommelier o avvicinamento al vino) e progresso tecnologico (vedi app per smartphone che offrono la possibilità che a recensire siano i clienti stessi). AI consumatori, oggigiorno, non bisogna vendere i nostri vini. Piuttosto bisogna “farsi acquistare” come risultato di un processo autonomo di selezione e di scelta, che ricade di noi piuttosto che su altri prodotti. Molto sinteticamente, un tempo si beveva “bianco, rosso, fermo o bollicina”, ora si bevono di più “territori e denominazioni” come risultato di un approfondimento sul tema più o meno verticale. Dal lato dell’offerta, strettamente collegata alla domanda, le aziende hanno sempre di più puntato sull’innalzamento della qualità media e sulla “tipicità” come elemento di differenziazione. Non meno rilevanti sono gli aspetti del marketing tradizionale e digitale, dal posizionamento al packaging, dal sito alla gestione delle proprie pagine social. Pensiamo alla scelta dei mercati di nicchia, ad esempio, quali quello “biologico” “biodinamico” o all’importanza di un’etichetta, elemento distintivo ma anche discriminante nella scelta di un vino a scaffale».

Quella di Tenuta Scuotto, infatti, nasce dall’idea di coniugare passato e presente per fornire alla propria azienda e ai propri vini un’identità riconoscibile e collegata alla mission dell’attività. Il volto che accompagna le bottiglie altro non è che una rivisitazione in chiave moderna del viso impresso su di un’antica pietra, ritrovata nella tenuta durante i lavori di ristrutturazione della cantina. Un modo per ricordarsi sempre delle proprie radici mentre ci si proietta nel futuro.

A proposito, quali sono i progetti di Adolfo Scuotto? «Sono un’autentica fucina di idee al punto che molte volte devo frenare il mio entusiasmo nel percorrere strade innovative e per questo progettuali nella loro fase di elaborazione. Certamente alla base di qualsiasi progetto c’è il mantenimento e, ove possibile il superamento, dei nostri standard qualitativi, con la possibilità di regalare a chi ci segue qualche altra novità. Continueremo inoltre a percorrere la medesima strada nel rapporto azienda-cliente, cercando di abbattere qualsiasi barriera tra noi e loro, perché come recita l’adagio “Una bottiglia di vino implica la condivisione “. La condivisone a cui auspichiamo però, è quella produttore-cliente, condivisione di un progetto, per cui quando scelgono e sceglieranno noi, lo faranno sempre più perché “inconsciamente” in linea con i valori autentici di quel marchio».

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