Spritz, Italia nel bicchiere

A volte ci si può sentire a casa ovunque ci troviamo grazie all’escalation che determinate creazioni italiane hanno avuto nel mondo. Pasta si, pizza certamente e potremmo continuare all’infinito, ma non rimaniamo sorpresi se anche nel mondo della mixology ci si accorga di come l’Italia abbia lasciato il suo segno: in quest’ambito, quello che è diventato un vero e proprio cult prima nazionale e poi internazionale, è l’amatissimo Spritz. Sostanzialmente è un aperitivo alcolico molto popolare nel Triveneto, a base di vino Prosecco con aggiunta di un liquore, come Aperol, Campari o Select che gli conferisce un colore rosso/arancio e una spruzzata di acqua frizzante o seltz. Spritz è il nome “scientifico”, ma viene comunemente denominato Spriss o Spriz o, spesso, Sprisseto che deriverebbe dal verbo tedesco “spritzen”, spruzzare, che richiamerebbe quindi il gesto di aggiungere l’acqua al vino; secondo altri il nome della bevanda sarebbe, invece, legato a quello di un vino austriaco tipico della regione del Wachau. Per molti, infatti, lo Spritz nacque durante il periodo della dominazione Asburgica in Veneto nell’ 800. I soldati, ma anche i vari commercianti, diplomatici e lavoratori dell’impero Asburgico d’istanza in Veneto, abituatisi ben presto all’uso locale di bere vino in osteria, non si trovavano però a loro agio con la grande varietà di vini veneti, dalla gradazione troppo elevata rispetto al tenore alcolico cui erano avvezzi. Da qui la richiesta agli osti locali di spruzzare un po’ d’acqua all’interno dei vini (spritzen, in tedesco) per renderli più leggeri. Lo Spritz originale, infatti, era rigorosamente composto di vino bianco frizzante, o da vino rosso, diluiti con acqua fresca. Tra l’altro, nelle chiacchiere dei nostri nonni, sicuramente si può ricordare come al bancone di un bar chiedevano uno Spritz quando volevano vino ed acqua, od uno Spritz macchiato se volevano una piccola correzione di Bitter. Se l’origine della parola Spritz è di origine Austriaca, l’abitudine di mescolare al vino un po’ d’acqua per renderla una bevanda leggera ed estiva è un’usanza tipicamente veneta già da molto prima dell’arrivo degli austriaci in Veneto. Chi fa risalire quest’usanza al medioevo, chi all’epoca romana, chi addirittura la fa iniziare con la nascita del vino nelle popolazioni paleovenete. Una prima evoluzione dello Spritz arrivò nei primi anni del 1900, quando iniziarono a diffondersi i sifoni per l’Acqua di Seltz. Il seltz, per definizione, è un’acqua molto gassata che si accompagna molto bene nella preparazione di cocktail. A differenza dell’acqua minerale gassata, nella quale le bollicine vengono aggiunte all’imbottigliamento, l’acqua di Seltz viene addizionata tramite una piccola bomboletta di gas collegata alla bottiglia. Grazie all’acqua di Seltz, che arrivava dalla città di Selters, una località tedesca da cui proviene un’acqua minerale ricca di anidride carbonica, era possibile rendere frizzante anche uno Spritz composto da vini fermi e tranquilli. Questa evoluzione aprì lo Spritz a nuove tipologie di clientela, come ad esempio le nobildonne austriache, che ora potevano permettersi una bevanda leggera come grado alcolico, ma con un tocco di glamour per la tipologia di preparazione. E forse fu questo l’inizio di un’evoluzione creativa che ha portato lo Spritz alle ricette di oggi: dettate dalla grande varietà di versioni esistenti, tutte simili ma mai nessuna uguale, e legata strettamente al territorio ed ai suoi ingredienti e legami con il passato. Con il passare degli anni l’aperitivo è “cresciuto” con l’infinita varietà di possibili aggiunte come, ad esempio, i liquori più o meno forti: Aperol, Bitter, Select (quasi esclusivamente, quest’ultimo, nella città di Venezia) o un amaro di colore nero come la China Martini e il Cynar e una buccia di limone, a seconda dei gusti, immersa o semplicemente strizzata nel bicchiere. La sua ricetta è avvolta da un’aura di mistero, o forse, più semplicemente, non è mai esistita! Non esiste una composizione univoca per lo Spritz, ma varianti cittadine a loro volta interpretate liberamente dai baristi, ognuno con una propria preparazione particolare. La gradazione alcolica è quindi variabile, ma si può valutare mediamente sugli 8°. Un comune denominatore tra le varianti esistenti è comunque la presenza di Prosecco e acqua gassata o seltz, che quantitativamente devono essere almeno al 40% e al 30%; il restante 30% viene completato dalle più svariate tipologie di bevande alcoliche, a volte anche mischiate, con la regola non scritta di preservare una colorazione rossa del cocktail. A concludere l’opera, una fetta di limone, d’arancia o un’oliva e qualche cubetto di ghiaccio. In quest’ambito, una storia molto interessante da raccontare riguarda l’Arsenale di Venezia. Di come la Serenissima avesse particolare cura dei suoi operai navali, gli arsenalotti, è cosa ben nota: a loro era riservato un trattamento economico di favore, garanzie di sostentamento in caso di malattia, erano nominati guardiani nelle sedute del Maggior Consiglio all’interno della Loggetta progettata per loro da Sansovino ed erano i vogatori del Bucintoro nelle manifestazioni ufficiali del Doge. A loro inoltre era riservato un trattamento speciale quotidiano che oggi possiamo definire “merenda”: a metà pomeriggio, infatti, per tutte le maestranze e gli operai dell’Arsenale, vi era una piccola pausa in cui venivano serviti pane e vino rosso per ritemprare gli operai dalle fatiche del lavoro, mentre con la calura dei mesi estivi il tutto era sostituito da gallette e una bevanda a base di vino allungata con un po’ d’acqua fresca di pozzo: si può definire una sorta di Spritz, servito però 500 anni prima dell’avvento degli austriaci nel nostro territorio e quindi orgogliosamente patrimonio italiano! Non solo Vino dunque, ma anche un’altra Italia servita nel bicchiere attraverso le sue magiche sfumature di rosso….

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