Amaro, il medicinale divenuto un piacere

Un fine pasto tipicamente italiano. Un piacere mentalmente digestivo (solo mentalmente per quanto ci riguarda, visto che abbiamo molte perplessità sulla funzione di acceleratore digestivo di un prodotto che comunque sviluppa circa 30° alcolici) ma comunque un piacere che aiuta a generare relax e appagamento (sia esso mentale o fisico) che già bastano comunque a renderlo un prodotto vincente per chi ne apprezza gusto e struttura. La storia dell’Amaro va fatta risalire all’epoca ellenica e persino Ippocrate, padre della medicina moderna occidentale, era solito curare i suoi pazienti con infusi di erbe ed alcool. A far avanzare però le ricerche e gi studi in questo settore, furono gli alchimisti islamici nell’epoca dei Califfati. Intorno all’anno 1000 infatti, il medico persiano Avicenna, filosofo e matematico, perfezionò l’efficacia dei decotti e degli infusi fino ad arrivare alla distillazione, una scoperta veramente fondamentale che iniziò a cambiare il corso delle cose in quest’ambito. Furono i Romani, successivamente, a perfezionare poi la macerazione nell’ alcool per le bevande di piacere: il Limoncello, ad esempio, nasce utilizzando i limoneti dell’antica città di Pompei e della Costiera Amalfitana in una sorta di concetto antesignano del prodotto a “chilometro zero”. Nello sperduto ed articolato mondo dell’Amaro, vi è da sempre la ricerca continua e costante della giusta combinazione di spezie, erbe officinali, botaniche e fiori e proprio l’evoluzione di queste prime ricerche, ha fatto sì che si ottenesse nel corso dei secoli, un’ampia gamma di Amari da degustare. Intorno all’anno 1100 in Italia venne fondata la Scuola Medica di Salerno che studiò attentamente tutti gli scritti e le antiche pergamene degli alchimisti arabi e da questi testi vennero recuperati nuovi metodi di distillazione come l’alambicco continuo a colonna, utilizzato ancora oggi per preparare le prime Acquaviti di qualità. Non possiamo non citare un episodio che nel 1300 vide protagonista l’Alchimista Arnaldo da Villanova che per primo creò un Amaro fatto di infusi di erbe che curò i calcoli renali nientedimeno che a Papa Bonifacio VIII: la cura ebbe una eco mondiale tale, che per anni la medicina italiana approfondì lo studiò delle proprietà curative di erbe e radici per trovare nuove cure a vari malanni. Un esempio di questa ricerca è il “Centerbe”, un amaro fatto con erbe aromatiche nell’Abbazia di San Clemente a Casauria, nell’entroterra abruzzese, che veniva usato nel Basso Medioevo per curare addirittura la malaria. Nel 1500 poi, nella storica officina farmaceutica della Famiglia dei Medici di Santa Maria Novella a Firenze, nacque quello che veniva definito il “Liquore dei Medici”: l’Alchermes. Si trattava di un amaro composto di alcool puro, zucchero, acqua di rose, fiori, cocciniglia (un insetto utilizzato principalmente come colorante), spezie ed agrumi. L’”Alchemers” fu reso famoso in Europa da Caterina dei Medici durante il Rinascimento, il periodo del bello e del buon vivere. Gli infusi cominciarono ad essere assunti per la loro piacevolezza e non solo per le loro proprietà mediche e gli amari cominciarono ad essere apprezzati in tutta Europa. Nel 1737, nacque in Savoia lo “Chartreuse Vert”, da una ricetta segreta dei monaci di Grenoble, che rappresentò il primo liquore amaro della storia pensato per il piacere. Rimanendo in Italia, dunque, i grandi amari cominciano ad essere poi prodotti acquisendo sempre più notorietà dopo l’Illuminismo, grazie allo sviluppo della classe borghese, per poi trionfare nell’Ottocento. Nel 1848, in un bar nei pressi del teatro la Scala di Milano, Ausano Ramazzotti servì per la prima volta uno dei primi amari commerciali italiani, il cosiddetto Amaro Ramazzotti, diventando la bevanda della Milano bene. Bernardino Branca, con una visione più imprenditoriale, depositò nel 1845 una ricetta segreta: quella dell’Amaro Fernet Branca. A causa delle lungaggini burocratiche, la bevanda fu disponibile solo nel 1862 ma la produzione venne fatta in larga scala con l’obbiettivo di una vendita a livello globale. Oggi la produzione del Fernet Branca avviene quasi tutta in Argentina. Intorno al 1920 l’Amaro Montenegro, di origine bolognese, venne creato da Stanislao Cobianchi che lo dedicò alla principessa del Montenegro alla quale si deve il nome: all’epoca venne reso famoso grazie alle

sbornie degli intellettuali che frequentavano i salotti bolognesi, tra cui Gabriele D’Annunzio che ne parla nei suoi diari. Non possiamo poi non menzionare ciò che accadde in Basilicata nel 1894: venne creato l’Amaro Lucano in provincia di Matera in una piccola pasticceria nella contrada Pisticci ad opera di Pasquale Vena. L’Amaro ebbe una risonanza a livello nazionale perché fu scelto da Vittorio Emanuele III come bevanda alla corte dei Savoia e per questo sulle bottiglie si vede ancora la croce svizzera, stemma della nobile famiglia italiana. Ennesima eccellenza italiana, dunque, ma soprattutto storia di un prodotto nato come medicinale per il corpo e diventato nel tempo ristoro e piacere per la mente. Prosit!

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