Dalla sottigliezza della flûte alla capienza del balloon, ad ogni tipologia di vino corrisponde una forma di bicchiere per mettere al meglio in risalto le sue doti.
Per i vini bianchi abbiamo in linea generale due opzioni. Un bianco delicato, giovane e floreale con modesto impatto olfattivo andrà servito in un calice non troppo ampio per non disperderne il bagaglio odoroso. Se invece ci troviamo davanti ad un bianco evoluto di struttura, il bicchiere dovrà essere più ampio e leggermente allungato.
Se si parla di vini rossi di media evoluzione e corpo necessitiamo di una maggiore ampiezza che permetterà una discreta ossigenazione e liberazione dei profumi, ed ovviamente più aumentiamo struttura, personalità e ricchezza del bouquet olfattivo più la capienza del calice crescerà parallelamente fino ad arrivare, per esempio, al balloon.
Un bevante (parte del calice a contatto con la bocca) leggermente svasato è utilizzabile sia per i rossi sia per i bianchi, nel caso in cui ne si voglia valorizzare l’acidità canalizzando il liquido al centro della lingua.
Passando allo spumante entra gioco la flûte, dalla forma stretta e allungata per dar modo al perlage di sprigionare una verticale di bollicine di anidride carbonica dal basso verso l’alto. Attuale tendenza è tuttavia quella di utilizzare calici più ampi anche per spumanti complessi, Metodo Classico e Champagne; a quest’ultimo viene spesso riservata la coppa.
A fine pasto Cognac, Armagnac e Brandy vengono degustati nel cosiddetto napoleon, con una forma che si adegua a quella della mano; un semplice tumbler basso è sufficiente invece per qualsiasi whiskey, chiudendo così una cena con la consapevolezza di aver esaltato al massimo i nostri vini.