Almeno a partire dall’ultimo decennio (ma anche di più), siamo stati inondati da accezioni legate al vino, alcune delle quali hanno preso più piede e sono divenute cavalli di battaglia di molte aziende e parametri di valutazione anche condizionanti per chi acquista. Premettendo che chi scrive non vuole stilare una classifica del buono o meno buono o creare un podio di eticità, cerchiamo di fare un po’ di chiarezza sul tema. In un periodo storico nel quale l’attenzione alla qualità e alla sostenibilità è molto alta, c’è allo stesso tempo molta confusione attorno alle varie forme di produzione vinicola genuina. Quando parlo di fare chiarezza intendo fare luce se non altro sulla conoscenza tra le varie differenze a parità di valori condivisi. Cosa differenzia dunque una tipologia di produzione dall’altra? Alla base c’è senz’altro la condivisione dei medesimi valori fondativi, cioè il rifiuto di utilizzare sostanze chimiche, l’attenzione all’ambiente, la rotazione delle colture; ma si differenziano perché regolamentate in modo differente. Prima di tutto è bene chiarire che i tre termini non sono sinonimi ed anzi, l’unico riconosciuto a livello legislativo è esclusivamente il vino biologico, quello da cui la nostra analisi partirà. Tendenzialmente, è bene precisare, che un vino biodinamico è ritenuto di qualità superiore rispetto ad un vino biologico. Dare una risposta sulla veridicità di questa affermazione è difficile, se non impossibile, in quanto prima di tutto bisognerebbe stabilire su quali canoni viene stabilita la “qualità” stessa del vino. Se dovessimo far riferimento ai prodotti aggiuntivi utilizzati durante la produzione, probabilmente potremmo considerare un vino biodinamico di qualità superiore ad un vino biologico, ma siamo certi che sia questa la variabile da tenere in considerazione per la valutazione di un vino? Sicuramente una produzione biodinamica può ritenersi più attenta alla Natura, ai processi biologici, ma quanto questo si trasforma in “qualità aggiuntiva”?. L’ardua sentenza è come sempre dei posteri….Iniziamo con il vino biologico, dunque. Inizialmente si poteva parlare solamente di “vino prodotto con uve da agricoltura biologica”. Grazie ai nuovi regolamenti oggi è tutta la produzione del vino a essere gestita da norme ben precise. Possono utilizzare il logo Bio solo i produttori che utilizzano solamente uve coltivate con metodi di agricoltura biologici. Senza sostanze chimiche e senza Ogm; oppure quelli che effettuano la vinificazione utilizzando solo i prodotti enologici seguendo processi che evitano l’aggiunta di sostanze chimiche usate abitualmente per correggere il vino. Il vino biodinamico è ottenuto da agricoltura biodinamica. Pur non essendo ancora riconosciuta a livello legislativo, questa tipologia di agricoltura è regolamentata dall’associazione Demeter. Mira ad allontanare completamente la chimica e a ridurre al minimo l’uso di macchinari: l’agricoltura biodinamica si basa sul rispetto del corso della natura e sull’utilizzo di preparati biodinamici in determinate fasi dell’anno. Il risultato sarà la nascita di piante naturalmente sane, di alta qualità e in grado di difendersi autonomamente dai parassiti. Così come il vino biologico, anche il vino biodinamico non azzera i solfiti ma li limita maggiormente. Il vino naturale è realizzato invece senza additivi chimici né manipolazioni o aggiunte da parte dell’uomo. Anche in questo caso, tuttavia, esistono alcune sfumature: le vigne, tutte a bassa resa, sono trattate ma solo con sostanze naturali come zolfo e rame, ridotte al minimo. Anche se non dovrebbero essere aggiunti a quelli che si sviluppano naturalmente durante la fermentazione alcolica, se si verificano annate particolarmente carenti i solfiti possono essere utilizzati ma in quantità minime. La principale differenza tra questi vini è che il bio ha una valenza legale differente rispetto al biodinamico e al naturale. La certificazione biologica, infatti, è regolamentata da leggi italiane ed europee. L’ultimo intervento dell’Unione Europea in materia è l’approvazione del Regolamento
834/07, che ha definito in modo più preciso in che cosa consistono i metodi di produzione biologici ed ha inoltre reso obbligatoria la certificazione dei prodotti presso uno degli organismi di controllo privati. Come dicono gli inglesi poi, “on top” ad ogni ragionamento, quello che il Tempo ha apportato nella consapevolezza di tutti è che mentre inizialmente questa tipologia di vini era considerata economicamente più cara e tutto sommato non così caratterialmente rilevante, oggi come oggi invece ci si imbatte sempre in vini che hanno sviluppato un carattere importante ed una qualità intrinseca ormai oggettivamente valutabile da tutti. Nella speranza di aver contribuito a fare un minimo di chiarezza sulla questione, certamente una certezza emerge in maniera lampante ed altrettanto apprezzabile: siamo di fronte, in ogni caso, a tre approcci che portano in dote due grandi valori come il rispetto per Madre Natura e per l’Uomo e la sua salute. Fatta chiarezza su questo aspetto, la scelta ora passa a voi ed in maniera più piacevolmente consapevole!